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LEGGE DI BILANCIO 2025 CON FANTASMI

Il governo ha varato la Legge di Bilancio 2025, un pacchetto di misure da circa 30 miliardi di euro (che saliranno a 35 nel 2026 e oltre 40 nel 2027) destinato a famiglie, taglio del cuneo fiscale, sanità e natalità

di Luca Lippi

Chi scrive, come tutti, dispone della sintesi offerta in conferenza stampa dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Nel dettaglio, dunque, sarà possibile entrare nei prossimi giorni, tuttavia ci sono delle sottolineature da fare, per evidenziare criticità “tecniche” che – sicuramente – saranno colmate nei prossimi mesi, fiduciosi nella competenza indiscutibile del Viceministro Maurizio Leo – senza nulla togliere al Ministro Giorgetti -. Ricordiamo che il Documento programmatico di bilancio non è altro che il testo preparatorio alla Legge di Bilancio che dovrà essere presentato alle Camere.

Inasprimento delle tasse

I soldi per pianificare una manovra di bilancio adeguata a sostenere la crescita non ci sono, è cosa nota che la più parte debba colmare l’enorme buco di bilancio generato dal Superbonus 110 per cento. Nei giorni scorsi il dibattito tecnico ha ipotizzato nuove imposte, accise, tutto quello che giustifica ciò che non si può dire – ma fare sì – che l’inasprimento delle tasse. Poi c’è il cosiddetto “sacrificio” da chiedere alle banche e alle assicurazioni, soprattutto si è parlato di extraprofitti.

Gli extraprofitti

Categoria mitologica al pari della tensione fra l’umano e la conoscenza del divino di omerica memoria, è l’extraprofitto che “non esiste”. In un Bilancio ogni voce deve avere la sua contropartita: per fare un esempio a favore di tutti coloro che hanno competenze diverse da quelle finanziarie, per l’extraprofitto manca prima di tutto l’unità di misura. Rispetto a cosa si può determinare l’extraprofitto? Non esistendo contabilmente è deduttivo che non può essere tassato.

Pur facendo “finta” che l’extraprofitto esista come entità astratta dal buon governo delle finanze di un’azienda, sarebbe comunque iniqua la tassazione giacché dovrebbe esserci una tassazione anche per l’extraperdita.

Per fare maggiore chiarezza è sufficiente spiegare perché “extraprofitto” è salito all’onore dell’altare dello slang – irriguardoso della terminologia tecnica che ha tenuto eroicamente fino all’avvento del “va bene tutto” -.

Le imposte differite attive

Deriva da un periodo in cui le banche facevano extra perdite. Ribadendo l’inesistenza degli extraprofitti, esiste una norma cui fanno riferimento i tecnici del ministero delle finanze. La norma di cui si parla sono le cosiddette imposte differite attive. Queste sono valorizzate nella normativa fiscale italiana – con particolare riferimento alle società finanziarie (banche e assicurazioni) ma esistono anche nei bilanci di società non finanziarie – attraverso il decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225. Il periodo era quello degli spread molto elevati e le pressioni sul debito, si decise di trasformare queste imposte differite che hanno origine da un disallineamento fra il bilancio civilistico (basato su principi contabili specifici contenuti nel Codice Civile) e il bilancio contabile (Il bilancio contabile è un documento molto dettagliato perché è formato dalla stampa di tutti i mastrini in partita doppia che contribuiscono a realizzare i numeri inseriti nel bilancio ordinario e civilistico).

Quando versare le imposte?

Quando c’è un disallineamento fra competenze e cassa si pone il problema del “quando versare le imposte”. Attraverso il decreto di cui sopra si decise di andare incontro alle banche che erano in notevole sofferenza – era il periodo dei “Non-performing loan” NPL – periodo in cui le sofferenze bancarie erano molto importanti, tanto è vero che si temeva per la tenuta dell’intero sistema creditizio bancario. Quindi si pensò di trasformare le imposte che si sarebbero dovute pagare in esercizi contabili successivi in crediti. Il governo trova un escamotage per anticipare queste imposte differite. Crediti che la banca ha il diritto, secondo la normativa, di potere scontare. Tutto questo avviene attraverso un accordo con ABI.

In realtà, trattandosi di imposte che si sarebbero dovute versare in futuro, l’impatto nel triennio di questa misura è nullo, perché incassando le imposte oggi – quindi non incassandole domani – significa che l’incasso verrà a mancare quando contabilmente dovevano essere riscosse – e quindi contabilizzate – alla loro naturale scadenza.

Dunque la domanda è la seguente: domani non serviranno questi denari? Parliamo di 3,5 miliardi riscossi anticipatamente rinunciando a incassarli negli anni a venire. Ovviamente le banche recupereranno questo anticipo rivalendosi sui clienti, aumentando la base imponibile del correntista che subirà l’erosione del proprio reddito – che non aumenta – subendo l’ulteriore spesa come fosse un aumento di tasse.

Concordato preventivo

Anche nel caso del concordato preventivo avviene la medesima dinamica, cioè anticipare gli incassi. Di concordato preventivo è inutile parlare perché sarebbe ancora più complesso da semplificare e assai più noioso dell’argomento relativo agli extraprofitti, ma il concetto rimane il medesimo. Anticipare la riscossione in modo da rendere il flusso strutturale allo scopo di vitalizzare alcuni provvedimenti – decontribuzione; riduzione del cuneo fiscale; riduzione delle tasse per alcune categorie – in estrema sintesi, attraverso il concordato e attraverso l’anticipazione delle poste attive differite, si garantiscono le misure strutturali promesse in campagna elettorale.

Rinviare le criticità

È piuttosto intuitivo che non è possibile aumentare il debito pubblico per attivare e strutturare le misure bandiera della maggioranza di governo, il grosso delle entrate dello Stato serve per tamponare la falla di bilancio dell’amministrazione precedente, tuttavia anticipare gli incassi determina la certezza che il prossimo anno si dovranno trovare risorse altrove per mettere una pezza a incassi certi già impiegati.

La spending review

Si è parlato molto di taglio di alcune voci di spesa. La stessa cosa è accaduta nel 2023, il ministro chiede ai ministeri di fornire una lista dettagliata delle spese da limitare, stessa cosa è accaduta quest’anno, e in tutti e due i casi gli elenchi richiesti non sono mai pervenuti. Per questo motivo Giorgetti ha proceduta d’imperio a tagli lineari che per l’anno un corso sono stati quantificati nella misura del 3 per cento per la dotazione assegnata ai ministeri per le spese discrezionali. Quest’anno sappiamo che il taglio sarà del 5 per cento ma è ignoto su quali voci di spesa sarà applicata la mannaia (per deduzione saranno le spese discrezionali anche per il 2025).

Le accise

Il Def di aprile non conteneva i dati macroeconomici del quadro programmatico, il motivo è stato chiarito con l’attesa da parte della commissione Europea della traiettoria tecnica attraverso il documento della sostenibilità del debito. Una delle cose più attese era la ridefinizione delle accise sui carburanti. Secondo quanto detto da Giorgetti e dal Viceministro Leo non è detto che aumentino le accise sui carburanti. Il riallineamento tra le accise che gravano sul gasolio e le accise che gravano sulla benzina può essere fattoanche in compensazione. Si alzano quelle sul gasolio per abbassare quelle sulla benzina e il conto si allinea senza alcun aumento.

Detto questo, è chiaro che non ci sarà alcun aumento di tasse, sulla carta, ma potrebbe essere un escamotage per rinviare un provvedimento impopolare. Il Parlamento è stato delegato a decidere su questo allineamento delle accise, e sarà quasi scontato che quando la Legge di Bilancio arriverà sui tavoli delle commissioni tecniche di Camera e Senato, sarà il Governo stesso attraverso un emendamento al suo stesso documento presentato in commissione a richiedere l’aumento delle accise con relativo aumento di gettito.

Attenzione, l’equazione è inevitabile perché stiamo vedendo che la crisi in Mediorientecome ampiamente previsto su Ore12 non ha procurato alcun aumento del petrolio grazie alle enormi riserve degli Emirati che hanno inondato il mercato per sostituire le forniture Iraniane cercando di contrastare la speculazione. Ora, il fatto che ci siano garanzie sulla volontà di non volere colpire le infrastrutture petrolifere iraniane e l’aumento di petrolio non iraniano sul mercato, stanno facendo scendere il prezzo dell’oro nero. Il minore costo del prodotto raffinato alla pompa riduce l’incasso di accise e di iva per lo Stato, e quindi sarà impossibile non aumentare le accise per recuperare il mancato introito.

Il Governo, oggi, anche per sterilizzare le tensioni esistenti, parla di allineamento, ma sarà lui stesso nel passaggio parlamentare a sollecitare l’aumento delle accise, lo scopo è quello di finanziare tagli selettivi di tasse che non possono essere fatti facendo altro debito.

Le coperture

Non è chiarissimo, meglio, non è stato fatto nessun riferimento in conferenza stampa sulla quantificazione delle coperture. Si parla di una manovra da 30 miliardi – non è una “manovrona” ma neanche il contrario di questi tempi – ed è impossibile determinarne le coperture perché manca il testo (al momento della stesura dell’articolo) e manca anche la trimestrale di cassa elaborata dalla Ragioneria generale dello Stato.

Tuttavia il Governo parla del maggiore gettito fiscale derivante dall’attività di accertamento e dal Concordato preventivo, ma ne parla senza dichiarare le cifre. Questa è una cosa giusta, perché queste entrate non possono essere indicate come copertura. Però senza gli importi derivanti dalla lotta all’evasione, non è credibile pensare che ci sia copertura per una Manovra da 30 miliardi. Le coperture ci saranno, è una certezza, ma saranno generate all’interno della discussione parlamentare perché il Parlamento è meno responsabile del Governo. Affermazione maliziosa ma una certezza assoluta da sempre!

La pressione fiscale è prevista in crescita dallo stesso Governo, 42,5 per cento contro il 41,3 per cento. Il giochino è puramente lessicale: il Governo non sta aumentando le tasse, ma sta aumentando la pressione fiscale. L’entità della pressione fiscale dipende dall’ampiezza della base imponibile.