L’ora della verità è fissata per giovedì intorno alle nove. Quando l’amministratore delegato di MPS, Luigi Lovaglio, presenterà i risultati conseguiti dalla banca più antica del mondo nel quarto trimestre dell’anno scorso e nell’intero 2024
Di Pietro Romano
Si vedrà se è tutt’oro quel che riluce nei conti dell’istituto di Siena come in verità sembra nonostante qualche analisi giornalistica discordante. E si vedrà se il dinamismo dei conti presentati da Lovaglio riuscirà definitivamente a zittire gli entusiasti della dimensione. Insomma, chi “non ci sta” ad ammettere che un soggetto dinamico e in forte crescita come MPS possa guidare una operazione che coinvolge un soggetto maggiore quando – lo ha spiegato con dovizia di dettagli Osvaldo De Paolini sul “Giornale” – la maggiore grandezza è solo nella capitalizzazione di Borsa e non negli impieghi, nella raccolta diretta e nella raccolta indiretta.
La prima risposta da Moody’s
Del resto, una risposta agli scettici è già arrivata dall’agenzia di valutazione Moody’s che all’indomani dell’annuncio dell’Ops su Mediobanca e alla vigilia della presentazione dei conti ha migliorato a MPS da “stabile” a “positivo” l’outlook di lungo termine sui rating dei depositi e del debito senior unsecured, confermando tutti i rating della banca. I conti dell’istituto e le prospettive insite nella operazione lanciata su Mediobanca sicuramente hanno avuto il loro importante peso nella decisione di Moody’s.
Il “fattore Luigi”
Ma ci par di intravedere in questa valutazione e in genere nella valutazione dell’Ops un fattore non indifferente. Un fattore definito da un attento osservatore delle cose finanziarie (che preferisce non essere citato) “il fattore Luigi”. Vale a dire il peso specifico che durante quarant’anni di carriera, ma in particolare da quando è salito sul Monte nel 2022uu, si è conquistato quest’uomo di banca dalla discrezione proverbiale e dall’etica ferrea, costruendo un curriculum senza pecche né magagne con picchi quali la creazione del fenomeno Pekao (in Polonia quando era in Unicredit) e l’irrobustimento del Creval.
Poi l’arrivo in MPS mentre l’istituto senese non riusciva a trovare i soldi per l’ennesimo aumento di capitale e la sua trasformazione viceversa in un caso di successo, più che triplicando il valore del titolo azionario, grazie – è vero – anche al rialzo dei tassi, alle assoluzioni degli ex vertici (che hanno fatto risparmiare miliardi di risarcimenti), a una volontà politica chiara.
La verità, però, è che in due anni MPS ha accumulato profitti per 3,5 miliardi. Punto. Un risultato che si fa, e si farà, valere sui mercati. Anche perché, al di là dell’andamento temporaneo dei titoli coinvolti, non crediamo che due soggetti come Ubs e JpMorgan abbiano deciso di affiancare MPS come advisor senz’averli in precedenza sondati.