di Pietro Romano
UniCredit ha compiuto l’ennesimo passo verso Banco BPM. Benché ancora solo formale. La banca guidata da Andrea Orcel ha infatti notificato al governo l’offerta pubblica di scambio su Banco BPM ai sensi della normativa sul Golden Power. Ora UniCredit dovrà attendere 45 e anche più giorni, se l’esecutivo chiedesse chiarimenti, per avere il parere che dovrebbe arrivare alla vigilia dell’assemblea della banca, prevista per il 10 aprile.
Il rischio Crédit Agricole
Nessuno, ovviamente, dovrà in questo lasso di tempo tirare per la giacca, come si dice, Palazzo Chigi. Al premier Giorgia Meloni non manca giudizio. Ma una osservazione di fondo va fatta. E un suggerimento sommesso dato. Presto detto: attenzione a non tutelare da eventuale perdita di sovranità un pezzo di economia italiana per poterlo poi servire su un piatto d’argento a una banca straniera. Nella fattispecie il Crédit Agricole. Un gigante del sistema bancario francese, con utili per 8,6 miliardi nel 2024, già presente nel nostro Paese attraverso il Gruppo bancario Crédit Agricole Italia, il settimo gruppo nazionale per masse amministrate.
Nella BPM i francesi del Crédit Agricole sono saliti al 15,1% a dicembre e in seguito hanno chiesto alla Banca centrale europea l’autorizzazione a salire al 19,9%. Notizie che evidentemente giravano e forse erano note, sia pure in ambienti strettissimi. Non a caso il 25 novembre UniCredit ha lanciato una offerta pubblica di scambio probabilmente cercando di anticipare la strategia dei francesi per fermarne l’avanzata.
I tre fronti di Orcel
In questo momento UniCredit è attiva su tre fronti: Banco BPM, Commerzbank, Generali. Dovrà scegliere uno o al massimo due oggetti del desiderio. Tutte tre hanno troppa rilevanza, perfino per un gigante del credito come UniCredit. Tanto più che non aiuta l’intreccio con altre operazioni sul fronte bancario-assicurativo italiano. Un intreccio nel quale Orcel ha compreso che le operazioni dirette forse non sono quelle che arrivano a segno con maggiore immediatezza. Si spiega così una seconda mossa di UniCredit: l’ingresso nel capitale delle Generali con una quota del 4,1%. Una operazione finanziaria e non strategica – si sono affrettati a dichiarare i vertici della banca – e ci sta tutto, ma nel contempo una operazione che potrebbe facilmente assicurare a UniCredit anche un ruolo nella partita delle Generali.
Una mossa inattesa
Secondo quanto ci risulta, pare che Orcel sia piuttosto intenzionato, con una mossa fino a poco tempo fa francamente inattesa, a portare questa dote all’asse MPS-Caltagirone-Delfin. Evitando indirettamente che una quota cospicua del risparmio degli italiani (e dei titoli pubblici italiani) possa finire sotto il controllo dei francesi di Natixis o comunque di una società di diritto olandese quale sarebbe quella nata dalla operazione sul risparmio gestito Generali-Natixis.
La politica non stia alla finestra
In tal caso, però, UniCredit non potrebbe rimanere al balcone nell’opera di riordino e rafforzamento del sistema bancario tricolore. E il governo farebbe bene a tenerne di conto. Prima di esercitare il golden power per difendere l’autonomia di BPM e poi vedersela magari sfilare dai francesi sarebbe più opportuno, ovviamente nel rispetto dei ruoli, puntare alla salute complessiva del sistema, non solo bancario, ma del sistema Paese tout court. Permettendo a UniCredit l’ulteriore crescita, acquisendo il controllo della BPM. E magari impegnandosi in un endorsement politico nei confronti della Germania allo scopo di consentire alla banca di Orcel di poter giocare la sua partita nei confronti della tedesca Commerzbank senza trovarsi di fronte veti arbitrari.