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La pandemia, anche sul fronte delle assemblee delle società di capitali e degli enti associativi, continua a dimostrarsi un comodo escamotage per mandare in soffitta la democrazia. In questo caso societaria ed economica
di Pietro Romano
In commissione Affari costituzionali del Senato sono stati approvati alcuni emendamenti al Dl Milleproroghe, cui poi è stata votata la fiducia in aula, che permettono a società di capitali ed enti associativi di tenere le proprie assemblee in modalità da remoto. Attraverso il sistema di videoconferenze, persino quando questa ipotesi non è contemplata dai relativi statuti.
Solo per pochi eletti
Uno schiaffo (il quinto consecutivo, perché questa manfrina dura ormai da cinque anni) inferto prima di tutto ai piccoli azionisti. Ai quali viene metaforicamente mozzata la lingua in modo da dare l’apparenza che, come si diceva una volta, “va tutto bene madame la marchesa”. Mentre la realtà è che tutto va bene, certo, ma solo per pochi eletti e per l’esercito di consulenti ai quali vengono liquidati fior di quattrini magari per accrescere il consenso e oscurare il dissenso.
Potrebbero approfittare di questa fase d’incertezza i cosiddetti “proxy”, che detenendo quote significative del capitale, possono orientare indisturbati le assemblee. Magari paralizzandole, come spiega uno studio di Electa Ventures. Rincresce che un governo nato sull’onda dell’entusiasmo per il cambio di direzione rischi di finire ricordato per aver deciso di non disturbare il manovratore. Come, tanto per intendersi, fossimo in un qualsiasi “Paese delle banane”. O dei cachi.