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Generali, il Leone ruggisce contro l’Italia

di Pietro Romano

I vertici di Generali e i cantori del libero mercato si stanno sbracciando in questi giorni per fugare dall’operazione con Natixis il timore che possa rappresentare l’ennesimo ‘trasferimento’ in mani straniere di ricchezza nazionale, nella fattispecie 630 miliardi di euro risparmiati dagli italiani. In realtà, da quanto è stato spiegato e da quanto appare i dubbi rimangono tutti. La società che scaturirà dall’operazione risponderà al diritto olandese, considerato che nei Paesi Bassi avrà sede la joint venture. Nei posti di comando siederanno tre francesi e uno statunitense, senza che siano previsti nostri connazionali. E nel solco di una strategia che il consiglio di amministrazione delle Generali sembra avere come chiodo fisso. In vista del rinnovo degli organi sociali del Leone di Trieste, com’è anche definito il gruppo, il cda ha espresso infatti il suo parere allo scopo di orientare gli azionisti a votare nel modo giusto (per i suoi membri attuali), come si può ‘tradurre’ in linguaggio corrente e chiaro il burocratico “Parere di orientamento agli azionisti sulla composizione quantitativa e qualitativa del cda”. Una serie di indicazioni tra le quali spicca, negativamente, quella “di incrementare il numero dei componenti del consiglio di nazionalità diversa da quella italiana” scegliendo in particolare chi conosce i Paesi dove le Generali sono maggiormente attivi.

Roba da matti. Gli italiani non possono amministrare i beni degli italiani. Vale a dire il carburante necessario alle famiglie per sopperire alle proprie necessità straordinarie e alle imprese per innovare, assumere, creare occupazione e ricchezza. E a prescriverlo sono dei dirigenti in scadenza già la prossima primavera. Che non hanno intenzione di “schiodare”. Perché in Italia forse hanno scoperto l’America.