Compravendite in calo nel trimestre, -16%. Cosa sta succedendo? I fans del mattone stanno ponendosi questa domanda da anni, più o meno da quando il patrimonio immobiliare ha cominciato a maturare perdite consistenti – in alcuni capoluoghi di regione si è superato anche il 30 per cento di svalutazione -.
di Luca Lippi
Chi ha privilegiato l’investimento del mattone negli ultimi 30 anni è ovviamente lontano dalle dinamiche finanziarie in generale, è soprattutto un nostalgico che vive di suggestioni e luoghi comuni. Diverso è l’approccio di chi, invece, osserva i mercati con le giuste competenze, e il mercato immobiliare non sfugge a certe dinamiche comuni a tutti gli altri mercati.
Il picco di compravendite è stato raggiunto verso la fine del 2022, ovviamente già nel primo trimestre del 2023 le compravendite hanno cominciato a scendere prendendo velocità nei trimestri a seguire. È un calo diffuso, non c’è stato uno spostamento da aree geografiche a maggiore capitalizzazione verso aree più a buon mercato. In sintesi, le vendite sono omogenee sia nei capoluoghi sia nelle provincie.
Perche’ questo calo
Facilmente intuibile: l’aumento dei tassi d’interesse impatta su qualunque tipo di immobile. Secondo l’analisi di immobiliare.it, Bologna è il capoluogo che soffre di più con un -22,8%, segue Roma con – 21,5% e Milano con -17,1%.
Stiamo parlando di compravendite, non di prezzi! E quindi cosa succede ai prezzi?
Secondo le rilevazioni dell’ISTAT, analizzando gli indici dei prezzi delle abitazioni acquistati nel secondo trimestre del 2023 emerge la fase di rallentamento della dinamica dei prezzi. Un crollo allo 0,7% (la rilevazione del secondo trimestre 2022 era 5,2%). Per essere più chiari: i prezzi possono crescere, è una dinamica piuttosto comprensibile, ma possono crescere più o meno velocemente. Quindi l’ISTAT sta dicendo che i prezzi degli immobili stanno crescendo ma con una dinamica molto inferiore rispetto alle rilevazioni precedenti, segnale incontrovertibile che qualcosa sta per accadere.
La seconda importante crisi del settore immobiliare
Seconda perché nella prima crisi già è stato toccato con mano il fenomeno della forte svalutazione degli immobili. La spinta verso il muro della seconda crisi è causata da: inflazione, rincaro sui mutui, interruzione del superbonus e vincoli UE sugli edifici green. Ovviamente l’inflazione è la causa principale.
Per trasformare un concetto apparentemente complesso in comprensibile sarà sufficiente un esempio: negli anni sessanta lo stipendio di un operaio era di circa 50mila lire al mese, con questo reddito l’operaio riusciva a pianificare l’acquisto di casa dopo 20 anni di accumulo (al netto delle spese correnti e sicuramente di un affitto). Oggi, con uno stipendio di 1300 euro al mese, lo stesso operaio impiegherà oltre quarant’anni, probabilmente grazie anche a una piccola liquidità ereditata.
Chiarito quanto sopra, l’inflazione contrae la platea di potenziali compratori, se non ci sono compratori le compravendite diminuiscono, e seguendo la legge del mercato, se si vuole vendere la propria casa a un pubblico sempre meno interessato ad acquistare, si dovrà abbassare il prezzo. L’impatto del superbonus, poi, è stato devastante sui prezzi! Solo l’idea di potere apportare migliorie all’unità abitativa costo zero, ha indotto il proprietario/venditore a poter aumentare la pretesa (l’investitore del mattone vive in un mondo tutto suo e pensa di poter mercanteggiare) e questo ha messo in fuga anche quei pochi che pensavano di poter affrontare il sacrificio di avventurarsi in un acquisto.
C’è poi il tema della proposta UE sulle case green (portare l’efficientamento energetico degli immobili alla classe E entro il 2030, D entro il 2033), tempi e modalità irrealistici – conseguenza inevitabile quando ci si affida a misuratori dei calibri dei molluschi -. Solo in Italia, sei immobili su dieci sono in classe G, le tempistiche ipotizzate per l’adeguamento non sono irrealistici ma incommentabili! Ovvio che tutto questo disincentiva l’acquisto di un nuovo immobile, e diventa anche pernicioso ereditarne uno se si è già proprietari di una piccola abitazione come prima casa.
Tutto quanto si traduce in un termine nefasto per il mercato immobiliare: “incertezza”.
Riassumendo, se il 2022 si è chiuso con un volume di compravendite pari a 784mila (onda post pandemica) la previsione del 2024 è di una contrazione non inferiore a 643mila operazioni (dati Centro Studi Nomisma). Sempre Nomisma, sottolinea che la tenuta dei prezzi nominali (al netto dell’inflazione) dovrebbe rimanere stabile, ma in termini reali (calcolando l’inflazione) gli immobili perderanno minimo 2,5% del loro valore (che si somma alla perdita già disastrosa pre pandemia). L’equazione è molto semplice, se l’immobile si svaluta a causa dell’inflazione ma il salario di chi vorrebbe comprare non si adegua all’inflazione, la probabilità che le scrivanie dei notai rimangano vuote è piuttosto inevitabile.
Restano gli affitti
Non essendoci via di uscita, per chi ha bisogno di un tetto sulla testa dovrà piegarsi ad affittarselo. Infatti c’è un fenomeno di boom degli affitti, +4% rispetto allo scorso anno. Questo innesca un aumento di domanda che, per la nota legge, si traduce in un aumento dei canoni di locazione. Rispetto al primo trimestre del 2022 gli affitti sono già lievitati del 9,1% (dati Agenzia Entrate). Un aumento simile è assai superiore all’aumento di chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile, quindi la previsione di un collasso anche sul mercato degli affitti è imminente. Le persone il lavoro lo perdono o lo hanno già perso, e se lo ritrovano devono piegare il capo a una forte riduzione dello stipendio. Secondo Nomisma – sguardi familiari sull’abitare 2023 – il tasso di morosità, già al 31,4%, nei prossimi dodici mesi arriverà al 34,8%. Quindi vita dura anche per chi acquista immobili da mettere a reddito!
Il prezzo
Prima di tutto c’è da spiegare una dinamica che purtroppo gli “investitori immobiliari” non comprendono. Quando i compratori diminuiscono rispetto al numero di chi offre un bene in vendita, si viene a creare il mercato dei compratori. Ovviamente questa platea di compratori ha più scelta, se il venditore vuole fare l’affare non può che piegarsi all’offerta del compratore il più in fretta possibile se non vuole vedersi costretto a scendere sul prezzo per liberarsi del proprio immobile.
In sostanza, di semestre in semestre, quello che un venditore vuole realizzare dal proprio immobile diventa sempre meno realizzabile. Ulteriore pericolo, o minaccia, sulla tenuta dei prezzi, è il Fondo Mutui Prima Casa per le giovani coppie che prevede l’erogazione del mutuo con garanzia statale, questa forma di incentivo per acquistare casa sollevando dal rischio la banca erogatrice, scade il 30 settembre. Se la formula non sarà rinnovata dal Governo, i prezzi subiranno un ulteriore colpo basso nel breve periodo.
E la minaccia nel lungo periodo? Il calo demografico! Si fanno sempre meno figli e la popolazione invecchia in fretta, dunque comprare un immobile oggi con la prospettiva di finirlo di pagare fra venti anni (magari per metterlo a reddito) ci espone al doppio rischio di non percepire un reddito adeguato all’investimento vista la morosità di eventuali affittuari, e soprattutto di trovare un mercato per rivenderlo assai meno vivace di quello già scarso dei giorni nostri. Calcolando che si continua a costruire nuovi immobili…aumenterà sempre più l’offerta a fronte di una platea di compratori destinata a diminuire per il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione.
Cosa fare
Intanto cominciamo a separare le cose. La casa in cui si deve vivere è un bene durevole, quindi non è un investimento. Per chi, invece, pensa di acquistare un immobile con la speranza di vederne aumentare il valore, il discorso è diverso. Prima di tutto, non esiste un investimento che possa garantirci un guadagno certo in futuro, saremmo tutti ricchi. Possiamo al massimo speculare avendone le capacità, o cercare di mantenere il potere di acquisto delle somme investite. Riguardo l’investimento immobiliare, bisogna considerare che l’immobile prima di tutto è un costo e soprattutto si deteriora e si svaluta naturalmente (come l’automobile per semplificare). Le variabili che incidono sul prezzo di un immobile sono talmente tante che è quasi impossibile fare previsioni, al massimo l’investimento immobiliare a lungo termine è paragonabile a una scommessa. Quindi la vera considerazione da fare è l’incidenza dell’investimento sulle proprie finanze personali.
Comperare un immobile da ristrutturare (l’80% dell’offerta attuale) e ristrutturalo in autonomia e in economia per poi rivenderlo, questo potrebbe essere un investimento, ma si deve avere manualità perché il guadagno è il prezzo del lavoro impiegato sul bene. Una ditta di ristrutturazioni artigianale con disponibilità economica sicuramente si può inserire in questo business, infatti sono sempre di più le immobiliari che acquistano in proprio gli immobili.