di Ranieri Razzante*
Non è solo l’effetto della pandemia: la crescita dei reati sul web è una realtà connessa alla ingegnerizzazione spinta delle nostre abitudini e delle nostre vite. Pur riconoscendo ovviamente la innegabile ricchezza che ha aggiunto l’informatica all’efficienza del nostro lavoro e delle necessità quotidiane, stiamo commettendo il grosso errore di consegnare ai nostri pc parte della nostra esistenza. Non si scende di casa – a parte il covid – nemmeno a comprare il prosciutto: si fa dal web!Teniamo presente che l’allargamento di un terreno che non ha di per sé confini non può essere in via assoluta considerato positivo. Comunque la si pensi. Immettere sempre più dati su internet fuori da qualsiasi controllo fa danni molto più grandi dei benefici che se ne traggono.Il Rapporto della Polizia postale sulla cybersicurezza nel 2021 evidenzia 5434 attacchi a infrastrutture critiche – beni dello Stato strategici, ma anche delle grandi aziende e degli enti locali – e lancia un allarme competente e documentato. Si pensi che sono stati generati 110.524 “alert”, cioè allarmi lanciati per possibili minacce agli hardware. E mancano ovviamente i tantissimi casi non denunciati. Preoccupa il furto di dati finanziari e bancari: il phishing vocale (vishing, con telefonate o chiamate da segreterie telefoniche), quello via mail e quello tramite sms (smishing) hanno prodotto in Italia, solo in un anno, oltre 18.000 furti di informazioni, il 27% in più del 2020. Allarmanti i dati della pedopornografia: le indagini su questi reati sono aumentate in un anno del 70%, con 29.000 siti analizzati e 2539 chiusi.Le azioni investigative devono però essere sostenute da comportamenti responsabili e dalla cultura della riservatezza: su internet, come al telefono, banale raccomandazione è quella di non tenersi scoperti con accessi facili e non fornire dati su richiesta.
*Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa