Di Pietro Romano
Che cosa emerge dall’indagine annuale del pensatoio Sipri dedicata ai Trends in International Arms Transfers 2020. Il Punto di Pietro Romano
L’Italia perde due posizioni nella classifica dei protagonisti del commercio internazionale dei sistemi di arma e difesa, scendendo dall’ottavo al decimo posto. A rilevarlo la Sipri, un pensatoio con sede a Stoccolma tra i due o tre più accreditati al mondo in materia, nella indagine annuale dedicata ai “Trends in International Arms Transfers 2020”. Lo studio, uscito oggi, fotografa il volume dei trasferimenti negli anni 2016/2020 rapportato allo stesso dato del quadriennio precedente. A livello macro, registra negli ultimi quattro anni un calo complessivo dello 0,5% archiviando, però, un +12% rispetto al periodo 2006/2010.
USA SEMPRE PIÙ LEADER
Passando ai risultati per Paese, gli Stati Uniti d’America si confermano il primo esportatore mondiale, con il 37% del mercato, contro il 32% del 2011/2015. La presidenza di Donald Trump ha portato a una crescita relativa del 15% rispetto al secondo quadriennio di Barack Obama, che però da parte sua aveva registrato un sonoro +24% nelle vendite di armamenti Usa al resto del mondo negli anni trascorsi alla Casa Bianca.
LA TOP TEN
Alle spalle di Washington, a comporre la “top ten”, nell’ordine seguono Russia, Francia, Germania, Cina, Regno Unito, Spagna, Israele, Corea del Sud e Italia. La Russia scende però dal 26 al 20% del mercato mondiale, accusando un calo del 22%. In proporzione lo stesso scivolone dell’Italia, passata dal 2,8 al 2,2% di quota sul commercio internazionale. Peggio va il Regno Unito, che si ferma al 3,3% vale a dire -27% rispetto al precedente quadriennio. In calo sensibile anche la Spagna (-8,4% al 3,2% del livello globale) e la Cina (-7,8% e 5,2%), benché sui dati di Pechino non siamo disposti a giurare.
DA SEUL A PARIGI, CHE BALZI!
Sul fronte opposto dei “best performer”, di certo è la Corea del Sud a strabiliare. Con un +210% quadriennio su quadriennio l’incidenza globale di Seul triplica passando dallo 0,9% al 2,7%. Alle spalle della Corea del Sud per crescita relativa si piazza Israele: +59% a fronte di un salto dall’1,9 al 3%. Proprio questi ultimi due Paesi scavalcano l’Italia nella “top ten”. Particolarmente significativo è il risultato della Francia. Parigi vale ormai l’8,2% del ricco mercato contro il 5,6% di quattro anni fa, con un aumento relativo pari al 44%. Anche la Germania chiude in attivo il confronto, crescendo dal 4,5 al 5,5% mondiale (+21%). Fuori dai primi dieci, tra i rimanenti 15 Paesi nella graduatoria, che si limita appunto a 25 esportatori degni di questo nome, rimarchevoli sono i dati di India (+228%), Brasile (147%) e Australia (+81%) che però tutti assieme si fermano all’uno per cento del mercato mondiale.
DISASTRO ITALIA
Proseguendo a questo ritmo in breve tempo il nostro Paese è destinato a uscire dalla “top ten” dei “player” internazionali. Un risultato che farà gioire i “pacifondai” nazionali ma è destinato ad avere forti ripercussioni sul settore e soprattutto sull’occupazione del comparto, altamente qualificata. Con conseguenze negative sull’innovazione in senso lato: senza esportazioni non ci sono investimenti ma gli investimenti perlopiù hanno un effetto duale, vale a dire permettono innovazione utile anche alle produzioni civili come dimostrano i risultati di Paesi all’avanguardia nell’innovazione. Tutta l’innovazione.
Quanto alle anime candide: se l’Italia non vende questi sistemi, li venderanno altri. E comunque le stragi più efferate nelle guerre attualmente guerreggiate sono compiute da armamenti rudimentali o prodotti direttamente nei Paesi meno sviluppati, non da Stati occidentali, che una serie di regole sono tenute a rispettarle. E, per quanto riguarda l’Italia, in genere le rispettano.