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LA CONFERENZA DI CONSENSO ‘CICERONE’

di Katrin Bove

La riabilitazione assistita da robot e dispositivi elettromagnetici per le persone con disabilità di origine neurologica vive un periodo di forte espansione

Paolo Boldrini è Medico Fisiatra, specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa e Neurologia. Già Direttore del Dipartimento di Riabilitazione dell’Azienda Unità Locale Socio-Sanitaria della Marca Trevigiana (Treviso). Presidente della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) dal 2014 al 2017. Attualmente Segretario della Società Europea di Medicina Fisica e Riabilitativa (ESPRM). Autore di oltre 150 articoli scientifici, di cui 47 pubblicati su riviste indicizzate, di oltre 15 capitoli o contributi in volumi di argomento riabilitativo, Autore o coautore di tre volumi di argomento riabilitativo. Partecipa in qualità di esperto ad un Gruppo Tecnico istituito dal Dipartimento Programmazione del Ministero della Salute sul tema della codifica delle attività di ricovero nelle strutture riabilitative.

Paolo Boldrini

Com’è nata e come si è sviluppata l’idea di CICERONE?

L’idea di organizzare una Conferenza di Consenso sul tema delle tecnologie robotiche in ambito riabilitativo è nata dalla forte espansione del settore negli ultimi anni, che si ritiene possa proseguire in futuro. A livello mondiale, se ne prevede un tasso annuale composto di crescita superiore al 25% per il periodo 2019-2024.

La crescente disponibilità di dispositivi di impiego relativamente semplice, utilizzabili in ambito clinico, ha portato alla loro diffusione al di fuori delle strutture di ricerca, per un impiego clinico quotidiano nelle strutture riabilitative. In particolare, l’applicazione nelle patologie disabilitanti di origine neurologica (ictus cerebrale, lesioni del midollo spinale, malattie neurodegenerative e dell’infanzia…) ha conosciuto un sensibile incremento, anche grazie a risultati positivi emersi da diversi studi clinici. Essi hanno evidenziato la possibilità di favorire la ripresa del movimento e della funzionalità degli arti, o di recuperare la deambulazione in caso di paralisi, oltre che di migliorare altre funzioni compromesse dalla malattia.

Può descrivere i soggetti coinvolti?

I professionisti sanitari direttamente coinvolti sono prevalentemente coloro che operano nelle strutture riabilitative: in particolare, per i dispositivi robotici, principalmente – ma non solo – medici specialisti fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali. Attori assolutamente importanti sono, ovviamente, i pazienti e le persone con disabilità che fruiscono di queste terapie, che si trovano a confrontarsi con nuove modalità di presa in carico ed ad interagire con i curanti e con le apparecchiature robotiche in una sorta di nuovo rapporto “triangolare”, piuttosto inusuale rispetto ai setting tradizionali. Il settore dell’ingegneria – e in particolare della bioingegneria – è cruciale non solo nello sviluppo dei dispositivi, ma anche per la necessaria integrazione di queste competenze nell’ambito clinico. Altrettanto rilevante è il ruolo di coloro che sono coinvolti nelle politiche sanitarie e nella programmazione dei servizi, sia a livello nazionale che regionale e locale, nonché di chi cura gli aspetti normativi, etici e giuridici – spesso molto complessi e delicati – della applicazione di nuove tecnologie.

Ultimo, ma certo non meno importante, è il settore delle aziende, chiamate a trasferire alla produzione i risultati di ricerche in continua e tumultuosa evoluzione, e a garantire la massima affidabilità e sicurezza ai prodotti. 

Perché proprio l’Italia ha pensato a quest’iniziativa unica al mondo?

L’Italia è uno dei paesi in cui la ricerca sullo sviluppo di dispositivi robotici per la riabilitazione ha conosciuto il maggiore incremento negli ultimi anni, e in cui è già presente un grande numero di dispositivi nelle strutture sanitarie. Nel nostro paese queste tecnologie sono incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza dal 2017, con l’inserimento nel nomenclatore delle prestazioni specialistiche riabilitative erogabili dal SSN. Purtroppo, queste disposizioni non sono ancora state compiutamente applicate, anche per la mancanza di indicazioni uniformi sulle modalità operative con cui inserirle nella pratica clinica corrente. È proprio questo uno dei motivi che hanno portato all’organizzazione della Conferenza di Consenso. Si rivelano, infatti, notevoli disomogeneità e discrepanze nei criteri e nelle metodologie pratiche di impiego clinico di queste tecnologie, nei contesti organizzativi in cui esse sono erogate, nella valutazione dei loro esiti. Si rileva in sostanza la mancanza di un quadro complessivo e condiviso di riferimento, che possa chiarire i molti diversi aspetti di cui tener conto perché queste tecnologie siano integrate nell’offerta riabilitativa in modo efficace, stabile, sicuro ed accettabile da parte di tutti i diversi soggetti coinvolti. Proprio per cercare di dare una iniziale risposta a questi problemi, la Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) e la Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN) hanno promosso l’organizzazione della Conferenza Nazionale di Consenso.

La Conferenza di Consenso (CC) è ritenuta la modalità più adeguata ad affrontare una problematica complessa, con implicazioni che vanno al di là dello stretto ambito clinico, che coinvolge molti soggetti e in cui si rilevano comportamenti ancora sensibilmente disomogenei. È la primainiziativa al mondo di questo genere dedicata al tema. 

Com’è stata strutturata la Conferenza?

Il Comitato Promotore era composto da rappresentanti della SIMFER (Paolo Boldrini e Donatella Bonaiuti) e della SIRN (Stefano Mazzoleni e Federico Posteraro). Il Comitato Tecnico Scientifico era composto da esponenti di Istituzioni di ambito sanitario; rappresentanti di Società Medico Scientifiche ed Associazioni di Professionisti di area riabilitativa; rappresentanti di area Bioingegneristica; esponenti delle Associazioni di Persone con Disabilità; rappresentanti del mondo delle imprese del settore; esperti di area economica, bioetica e di Health Technology Assessment. Un particolare contributo di tipo sia organizzativo che tecnico-scientifico è stato fornito dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha ospitato parte dei lavori preparatori e degli eventi di presentazioni dei documenti. Sono stati inoltre costituiti 9 gruppi di lavoro con il compito di raccogliere materiale e preparare una sintesi delle informazioni disponibili per sottoporle ad una Giuria multidisciplinare composta da esponenti scelti per autorevolezza e competenza.

Quali risultati sono stati raggiunti?

Il lavoro preparatorio di raccolta documentale, analisi e discussione è durato circa tre anni, superando le molte difficoltà dovute all’epidemia di COVID19 ed ha visto il coinvolgimento di circa duecento persone, fra clinici, ricercatori, programmatori, amministratori, utenti e loro famigliari, esperti in ambito tecnologico, giuridico e bioetico, esponenti del mondo della produzione.

Sulla base di un’accurata raccolta documentale da parte dei nove gruppi di lavoro, e dopo numerosi incontri di approfondimento, una giuria multidisciplinare di esperti ha elaborato un corposo documento conclusivo, riguardante: definizioni e criteri di classificazione dei dispositivi; il loro impiego clinico nelle più frequenti condizioni disabilitanti di origine neurologica; i modelli teorici di riferimento per lo sviluppo e l’utilizzo clinico, e le prospettive della formazione e della ricerca; i contesti organizzativi appropriati per il loro impiego; gli aspetti normativi e le implicazioni sociali, etiche e giuridiche.

Quali sono i dispositivi robotici presi in considerazione?
Sono stati analizzate tutte le principali tipologie impiegate in ambito clinico: dispositivi per i vari distretti e funzioni corporee (arto superiore, arto inferiore, deambulazione); dispositivi ad effettore finale o esoscheletrici, fissi od indossabili, dispositivi con diversa modalità di assistenza (passiva, attiva, attiva-assistiva, etc.). Sono state considerate tutte le principali patologie disabilitanti neurologiche in cui i dispositivi sono utilizzati, come ictus e traumi encefalici, malattia di Parkinson, Sclerosi Multipla, Malattie dell’età evolutiva…

Chi li produce e dove sono prodotti?

I produttori si trovano in molti paesi; anche in Italia ci sono aziende di assoluta rilevanza. La Conferenza, anche per evitare conflitti di interesse, non si è occupata di prodotti specifici. 

Quali saranno gli sviluppi successivi di quest’iniziativa?

Il documento conclusivo è ora disponibile per tutti coloro che sono interessati; si apre un’altra fase importantissima: quella della dif- fusione del documento e delle indicazioni in esso contenute. Questa fase è realizzata con la pubblicazione sui siti web, su riviste di settore e su altri media, con organizzazione di conferenze e seminari, in presenza e online, ed altre iniziative. L’auspicio è che i risultati della Conferenza possano influenzare positivamente l’impiego di questi dispositivi in tutti i settori della riabilitazione, garantendo interventi appropriati, efficaci, tempestivi per i pazienti, formazione adeguata degli operatori, equità e sicurezza di accesso ai servizi grazie ad un quadro normativo chiaro e affidabile, nonché un adeguato flusso di risorse alla ricerca e supporto agli investimenti.

L’auspicio è che i risultati della Conferenza possano influenzare positivamente l’impiego dei nuovi dispositivi in tutte le fasi della riabilitazione