Confimi Industria in prima linea per far sentire la voce delle imprese. Siglato un accordo con Ore12 Sanità.
Di Riccardo Romani
Imprenditore padovano di terza generazione, presidente della OrthomedicaSrl, azienda che da circa un secolo opera nel campo dei presidi sanitari e ausili ortopedici su misura, è il primo presidente di Industria Sanità di Confimi (Confederazione dell’Industria Manufatturiera Italiana e dell’Impresa Privata), eletto nel settembre del 2020. Guiderà la categoria per i prossimi tre anni.
Quante sono le imprese che aderiscono e perché avete costituito Confimi Industria?
Le imprese sanitarie rappresentate da Confimi Industria sono oltre 780, occupano circa 10.000 addetti e operano per lo più in settori quali: biomedicale; produzione, distribuzione e commercio di macchinari, dispositivi e presidi medicali; laboratori ed affini; assistenza sanitaria e sociale. Abbiamo costituito Confimi Industria lo scorso anno, per dare voce alle istanze di tutti gli imprenditori che operano nella piccola e media impresa legata a questi settori di attività.
In questo periodo, che come sappiamo è molto particolare, su quali obiettivi vi siete impegnati?
Abbiamo dato un grande contributo per il rinnovamento del nomenclatore tariffario per la fornitura ai disabili. Abbiamo elaborato una nuova proposta nello scorso mese di dicembre. Il Ministero della Salute l’ha presa in visione e protocollata. Rispetto al nomenclatore approvato nel 2017 – che non è ancora entrato in vigore, in quanto ha tutta una serie di grosse criticità – la nostra proposta vuole aiutare e dare forza alle persone e alle imprese che operano in questo settore. Sempre nell’ottica della rivisitazione del nomenclatore, abbiamo concluso nel mese di marzo un accordo di cooperazione con Sidima (Società Italiana Disability Manager), che aiuta il disabile a superare le sue problematiche motorie legate alla vita quotidiana (scale, ascensori, carrozzine, sistemi di postura). L’accordo consentirà alle imprese che operano in questo settore – che è uno dei settori lasciati indietro, perché incide solo per lo 0,3% della spesa sanitaria, circa 500 milioni – di rafforzare la loro strategia, che è legata ad una domanda sociale importante che esiste.
Può indicare gli obiettivi da conseguire nei prossimi tre anni?
A breve termine, quello di far sì che le nostre imprese, compatibilmente con l’arrivo dei vaccini, siano messe in grado di poter vaccinare all’interno delle aziende. Questo è fondamentale, perché occorre superare rapidamente il blocco degli spostamenti, che penalizza le relazioni commerciali, interne e soprattutto internazionali e delle attività produttive. Il secondo punto importante è quello di assicurare ad una serie di comparti, soprattutto quello dei dispositivi medicali, di poter avere un modus operandi più fluido rispetto al loro rapporto con l’Istituto Superiore di Sanità e con le altre sedi istituzionali. Il terzo, ma non ultimo, è quello di tornare ad essere “voce delle imprese”: interloquire in maniera forte con le Istituzioni, che dovrebbero comprendere che le imprese sono il motore di questo Paese e quelle che operano nel settore della Sanità danno un contributo importante al sistema Paese.
Si può dire, a suo avviso, che uno dei problemi più significativi che vive l’Italia è quello di non aver compreso l’importanza dell’iniziativa economica privata e che la burocrazia frena lo sviluppo del Paese?
Basta guardare agli altri Paesi europei, che hanno una burocrazia molto più veloce, snella, lineare, dove i funzionari si prendono le loro responsabilità perché ci sono leggi che li tutelano. L’Italia ha bisogno di sburocratizzare il Paese, nella maniera più assoluta. Pensi solo alla fornitura di un dispositivo medicale, di un busto per scoliosi, ci sono talune regioni dove l’imprenditore deve recarsi 2 o 3 volte per farsi autorizzare il preventivo dell’azienda. Sono giornate perse di lavoro. Basterebbe gestire tutto in automatico, via digitale. Ci sono alcune regioni che lo fanno, la maggior parte non lo fa. Come presidente di Confimi cercherò di farmi promotore di questa problematica a livello del Ministero della Salute: sburocratizzare il più possibile.
Lei ritiene che sia possibile continuare a pensare ad un sistema sanitario così diviso a livello regionale o per alcuni aspetti le scelte devono essere centralizzate?
Io sono perché le regioni siamo autonome, però rispetto ad alcune tematiche di interesse sanitario nazionale – rispetto all’attuale pandemia, ma più in generale, nell’organizzazione degli acquisti o nella fornitura di dispositivi per disabili – ci dev’essere uniformità di vedute e di organizzazione. Ad esempio, le gare devono essere fatte in maniera più intelligente. Io non sono favorevole alle gare “tout court”. Sono favorevole all’elaborazione di una serie di “repertori”, dove le imprese registrano i loro prodotti (marca, modello, prezzo). Lo Stato, la Regione, la Asl dovrebbero scegliere in base a questi parametri, dando risalto – se possibile – a chi produce in Italia, questo è prioritario. Dobbiamo ricominciare a produrre in Italia, a riportare le produzioni in Italia e far sì che lo Stato compri dalle aziende che producono nel nostro Paese. Così si creano posti di lavoro, non certo andando ad acquistare all’estero, per poi importare.
Recentemente, Industria Sanità di Confini ha siglato un accordo con Ore 12 Sanità. Perché quest’accordo?
Quest’accordo strategicoè nato per dare voce a tutte le nostre imprese e a tutte le nostre istanze, considerato che i destinatari di Ore 12 Sanitàsono tutti i rappresentati delle Istituzioni e del mondo della Salute. Attraverso lo strumento della rivista, vorremmo far presente a tutte le Istituzioni nazionali, regionali e provinciali, le nostre problematiche ed anche le nostre soluzioni dei problemi, relativamente ai campi di nostro interesse.
Perché avete scelto Ore 12 Sanità?
Perché è la rivista che più ci ha colpito nel vasto panorama dell’offerta presente nel mercato della comunicazione. Ci ha colpito per come riesce a proporre i temi legati alla Salute, per come scrivono i suoi collaboratori, che usano uno stile e un linguaggio che arrivare a tutti: al professionista, al luminare; ai medici, più in generale; a chi non possiede competenze tecniche o professionali; alle Istituzioni che possono valutare loro eventuali nuovi partner e le offerte di nuovi prodotti da parte di aziende che hanno un alto profilo professionale e di rappresentanza.