Uno studio ci spiega qual è la correlazione tra nebbia cerebrale o “brain fog” e perdita del gusto e dell’olfatto in pazienti affetti da long Covid e quali i possibili trattamenti
Di Flavia Scicchitano
Ricordare momenti felici di vita vissuta, legati a odori e sapori, per recuperare olfatto e gusto dopo essersi ammalati di Covid. E’ una delle intuizioni della professoressa Arianna Di Stadio, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen SquareNeurology di Londra, docente di Neuroscienze all’Università di Perugia che ha coordinato uno studio sulla connessione tra perdita di memoria e anosmia e ageusia nella sindrome del long Covid. Lo studio, che si è basato sui dati raccolti dall’Ospedale San Giovanni di Roma, dall’Università di Roma Tor Vergata e dall’Ospedale di Fano, ha incluso 151 pazienti (102 donne e 49 uomini) non ospedalizzati con disturbi dell’olfatto persistenti (almeno 5 mesi) correlati al Covid-19.
Professoressa Di Stadio, esiste una correlazione tra perdita della memoria e riduzione o perdita del gusto e dell’olfatto nelle persone che hanno contratto il Covid?
Il nostro studio è stato il primo a identificare una correlazione tra nebbia cerebrale o ‘brain fog’ e anosmia e a supporre che l’alterazione della memoria possa avere un impatto negativo sulla capacità olfattiva. Il Covid presenta un’ampia gamma di manifestazioni cliniche e durata dei sintomi. Il virus attraverso il naso può diffondersi sia all’encefalo che al resto del corpo, determinando appunto una patologia multiorgano. In particolare l’infezione dell’encefalo è responsabile di sintomi come anosmia, problemi di memoria e nebbia cerebrale ed altri sintomi neurologici che, se persistenti, sono annoverati nella cosiddetta sindrome long Covid. Nello studio abbiamo analizzato la prevalenza del deficit di memoria in una coorte di pazienti con disturbi olfattivi e abbiamo osservato come per il 60% erano affetti da nebbia cerebrale e per il 61,8% da mal di testa.
Come è spiegabile questo legame?
Il virus entrando dal naso, determina un’infezione con conseguente infiammazione del bulbo olfattivo. Ad oggi sappiamo che il virus può diffondersi al resto dell’encefalo, e che l’infiammazione dal bulbo può diffondersi a tutto il cervello colpendo anche le aree della memoria, divenendo sintomatico come brain fog. La nebbia cerebrale affievolisce la capacità di ricordare correttamente gli odori e quindi la loro identificazione. Dunque, sia la nebbia cerebrale sia la perdita di olfatto possono essere considerati legati al virus ed manifestazione della neuroinfiammazione diffusa. Dunque, la neuroinfiammazione Sars-Cov-2 è potenzialmente un percorso comune, che potrebbe spiegare il mal di testa persistente e la nebbia cerebrale in associazione con l’anosmia.
E quali sono le conseguenze di questa correlazione dal punto di vista del trattamento farmacologico? Quali cure possono considerarsi promettenti per ritrovare il gusto e l’olfatto persi dopo il Covid?
I trattamenti farmacologici per ridurre la neuroinfiammazione potrebbero avere un ruolo nel ridurre la sofferenza del mal di testa e della nebbia cerebrale e nel promuovere il recupero della funzione olfattiva. In particolare, PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), un ultramicrocompositoantineurofiammatorio e insieme antiossidante, in grado di riparare il danno neuronale, è promettente per alleviare i sintomi neurocognitivi e promuovere il recupero olfattivo, come dimostrato dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica EuropeanReview of Medical and Pharmacological Science. La molecola è, infatti, in grado di intervenire sul processo neuroinfiammatorio modulando l’azione delle cellule non-neuronali e l’effetto dello stress ossidativo grazie all’azione antiossidante della luteolina.
Esistono delle possibilità alternative ai medicinali per recuperare gusto e olfatto?
Certamente, stiamo sperimentando diversi metodi piuttosto efficaci. Innanzitutto i sapori e gli odori possono essere ritrovati lavorando sull’aspetto emotivo. Sono molti, infatti, i ricordi legati a forti emozioni e molti di questi ci riportano alla mente certi odori e sapori, la lavanda, il vino, il gelsomino sono solo alcuni dei più classici. Recuperando i ricordi positivi collegati, si possono ritrovare appunto quegli odori e quei sapori. Poi, vorrei ricordare il protocollo di sperimentazione per aiutare chi, dopo essersi ammalato di Covid, ha perso gusto e olfatto. Una sorta di fisioterapia “nasale”, sniff-test con odori tipicamente italiani, associata alla somministrazione di un alimento a fini medici speciali a base di PEALut in grado di agire sul controllo delle alterazioni del sistema nervosocentrale..
Ci può raccontare più nello specifico di cosa si tratta?
Si tratta di un protocollo messo a punto a seguito di uno studio avviato all’ospedale di Fano, nelle Marche, nel novembre scorso, con l’arruolamento di un centinaio di pazienti che presentavano anosmia tre-quattro mesi dopo la negativizzazione del tampone Covid. Una ricerca che promette la ripresa delle funzioni dell’olfatto e gusto e aiuta chi (1 su 10) dopo aver contratto il Covid, soffre di anosmia e ageusia a distanza di parecchio tempo. Lo studio parte dall’ipotesi, confermata dal nostro lavoro e da diversi studi scientifici, che la neuroinfiammazione determinata dal virus a livello encefalico provochi ripercussioni totali o parziali sull’olfatto, con il rischio che, una volta atrofizzata la struttura, l’anosmia diventi irrecuperabile. Per questo è importante intervenire presto. I pazienti sono stati divisi in due gruppi, entrambi sottoposti a sniff-test per stimolare il bulbo olfattivo, ma solo uno trattato con PEALut. I pazienti in trattamento con il prodotto a base di PEALut hanno recuperato il 100% in più. A questo protocollo stanno aderendo numerosi altri centri italiani, tra cuil’ospedale San Giovanni di Roma, l’Humanitas di Milano, il Policlinico Universitario Federico II di Napoli, l’ospedale universitario di Genova, il Careggi di Firenze, e gli ospedali universitari di Sassari e Catania, oltre a Torino, Cesena e San Marino.
Ma come funziona lo sniff-test?
I pazienti devono sniffare coppie di odori abbinati in modo particolare come ad esempio agrumi e pesca, caffè e cioccolato o fontina e parmigiano per pochi secondi 3-4 volte al giorno in diversi momenti della giornata. Abbiamo scelto odori tipici della nostra terra perché la memoria ha un impatto importante in fase di riabilitazione. L’obiettivo è riabilitare l’olfatto e al tempo stesso stimolare la capacità di distinguere odori diversi (discriminazione), poiché farlo in un secondo momento potrebbe essere più difficile. I dati preliminari già analizzati sono promettenti: i pazienti con anosmia di grado lieve moderato, combinando la riabilitazione olfattiva con il prodotto a base di PEALut hanno recuperato l’olfatto fino quasi alla normalità, in soli 30 giorni; i pazienti con anosmia grave e con il disturbo persistente da circa 11 mesi in 30 giorni hanno iniziato a migliorare la propria capacità olfattiva, necessitando di un trattamento di 3-6 mesi per un recupero integrale della funzione. Il trattamento precoce del problema olfattivo è utile per facilitare il recupero e per evitare una degenerazione della funzionalità con il trascorrere dei mesi.