I risultati di uno studio che ha individuato nei linfociti T regolatori (Treg) un bersaglio da colpire per consentire al nostro organismo di riattivare la risposta antitumorale e distruggere il carcinoma mammario. I risultati della ricerca, sostenuta da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sulla rivista “Science Advances”
La ricerca, sostenuta dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro ha individuato nei linfociti T regolatori (Treg) un possibile bersaglio terapeutico per riattivare la risposta immunitaria e distruggere il carcinoma mammario.
I Linfociti Treg: nuova frontiera nella terapia oncologica
Lo studio, coordinato da Veronica De Rosa, immunologa del Cnr-Ieos, in collaborazione con Francesca di Rella dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale, Antonio Pezone del Dipartimento di Biologia e Irene Cantone del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università Federico II, ha analizzato il ruolo prognostico dei linfociti Treg nei tumori al seno.
“I linfociti Treg svolgono un ruolo cruciale nel decorso dei tumori e, in particolare, del carcinoma mammario” spiega Veronica De Rosa. “Limitano la risposta immunitaria antitumorale attraverso l’espressione di molecole inibitorie, i cosiddetti checkpoint, favorendo la progressione e metastatizzazione del tumore. Bloccare i linfociti Treg, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, potrebbe permettere al sistema immunitario di riattivarsi e combattere il tumore.”
Prognosi e la terapia migliori
La ricerca ha dimostrato che le pazienti con tumore al seno ormono-positivo presentano una maggiore quantità di linfociti Treg che esprimono la variante della proteina FOXP3E2. Questo dato, ottenuto con l’analisi del sangue tramite biopsia liquida, potrebbe diventare un indicatore prognostico in grado di prevedere l’andamento della malattia fin dalla diagnosi.
“Nelle nostre analisi” spiega Francesca di Rella, oncologa dell’Istituto Pascale, “abbiamo osservato che l’eliminazione selettiva dei linfociti Treg potrebbe aumentare l’efficacia dell’immunoterapia, migliorando significativamente la sopravvivenza delle pazienti.”
L’importanza della scoperta è confermata anche dai dati ottenuti tramite l’analisi computazionale della banca dati The Cancer Genome Atlas (TCGA) su circa mille pazienti. Secondo Antonio Pezone e Irene Cantone, “misurare i livelli di FOXP3E2 all’interno del tessuto tumorale potrebbe permettere di anticipare fino a vent’anni sia la prognosi che il rischio di recidive. Non solo per il tumore al seno, ma anche per altre forme di cancro come il carcinoma papillare renale, il carcinoma a cellule squamose della cervice e l’adenocarcinoma polmonare.”
Nuove prospettive per il futuro della ricerca oncologica
Questi risultati potrebbero aprire la strada a nuovi marcatori prognostici e a terapie personalizzate, migliorando le prospettive di cura per le pazienti affette da tumore al seno. “Se confermati da studi clinici più ampi” conclude Veronica De Rosa, “potremmo sviluppare terapie più mirate, con minori effetti collaterali e un’efficacia maggiore nel lungo periodo.”
Annachiara Albanese