
Di Pietro Romano
La finanza europea non sembra assecondare l’accelerazione impressa dalle istituzioni Ue alle iniziative militar-industriali. Secondo quanto risulta a “Ore12web”, Euronext, il principale operatore di borsa europeo (che controlla anche Milano), avrebbe deciso di espellere dall’indice dei 40 titoli più ‘virtuosi’ della Borsa di Parigi tre società ‘ree’ di svolgere attività anche nel campo della difesa: Airbus, Safran, Thales.
Una decisione contro corrente
Una decisione contro-corrente in questo periodo: limita la capacità dei tre gruppi di entrare (o rimanere) nell’ambito delle scelte privilegiate dagli investitori, in particolare gli investitori istituzionali.
Una decisione che però collima perfettamente con altri comportamenti adottati o ribaditi di recente dal mondo della finanza continentale che appaiono punitivi verso quanti, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, hanno a che fare con l’industria degli armamenti. Mettendo ostacoli sulla strada dei gruppi che vogliono investire e crescere per rispondere alle esigenze dei Paesi europei.
Nessuna banca italiana per i progetti industriali di difesa
Nella graduatoria degli istituti di credito che hanno finanziato progetti industriali nel campo della difesa non compare, a esempio, nessuna banca italiana nelle prime dieci posizioni. Se i divieti nel nostro Paese riguardano principalmente alcuni tipi di armamenti in realtà sembra vigere un divieto di fatto più generalizzato.
Un divieto di fatto che mette in difficoltà il tessuto produttivo nazionale (fatto di micro, piccole e medie imprese perlopiù) notoriamente banco-dipendente sul fronte del credito.
Stessa situazione nel Regno Unito
Non cambia la situazione nel pragmatico Regno Unito. E’ caduto nel vuoto l’appello lanciato ai grandi fondi pensione da Rachel Reeves, Cancelliere dello scacchiere (in sostanza il ministro delle Finanze) del governo laburista britannico, di allentare i vincoli agli investimenti nel settore degli armamenti da parte di questi giganti del risparmio gestito.
Una serie di combinazioni che al momento sembrano ridurre le capacità da parte dell’industria degli armamenti di tenere dietro i progetti politici di Bruxelles. Per privilegiare, nel cosiddetto ri-armo, le industrie extra-europee, Usa principalmente, ma non solo.