Massimo Pulin: “Rischio di chiusura per le aziende del settore ortoprotesico”
Alla Politica Tutta,
scrivo in qualità di Presidente di Confimi Industria Sanità, Categoria nazionale di Confimi Industria – Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata. Confimi Industria Sanità rappresenta sul territorio nazionale oltre 800 aziende che occupano circa 10.000 addetti e che operano nei più differenti ambiti del settore: dal biomedicale alla produzione, distribuzione e commercio di macchinari, dispositivi e presidi medicali; dai laboratori all’assistenza sanitaria e sociale.
È doveroso segnalare che il settore dell’assistenza protesica in Italia è attualmente gravato dall’applicazione di un Nomenclatore Tariffario ormai obsoleto, in quanto risalente a trent’anni fa. Questa dinamica inevitabilmente innesca la mancata riorganizzazione e riconoscimento delle aziende che sviluppano tecnologia innovativa al servizio della disabilità.
Con quasi tre milioni di assistiti, oggi il settore ortoprotesico deve essere preso seriamente in considerazione e la politica non può ergersi a sordo uditore delle continue e incessanti richieste delle aziende.
È diffusa convinzione, per non dire unanime, che un radicale rinnovamento delle condizioni di lavoro del settore debba essere fondato sui seguenti tre punti focali:
- Strutturare un nuovo Nomenclatore Tariffario, diverso dai Nuovi LEA del 2017;
- Favorire l’accreditamento per le aziende ortopediche produttrici;
- Predisporre un aumento delle tariffe dei dispositivi per le sole aziende produttricirispondenti ai principali (e più importanti) requisiti preordinati, con il fine di instillare un meccanismo premiante atto a garantire e tutelare la qualità e il corrispondente recupero funzionale dell’assistito.Questo ultimo aspetto non mira, chiaramente, a ostacolare o annullare le piccolissime imprese, quanto più a valorizzare le imprese che negli anni si sono fatte carico di onerosi investimenti.
Il complesso scenario settoriale attuale è quasi completamente dominato dal ben noto rincaro delle materie prime e dei costi dell’energia, dal ritardo nei pagamenti causati dall’aumento della burocrazia per adattarsi al Nodo di Smistamento degli Ordini (NSO), dalla scarsissima informatizzazione e aggiornamento digitale di molte Regioni, che mettono sotto incessante pressione tutti gli operatori del Paese. Tutto questo si ripercuote nell’inesorabile perdita di posti di lavoro e competitività delle aziende, che con grande tenacia tentano di districarsi dall’inevitabile (e imminente) chiusura; cosa che in maniera solenne minerebbe lo sviluppo dell’intera società. Sarebbe necessario, con urgenza ormai, avvalersi di buon senso e di un principio di efficienza nella gestione delle risorse pubbliche, snellendo le procedure di autorizzazione, velocizzando gli iter di pagamento, prevedendo il riconoscimento delle aziende meritevoli, tutelando i posti di lavoro di tutta una serie di professionalità che sono al servizio della salute pubblica.
Contestualmente bisognerebbe, in maniera perentoria, consentire la sopravvivenza e valorizzazione delle imprese di piccole dimensioni, impostando un repertorio di ausili a tariffa calmierata che contenga una semplificazione in termini applicativi, tramite lo schema: costo ausilio – ritiro – sanificazione – riconsegna al magazzino ASL per eventuale riutilizzo di altro utente.Tali variazioni potrebbero senz’altro attivare un circolo virtuoso che consentirebbe un maggiore superamento delle gare di appalto attuate da tutte le ASL d’Italia, eviterebbe la dispersione di posti di lavoro, contrasterebbe l’impoverimento del territorio e, cosa più importante, garantirebbe il contenimento della spesa pubblica a fronte di un miglior servizio offerto.
Massimo Pulin