L’incremento del costo della vita e il repentino – recente – aumento dei tassi di interesse per accedere a un mutuo, unito all’aumento dei prezzi delle abitazioni, costringe un’ampia platea di giovani a rinunciare all’acquisto della prima casa
di Luca Lippi
Questa condizione, indotta dalle variabili di cui sopra, ha originato la nuova categoria dei GUPPIES – letteralmente, “given up property”, ovvero “rinuncia alla proprietà”. Rinunciare alla proprietà significa piegarsi a cercare una locazione in affitto. Anche se il mondo finanziario del nuovo secolo annovera la categoria dei guppies tra coloro che scientemente adottano un approccio pragmatico alla gestione consapevole delle proprie risorse, in realtà rimane una mutazione obbligata all’incontrovertibile realtà di fatti. Deteriorata da un mercato troppo sottomesso all’ultraliberismo e pavidamente – se non vilmente – senza governo.
Perchè non calano i prezzi degli immobili
Banalmente, le persone che hanno acquistato casa quando il tasso dei mutui era molto basso, volendo vendere per prendere una casa più grande o perché devono trasferirsi, dovrebbero chiudere il mutuo sulla vecchia casa e accenderne un altro per l’acquisto della nuova ma, al doppio del tasso del precedente.
È evidente: queste persone sono bloccate e rinunciano a vendere. L’offerta di immobili sul mercato si contrae, ma anche la domanda di mutui e quindi di acquisto di nuove case è molto bassa. Questo spiega perché il prezzo degli immobili non scende. Chi vende pretende di realizzare almeno quello che ha sborsato dieci anni fa. Chi vorrebbe comprare non è in grado di accedere a finanziamenti onerosissimi per immobili sopravvalutati. È un chiaro esempio di prezzi alti che potrebbero crollare da un momento all’altro.
Il condizionale è obbligatorio perché subentra anche la questione psicologica. Il cinquantenne difficilmente venderà un immobile che solo dieci anni fa ha pagato il 30% in più rispetto al probabile prezzo di realizzo se vendesse oggi. Questo è un altro elemento che tiene fermo il mercato e impedisce il formarsi di nuovi prezzi. In sintesi: non c’è offerta e non c’è domanda, e quando c’è, la forbice tra prezzo di vendita e reale valore dell’immobile è talmente ampia da scoraggiare qualsiasi trattativa. Non ci sono le condizioni per formare il prezzo.
Casa in affitto
L’affermazione più squallida che si possa sentire è che “col costo dell’affitto ci si pagano le rate di un mutuo” – direbbe la vecchia al nipote -. Era vero 30 o 40 anni fa! Una volta bastava un mutuo a dieci o quindici anni per acquistare casa, oggi non bastano 30 anni. Acquistare un immobile in trent’anni significa che il guadagno derivante dal risparmio arriva al trentesimo anno, tradotto: il vantaggio di non avere un affitto si concretizza dal trentunesimo anno. Discorso molto basico perché è al netto degli interessi pagati su un mutuo trentennale, i costi sostenuti in trent’anni per la manutenzione dell’immobile e coprire tutti i costi accessori dello stesso.
Il ritorno finanziario di un mutuo trentennale al posto di un affitto si è spostato talmente avanti che la prevedibilità di qualunque evento è pressoché inesistente. Tra trent’anni si prevede la diminuzione della popolazione di circa quindici milioni di unità, dunque la probabilità che si arrivi a fine mutuo, con tutti i costi annessi e connessi, restituirà al coraggioso proprietario un immobile patrimonializzato, si e no, per coprire le spese della dentiera.
Differenze tra acquisto e affitto
Bisogna considerare che l’affitto può aumentare e quindi, come si fa a controllare questa variabile rispetto a un acquisto immobiliare? Presumibilmente, solo chi ha una rata fissa di mutuo da pagare è protetto – in parte – da imprevisti, perché chi ha sottoscritto mutui a tasso variabile è sprovvisto di qualunque protezione. Purtroppo, quello che non è chiaro alla maggior parte degli individui è che stando in affitto si può sempre cambiare immobile, qualora il canone di locazione diventasse sconveniente, comunque ogni variazione diventa argomento di negoziazione con la proprietà – mi aumenti l’affitto e allora mi rifai il bagno -.
Nella vita tutto è negoziabile e dietro ogni negoziazione c’è una scelta, cosa inesistente se vincolati con un mutuo trentennale gravante su un bene immobile destinato solo a perdere valore nel tempo. In un paese come l’Italia che sta deindustrializzandosi e con un calo demografico certo, col passare del tempo gli immobili si libereranno e quindi aumenterà l’offerta – questo ragionamento è ovviamente al netto della componente emotiva su una casa in generale e al netto di alcune aree metropolitane (come Milano) dove ogni valutazione finanziaria è già improponibile -.
Speculazione o scelta
Il problema che assilla la generazione dei trentenni, prima ancora che la casa, dovrebbe essere la pensione. Per distorsione culturale, il tetto sulla testa rimane il primo obiettivo, ma un produttore di reddito medio (trentamila euro l’anno) deve scegliere se risparmiare per pagare un mutuo o per investire sulla pensione futura. È una scommessa! Ma una certezza c’è, il risparmio per comperare casa è improduttivo. Se invece il nostro produttore di reddito volesse impegnare il proprio risparmio per acquistare un immobile da mettere a reddito attraverso la formula degli affitti brevi, allora siamo nel campo della speculazione, e speculare è un’attività vera e propria – un lavoro -, con dei costi (che anderebbero a sommarsi alle rate del mutuo) e l’impegno di aggiungere all’attività primaria quella di “piccolo albergatore”.
In estrema sintesi: non è più un investimento immobiliare, ma una vera e propria attività. Come tale il rendimento non è più l’affitto dell’immobile o delle singole stanze, ma quest’ultimo al netto dei costi e del tempo impegnato (il tempo non vale mai zero!) per gestire l’attività. Il Conto Economico deve considerare il costo del tempo (sia che gestisca il proprietario sia che gestisca qualcuno per il proprietario perché quest’ultimo ha un lavoro suo), il tasso di occupazione (probabilità che si affitti coprendo tutto l’anno), la verifica della sostenibilità del finanziamento (il mutuo).
Da tutto questo deve emergere un margine perché è un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Se la rata del mutuo è 700 euro mensili e in apparenza basterebbe un guadagno di 800 euro mensili per starci dentro, purtroppo non è così! Con un finanziamento sottostante, aggiungendo i costi di gestione (tempo incluso) e il rischio di non occupabilità per tutto l’anno, bisogna calcolare una stima di rendita almeno tre volte superiore al finanziamento sottostante.