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QUEL CHE NOI NON SAPPIAMO: BILL ACKMAN

Bill Ackman è andato all-in su Nike. Riprendiamo a parlare di quello che fanno i grandi investitori, e dopo aver osservato Buffett, passiamo all’ imprenditore statunitense, miliardario, gestore di hedge fund americano, fondatore e amministratore delegato di Pershing Square Capital Management, una società di gestione di hedge fund

Bill Ackman è considerato un fuoriclasse soprattutto per la sua audacia, ricordiamo la sua scommessa al ribasso nel 2020 dalla quale generò un profitto di due miliardi e mezzo di Dollari, il mercato sul quale aveva scommesso effettivamente crollò.

Stavolta ha preso di mira un’azienda, Nike per l’appunto. L’azienda pur avendo un marchio riconosciuto in tutto il mondo, iconico starei per dire, sta attraversando un momento molto complicato. Dopo un deludente rapporto sugli utili, il titolo Nike è crollato di oltre il 20 per cento in un solo giorno.

Da sottolineare che Nike ha comunque oltre 50 miliardi di Dollari di ricavi annuali, quindi non stiamo parlando di un’azienda sull’orlo del fallimento. Negli ultimi tre anni il prezzo delle azioni è crollato di quasi il 60 per cento. Succede che Nike perde terreno nei confronti di concorrenti emergenti, la conseguenza è una previsione piuttosto scontata di un calo delle entrate per il 2025. Ovviamente questo dato non lascia gli investitori indifferenti; la strategia di vendita dell’azienda, promossa dal nuovo amministratore delegato, ha di fatto tagliato i legami con storici venditori terzi per concentrare tutte le vendite attraverso il canale di e- commerce. Con la pandemia sarà stata sicuramente una mossa vincente, ma con la riapertura i consumatori sono tornati nei negozi fisici – è complicato affrontare spese impegnative semplicemente guardando delle fotografie – e Nike ha dovuto fare marcia indietro velocemente ma, nel frattempo, i venditori terzi avevano già in promozione marchi concorrenti, oltretutto, Nike per riguadagnare la loro fiducia avrà dovuto stoccare forniture importanti a prezzi scontatissimi.

Poi c’è stato anche il crollo delle sniker shoes da collezione che hanno giocato un ruolo cruciale. Durante la pandemia le Nike da collezione erano diventate un vero e proprio cult di “investimento” tra i giovani, le nuove edizioni si esaurivano in pochi secondi spingendo Nike a fornire un numero sempre maggiore di varianti fino a creare un vero e proprio eccesso di offerta, saturando il mercato.

Nonostante tutto questo, il bilancio di Nike è solidissimo, al netto delle perdite inevitabili per un errore di programmazione da parte del nuovo amministratore delegato, nella sostanza l’azienda è solidissima e ha ampi margini per riprendersi quote di mercato, al momento, occupate da aziende non altrettanto solide seppure produttrici di ottime fatture.

Bill Ackman ha fatto le sue valutazioni, le azioni sono molto basse e quindi ha deciso di scommettere sulla ripresa di Nike puntando 230 milioni di Dollari e mettendo in portafoglio tre milioni di azioni. È il 2 per cento dell’intero capitale dell’hedge fund che Ackman gestisce, l’ottavo investimento più grande. Tuttavia, al netto dei numeri, quello che deve interessare sono le tempistiche. Ha messo una montagna di dollari nel momento in cui il mercato stava precipitando, e non si può escludere che abbia continuato a comperare nei giorni successivi. Un’operazione da tenere d’occhio, soprattutto un’operazione che potrebbe fare pensare a mercati in veloce avvicinamento ai supporti. Bill Ackman non tiene mai la posizione a lungo, piuttosto il contrario, quindi ci saranno rimbalzi o riprese.

Ackman è sicuramente sfrontato, ma non è un istintivo – come tutti gli investitori professionali ad altissimo livello – non è certo una persona che si affida alla sorte. Conosce i rischi che affronta, ma lo fa, comunque, dopo avere valutato con attenzione tutte le possibili variabili. Poi ci sono investitori meno audaci, quelli che lavorano “alla vecchia maniera” ma non per questo ricoprono ruoli di minore importanza rispetto ai “Bill Ackman”.

Mohnish Pabrai e Guy Spier

Non sono personalità minori, anzi: Mohnish Pabrai e Guy Spier meritano menzione proprio pe sottolineare l’altra faccia dell’operatività rispetto a personalità come Bill Ackman. Sono due grandissimi investitori che in questo periodo di forte correzione hanno deciso di puntare sul carbone. Ovviamente non parliamo di carbone fossile per la produzione di energia, ma di carbone metallurgico.

Intanto cominciamo col dire che investire nel carbone non significa stipare in un capannone tonnellate di materiale, come “investire” nell’oro non significa riempire il materasso di lingotti, ma investono su aziende che si occupano di estrazione o trasformazione del carbone metallurgico. Quest’ultimo è necessario per produrre acciaio e, al contrario del carbone per produrre energia, ha ancora molta strada davanti. Le azioni delle aziende che estraggono o lavorano il carbone metallurgico sono molto economiche. Nel loro portafoglio titoli troviamo Consol Energy Inc., Warrior Met Coal, Inc., ARC Resources Ltd., Alpha Metallurgical Resources, Inc. queste aziende oltre avere dei P/E Ratio (rapporto prezzo utili) molto bassi, pagano dividendi interessanti e riacquistano azioni (buy back).

Significa che, anche solo tenendo queste azioni nel portafoglio, Mohnish Pabrai e Guy Spier possono aumentare la loro quota nel tempo senza
muovere un dito. È sicuramente un’operatività molto meno effervescente di quella promossa dalla maggior parte degli investitori professionali. È l’operatività di venti/trenta anni fa, ma le vecchie metodiche rispetto alle nuove non trasformano la sostanza, arricchiscono in egual misura gli operatori e investitori, è solo una questione di maggiore o minore prudenza o propensione al rischio, ma si sa, a certi livelli e con certe disponibilità, il rischio diventa veramente una variabile molto marginale.