L’arteriopatia periferica colpisce circa 8,5 milioni di persone. Moderni stent a rilascio di farmaco sono oggi in grado di trattare la patologia garantendo un alto tasso di pervietà dell’arteria; oltre a minori probabilità di una nuova occlusione dopo l’intervento
di Flavia Scicchitano
L’arteriopatia periferica provoca ostruzioni nelle arterie con una conseguente riduzione del flusso sanguigno negli arti inferiori a causa di un accumulo di grasso o calcifico chiamato placca.
Il sintomo più caratteristico della malattia è il dolore alle gambe; ma può interessare anche il gluteo, le anche, la coscia o il polpaccio con intensità da lieve a debilitante. Altri sintomi della patologia sono: intorpidimento o debolezza delle gambe, sensazione di freddo nella parte inferiore della gamba o del piede.
I fattori di rischio per l’arteriopatia periferica sono: il fumo; diabete; età avanzata; ipertensione; ipercolesterolemia e malattia renale cronica. Quando la patologia è causata da aterosclerosi sussiste anche il rischio di ischemia critica degli arti, che si può manifestare con ferite che difficilmente guariscono. Più del 10% dei pazienti con arteriopatia periferica sviluppa l’ischemia critica degli arti; il 56% dei pazienti ricoverati con ischemia viene ritrattato entro 1 anno; i pazienti over 50 hanno un rischio del 25% di morte dopo un anno e una probabilità del 30% di amputazione.
Diagnosi e trattamento dell’ arteriopatia periferica
La diagnosi avviene attraverso la misurazione dell’indice pressorio caviglia-braccio, ultrasuoni (ecografia), risonanza magnetica o angiografia. Inizialmente i pazienti con arteriopatia periferica sintomatica gestiscono la malattia con terapie mediche ed esercizi mirati. Si valutano inoltre eventuali condizioni di malattia cardiovascolare e fattori di rischio e si procede a un trattamento di prevenzione secondaria della malattia cardiovascolare.
In caso di sintomi debilitanti o di mancata risposta a terapia medica si può valutare un trattamento mininvasivo di rivascolarizzazione (opzione di prima scelta alternativa alla chirurgia).
L’angioplastica sebbene avesse inizialmente un alto tasso di successo, trovava il suo limite in tassi elevati di restenosi a breve termine fino al 60%. Risultati migliori in termini di pervietà sono stati apportati della tecnica che prevedeva il rilascio di stent in metallo nudo. Conservando tuttavia un alto tasso di restenosi del 30-50% entro 12-24 mesi. Con l’insorgere di complicanze a lungo termine come trombosi e fratture dello stent.
Stent a rilascio di farmaco: i vantaggi per il Dott. Massimo Sponza
E’ stato dimostrato oggi che palloncini rivestiti di farmaco antiproliferativo e stent a rilascio di farmaco sono in grado di generare una pervietà a lungo termine. Favorendo la circolazione e abbattendo le possibilità di restenosi dell’arteria dopo il trattamento. Gli stent che utilizzano il farmaco paclitaxel hanno rallentato il restringimento della arterie dopo il trattamento ino al 50% rispetto ai prodotti che non utilizzano paclitaxel.
A confermare i vantaggi dell’utilizzo di dispositivi a rilascio di farmaco è il Dottor Massimo Sponza. Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e direttore S.O.C. Diagnostica Angiografica e Radiologia Interventistica dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale – P.O. Udine.
“In commercio esistono sia palloni con rivestimento di farmaco (generalmente paclitaxel) che stent. Nelle lesioni delle arterie femoropoplitee bisogna distinguere tra stenosi e occlusioni anche in base alla gravità clinica che causano. Nelle stenosi utilizziamo attualmente il pallone medicato; in caso di recidiva precoce nella sede di precedenti angioplastiche. La recidiva, essendo legata a fenomeni di iperplasia miointimale, viene limitata dall’uso del farmaco. Qualora le lesioni siano più estese e comportino un’occlusione del vaso, la rivascolarizzazione con il solo palloncino non è sufficiente. Quindi si rende necessario posizionare uno stent per incrementare il risultato nel tempo.
Lo stent ad eluizione di paclitaxel risulta significativamente più efficace rispetto alla sola angioplastica. Nel trattamento dei vasi infrapoplitei limitati ai primi 5 cm delle arterie tibiali e in lesioni molto corte (inferiore ai 4 cm) – osserva ancora – gli stent a rilascio di farmaco risultano più efficaci della sola angioplastica. Tenendo in considerazione che la maggior parte dei pazienti affetti da ischemia critica dell’arto hanno lesioni superiori a 5 cm che coinvolgono i tratti mediodistali delle arterie, l’utilizzo degli stent ad eluizione di farmaco nell’interventistica infrapoplitea è inferiore al 5% dei casi“.
“È importante porre attenzione durante l’utilizzo di questi dispositivi”
Quanto alle accortezze da avere nel trattamento con dispositivi a rilascio di farmaco, il Dottor Sponza ricorda: “Al di là del profilo di sicurezza dei farmaci utilizzati, che deve essere ancora validata dalla letteratura e che quindi richiede un’attenta selezione dei pazienti da sottoporre a questi trattamenti, le accortezze sono di tipo tecnico: ridurre la dispersione del farmaco, studiare bene il punto di rilascio dello stent o il tempo di gonfiaggio dei palloni”.
“Gli stent medicati combinano gli effetti di un trattamento con stent classico, costituiti da un’impalcatura metallica, che aiuta a mantenere la pervietà dell’arteria, con il rilascio di sostanze antiproliferative contenute in un polimero che permette il rilascio per settimane o mesi. Lo scopo è di ridurre il tasso di restenosi del vaso arterioso trattato diminuendo la formazione di nuova placca. La tecnologia di questi stent trova applicazione da numerosi anni anche in ambito coronarico, dove rappresentano il trattamento di scelta nella rivascolarizzazione delle stenosi delle arterie del cuore“. Spiega il Dott. Riccardo Corti, Dirigente medico presso Radiologia 2 – Radiologia Interventistica, IRCCS Policlinico San Matteo Pavia.
“Come dimostrato dallo studio Eminent del 2022, gli stent medicati, rispetto ai non medicati, presentano un’evidente superiorità in termini di pervietà della lesione delle arterie femorale superficiale e poplitea, anche per lesioni lunghe circa 20 cm. Lo studio citato ha inoltre dimostrato come l’utilizzo dello stent EluviaTM sia correlato ad un miglioramento della sintomatologia senza la necessità di reinterventi endovascolari nell’83% dei pazienti, rispetto ai pazienti trattati con stent non medicati”.
Lo stent a rilascio di farmaco EluviaTM
Lo stent a rilascio di farmaco EluviaTM (Boston Scientific,marchio CE ricevuto nel 2016), rappresenta un importante progresso nei dispositivi che utilizzano il farmaco paclitaxel per il trattamento delle arterie periferiche.
I risultati per EluviaTM a 12 mesi hanno dimostrato la superiorità con una pervietà primaria statisticamente significativa dell’84,5% rispetto al 76,3% per gli stent di metallo nudo. EluviaTM ha anche dimostrato un miglioramento clinico sostenuto nel tempo senza reintervento rispetto al trattamento con stent di metallo nudo ad 1 anno.
I pazienti trattati con EluviaTM richiedono infatti un nuovo trattamento entro 2 anni dalla procedura nella metà dei casi rispetto ai pazienti trattati con stent non medicati. EluviaTM, inoltre, ha la dose di farmaco più bassa rispetto ad altri dispositivi medicati. Per rispondere sempre più alle esigenze di trattamento la matrice completa di EluviaTM prevede nuove misure in termini di lunghezza dello stent per agevolare il trattamento anche delle lesioni più lunghe (150mm).
“Il paziente che presenta una lesione vascolare arteriosa dell’arto inferiore necessita di un trattamento sicuro, efficace e che garantisca il risultato più duraturo possibile. In tale contesto, lo stent a rilascio di farmaco EluviaTM – osserva ancora il Dottor Corti – garantisce di trattare lesioni complesse sia per morfologia che per estensione, abbattendo i sintomi in modo duraturo e limitando le complicanze rispetto ad altri trattamenti utilizzati. L’efficacia di questo stent viene valutata sia nel follow up clinico-strumentale sia dalla soddisfazione del paziente, che trae beneficio e risolve il problema”.