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Il legame tra infiammazione del cervelletto e disturbi dello spettro autistico

Caterina Tobia e Luca Pangrazzi e Yuri Bozzi

Osservato il legame tra lo stato di infiammazione e alterazione dell’ area del cervelletto e la manifestazione di disturbi comportamentali dello spettro autistico

di Annachiara Albanese

Un nuovo studio condotto dal Centro Interdipartimentale Mente e Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento ha evidenziato l’inedito legame tra l’infiammazione del cervelletto e la manifestazione di disturbi dello spettro autistico. La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain, Behavior and Immunity, dimostra anche i potenziali benefici di un trattamento a base di N-acetilcisteina. Apre così nuove prospettive per lo studio dei meccanismi neurobiologici alla base dell’autismo.

Il ruolo dell’infiammazione nel cervelletto spettro autistico

Il team di ricerca, coordinato dal professor Yuri Bozzi, ha indagato il rapporto tra la mutazione del gene Cntnap2 e l’attivazione di processi infiammatori nel cervelletto. Quest’area, tradizionalmente associata al controllo motorio e all’equilibrio, svolge anche un ruolo cruciale nelle funzioni cognitive e comportamentali. Gli studi precedenti suggerivano un aumento della risposta infiammatoria in soggetti con disturbi dello spettro autistico. Ma il legame tra queste alterazioni e il cervelletto non era mai stato approfondito in dettaglio.

C’è un grosso punto interrogativo che noi affrontiamo nell’articolo“. – Chiarisce il professor Bozzi – “Esistono altri studi che indicano che la N-acetilcisteina, se somministrata a soggetti con autismo, non ha un effetto significativo. Ma nessuno si era chiesto se questi soggetti avessero o meno livelli di infiammazione elevati”.

Il trattamento con N-acetilcisteina

Un aspetto innovativo della ricerca riguarda proprio l’efficacia della N-acetilcisteina. Si tratta di un farmaco con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti utilizzato nella riduzione dell’infiammazione cerebellare. Oltre che nel miglioramento dei deficit comportamentali associati alla mutazione del gene Cntnap2.

Noi abbiamo preso in considerazione una popolazione omogenea con un alto livello di infiammazione in una struttura specifica del cervello” – spiega ancora Bozzi. “Quello che abbiamo visto è che se viene somministrata la N-acetilcisteina, la microglia comincia a lavorare meglio. Svolgendo la sua funzione di riparazione e di riduzione del danno infiammatorio“.

La microglia rappresenta il sistema immunitario del cervello ed è responsabile della rimozione di detriti cellulari e della regolazione delle risposte infiammatorie. L’attivazione di queste cellule potrebbe dunque rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico.

Non esiste ancora un farmaco definitivo per l’autismo

Sebbene questi risultati siano promettenti, i ricercatori sottolineano che non si è ancora giunti alla scoperta di un farmaco definitivo ed efficace per i disturbi dello spettro autistico. Tuttavia, lo studio apre nuove prospettive nella comprensione delle basi biologiche della condizione, suggerendo che la vulnerabilità genetica e il bilanciamento tra stress ossidativo e infiammazione possano giocare un ruolo determinante. Saranno necessari ulteriori studi per confermare questi risultati e per sviluppare strategie terapeutiche sempre più mirate.

Collaborazioni e finanziamenti

Lo studio è stato condotto da un team interdisciplinare che ha coinvolto ricercatori del CIMeC dell’Università di Trento, del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata (CIBIO) dello stesso ateneo. Oltre a istituti di ricerca internazionali tra cui l’Università di Innsbruck, l’Università di Wageningen, l’Università di Kirkuk, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Tra i principali finanziatori figurano il progetto TRAIN (Trentino Autism Initiative) dell’Università di Trento e la Fondazione Umberto Veronesi. Il primo autore della ricerca è Luca Pangrazzi, mentre il coordinamento dello studio è stato affidato al professor Yuri Bozzi.