Per Massimo Pulin si tratta di una norma a impatto mortale per le PMI del settore, dovuta agli errori commessi da ASL e Regioni
Scivolare su una superficie sdrucciolevole è tra le prime definizioni sotto la voce slittare. E proprio perché il terreno non era affatto lineare, capiamo perché sia stata la scelta intrapresa dal Governo in termini di payback sui dispositivi medici.
Si è detto molto – forse tutto – sul tema. Eppure, rimane l’incognita più grande: arrivati al 30 aprile potremo finalmente archiviare il fascicolo? È quello che si chiedono gli imprenditori di Confimi Industria Sanità che sul tema hanno portato avanti una serrata azione di rappresentanza.
Un meccanismo iniquo e incostituzionale
“Il Governo ha preso seriamente in mano il fascicolo sul payback dei dispositivi medici percorrendo la strada da noi auspicata di sospendere il tutto rimandando le scadenze al 30 aprile. Ci auguriamo sia un tempo congruo per valutare il da farsi e che non sia solo lo spostare in avanti una norma a impatto mortale per le PMI del settore” è stata di fatto la dichiarazione a valle dell’ultimo decreto in merito.
Massimo Pulin, che è alla guida di Confimi Industria Sanità e rappresenta oltre 1200 imprese del comparto di certo non si è trattenuto dal dire che “non può ricadere sulle imprese l’errore di bilancio delle Regioni“. Di certo il problema non si risolverà da sé ma le indiscrezioni sembrano andare nella direzione indicata e richiesta anche da Confimi Sanità: “Abbiamo fatto diversi incontri istituzionali in questi mesi per chiedere che il meccanismo fosse del tutto abbandonato perché perverso, iniquo e a detta dei legali incostituzionale. Ad aprile si avranno nuovi dati del Bilancio statale e l’augurio è che si faccia il possibile per recuperare i 2.2 miliardi di spesa pubblica oggi richiesti alle imprese del comparto sanità come fossero un bancomat” ha ribadito Pulin.
Migliaia i ricorsi ai TAR da parte delle aziende
In estrema sintesi, ogni azienda sanitaria è stata chiamata a verificare l’eventuale sforamento di bilancio per gli anni che vanno dal 2015 al 2018, rispetto al tetto massimo previsto per i dispositivi medici. Sforamento stimato in circa 4 miliardi di euro che oggi si cerca di pianare chiedendo ai fornitori di contribuire per il 50% dell’importo dello scostamento.
Nel frattempo, le imprese non sono di certo rimaste a guardare. “Sono migliaia i ricorsi presentati ai differenti TAR. I legali arrivano a ravvisare profili di incostituzionalità nella norma. Con tutti i costi delle spese legali che questo comporta per il nostro sistema produttivo e l’inevitabile ingolfamento dei tribunali regionali” spiega Pulin, “com’è possibile rifarsi sulle imprese fornitrici per degli errori commessi da Asl e Regioni?” è l’interrogativo che anima il dibattito e le prospettive di questi mesi – il meccanismo è entrato in vigore il 15 settembre negli ultimi giorni del Governo Draghi – sono state molteplici.
“Ci sono state Regioni che hanno proposto alle aziende di compensare il payback con quanto dovuto per le nuove forniture, ma così facendo molte imprese andranno incontro ad uno shock finanziario fatale. E non possiamo permetterci neppure di non consegnare i prodotti perché parlando di SSN saremmo accusati di interruzione di pubblico servizio”.
Il Payback metterebbe in pericolo gli investimenti esteri
C’è da dire inoltre che il meccanismo del payback è di matrice tutta italiana e il timore forte è quello di veder svanire gli investimenti esteri. “Verranno meno gli investimenti dei gruppi internazionali nel nostro paese, i costi del payback saranno inoltre sottratti agli investimenti che le aziende fanno in ricerca, sviluppo e innovazione, mentre la chiusura di alcune realtà piccole e medie comprometterà le filiere di produzione e, inevitabilmente, la disponibilità stessa dei dispositivi medici con gravi danni per la salute pubblica”.
“Se esiste una sanità di livello in Italia – tiene a precisare il presidente Pulin – è proprio grazie a imprenditori che sviluppano soluzioni innovative, che esplorano continuamente il mercato mondiale alla ricerca di prodotti nuovi e più funzionali. Imprese che sono costantemente di supporto in ogni fase dell’attività sanitaria di amministrativi, medici, infermieri e pazienti. Imprese che occupano personale della più alta professionalità e forniscono continuo supporto alla pubblica amministrazione centrale e alla ricerca accademica, con l’unico scopo di portare sul mercato – e quindi a disposizione dei cittadini pazienti – dispositivi sempre più efficaci e accessibili”.
Un danno a cui seguirà inevitabile la beffa dei conti del SSN. “Sarà inoltre inevitabile, per le aziende superstiti – verosimilmente i colossi e non certo le pmi – rinegoziare le forniture con un rialzo dei prezzi” fa presente Confimi Sanità.
“Non è forse il caso di rivedere il tetto di spesa pubblica destinato ai dispositivi medici?” si interroga Confimi Sanità
“Se dal 2014 la spesa per i DM è stata ridotta e fissata al 4,4% di quella sanitaria ma a ben guardare i bilanci delle Asl raggiunge strutturalmente percentuali ben più elevate, non è forse arrivato il tempo di rivedere le voci di spesa piuttosto che rifarsi dopo anni e senza alcun titolo sulle imprese?”.
Un cambio di passo che sembra essere nelle intenzioni del Governo, secondo voci di corridoio del Tesoro. “Incrementare la spesa per i dispositivi medici al 5.2% è un segnale di attenzione alla salute pubblica, dimostra che si sta guardando in faccia la realtà”.
Occorre una revisione sistematica che consenta ai gestionali regionali di comunicare tra di loro e l’istituzione di un Osservatorio di controllo e coordinamento
“In una prospettiva a lungo termine occorre investire in una revisione sistematica che consenta ai gestionali regionali di comunicare tra di loro, creando un sistema efficiente anche di interscambio e di organizzazione dei magazzini” sottolinea il presidente Pulin riportando a noi un mantra che ripete a ogni incontro istituzionale.
“Il tutto con l’onere allo stato centrale di istituire un Osservatorio di controllo e coordinamento. Il problema altrimenti si ripresenterà e verosimilmente a breve”. Ma siamo anche il paese del qui e ora: “Salvaguardiamo il comportato produttivo o diremo comunque addio non solo a garze o siringhe ma anche a tac, risonanze e ausili salvavita”.
a cura di Confimi industria Sanità