di Ornella Cilona
Bruxelles sotto gli occhi
Arriva un marchio europeo per la sostenibilità? La Commissione Ue punta a un’etichetta che informi i cittadini su quanto siano etiche imprese e organizzazioni nelle proprie attività, rispettando l’ambiente, i diritti sociali e del lavoro. Il suo nome sarà EU ESG label (dove ESG sta per Environmental, Social e Go- vernance) e il suo modello Ecolabel, il marchio che da trent’anni caratterizza nel Vecchio Continente i prodotti ecosostenibili.
Il compito che attende Bruxelles non è facile perché il percorso è disseminato di ostacoli. Bisogna individuare, infatti, non solo criteri quantitativi equalitativi per valutare l’effettivo impegno delle società a favore dell’ambiente e della società ma anche meccanismi di verifica e controllo sulla veridicità delle dichiarazioni.
In questi mesi, PricewaterhouseCoopers (PwC) sta vagliando la fattibilità reale del progetto, dopo aver vinto un bando lanciato da Bruxelles a questo scopo. Lo studio di PwC si concentrerà sulla fattibilità reale dell’etichetta, sugli standard minimi necessari e sui requisiti di trasparenza dei parametri di riferimento. I risultati dell’analisi, disponibili alla fine di quest’anno, decideranno il futuro dell’EU ESG label. Nel frattempo, continua il negoziato fra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europei su una nuova Direttiva che impone alle imprese con almeno 250 dipendenti e sede nell’Unione europea l’obbligo di presentare un bilancio di sostenibilità.
Non sappiamo se l’Unione europea avrà dal 2023 un marchio eco socialmente responsabile. E’ certo, però, che il tema della sostenibilità si è trasformato da sogno di nicchia a grande affare. Ancora quindici anni fa poche aziende pubblicavano bilanci sociali in aggiunta a quelli prettamente finanziari: oggi, secondo il Rapporto 2020 di KPMG, l’80% delle grandi imprese presentano rendiconti sulla sostenibilità, una percentuale che sale in Giappone al 100% se si considerano i gruppi principali. La pandemia ha accelerato questo processo. L’alta finanza e le quattro maggiori società di consulenza globali (che sono, oltre PwC e KPMG, EY e De- loitte) stanno investendo in modo massiccio sugli strumenti finanziari verdi e sulla messa a punto di indicatori ambientali, sociali e di governance da utilizzare nei bilanci di sostenibilità. Proprio le “Big Four” della consulenza hanno messo da parte la loro rivalità, annunciando nell’autunno 2020 un comune sistema di metriche per rendicontare lasostenibilità.