Ripartiamo dall’OPA, anzi dall’OPS – c’è una grande differenza – di Banca Monte Paschi su Mediobanca. L’offerta sono 23 azioni di Banca MPS ogni dieci azioni di Mediobanca che al momento del lancio, portava la valutazione di Mediobanca a circa 15,99 euro per azione con un premio del cinque per cento rispetto al valore del giorno precedente
di Luca Lippi
Il valore complessivo dell’offerta, fermo restando quello del giorno del lancio, era di 13,3 miliardi di euro circa.
Le cifre sono tutte affiancate dal “circa” proprio perché trattasi di un’OPS. L’offerta pubblica di scambio è un’operazione per la quale non c’è un’offerta di acquisto con soldi, ma il corrispettivo dell’operazione di acquisto sarà regolato con le azioni della società dell’acquirente – in gergo si dice “carta su carta” -. In estrema sintesi, l’acquirente paga con una “valuta” che ha un valore estremamente volatile, cambia nel corso della giornata. Tant’è che l’azione Banca MPS all’indomani dell’annuncio dell’operazione faceva quasi meno dieci per cento, che tradotto in “soldi” significa che il valore dell’offerta, mezz’ora dopo il lancio, anziché 13,3 miliardi di euro valeva il dieci per cento in meno.
Tecnicamente comperare con la “propria moneta” riduce l’esposizione; considerare che un’offerta simile si può perfezionare nell’arco di diversi mesi, lanciare l’offerta in euro può creare delle difficoltà rispetto al periodo in cui è stata pianificata.
STESSE MODALITA’ DI ACQUISTO
Negli ultimi tempi tantissime operazioni di questo tipo si sono perfezionate nella stessa modalità. Per esempio l’offerta di alcuni mesi fa di Unicredit al Banco BPM, offerta respinta al mittente considerando che è stata recepita come “ostile” ma comunque non ancora “cancellata”. Nel frattempo Crédit Agricole che è già presente nell’azionariato di Banco BPM, è comunque un po’ salita nelle sue quote. Sono dinamiche piuttosto normali nel corso di certe operazioni, ma sta di fatto che nessuno mette più un euro nel piatto, tutti vogliono pagare con la propria “carta”.
Altra offerta simile è quella di Unicredit vs Commerzbank. Insomma c’è una situazione del tutto particolare, e questa situazione, che non inizia da adesso, viene da molto lontano. Parte nel 2020 con la fusione tra Intesa Sanpaolo e UBI banca, evidenzia una cosa che fa molto piacere alla BCE, si accorciano tutte le catene di controllo, si formano dei gruppi bancari sempre più grandi, molto più solidi finanziariamente. Capaci di affrontare con disinvoltura gli enormi costi di transizione verso il digitale, verso la sostenibilità, possono gestire diverse forme di erogazione del business attraverso l’istituzione classica delle sedi fisiche presenti sui territori, attraverso la banca digitalizzata o anche attraverso il fintech. Tutte cose considerate oggi fondamentali per creare dei grandi gruppi bancari.
La scelta di Monte Paschi, considerati presenti tutti gli attori che risiedono in tutti e tre gli elementi oggetto dell’operazione – si parla della Delfin, del gruppo Caltagirone già azionisti di MPS – sono anche presenti come azionisti in Mediobanca, e azionisti in Generali assicurazioni, dove Mediobanca controlla una quota rilevante. Le tre formate, cioè Delfin quota Mediobanca e quota Caltagirone porterebbero a una presenza in Banca Generali che potrebbe pesantemente dire la sua sfiorando circa il 30 per cento, consentendo di dire no alla fusione con la Natixis. Insomma c’è una situazione davvero particolare e questo risiko è entrato nel vivo – domani c’è l’assemblea degli azionisti di MPS -.
CHI RIMANE FUORI
Rimarrebbero alcune società senza controparti, per esempio cosa succederà a BIPER? Che decisioni prenderà, alla fine, il Banco BPN che ha già fatto un OPA su ANIMA? Tra le altre cose, con Anima Holding lo stesso Banco BPM detiene – sommando le due -, poco più del nove per cento di MPS -. Cosa farà Crédit Agricole? Rimarrà fermo o tenterà di andare oltre? UniCredit alla fine affonderà su Banco BPM oppure andrà per una più ampia visione internazionale con Commerzbank? Allo stato dell’arte tenterà di rimanere attiva su entrambe le operazioni.
Si è già visto qualcosa di simile? Più o meno sì. Nel periodo tra il 2005 e il 2008 si accavallarono tante fusioni nel mondo bancario. Anche in quel caso, le azioni di molte banche valevano tantissimo e quindi si cominciò a pensare a fusioni e acquisizioni. Per esempio nel 2005 Unicredit prese HypoVereinsbank (banca Bavarese) che poi restituì anni dopo. Tra il 2006 e il 2007 si fusero insieme Banca Intesa e Sanpaolo-IMI che poi nel 2020 si fuse anche con UBI banca. Nel 2007 abbiamo assistito alla nascita del Banco Popolare, prodotto della fusione di tutta una serie di banche popolari tra cui la cosiddetta BPV (Banca popolare di Verona e Novara) e quel titolo quotato in Borsa che si chiamava Banca popolare Italiana che raccoglieva già più banche popolari tra cui la Popolare di Lodi. Sempre nel 2007 nacque UBI Banca grazie alla fusione tra BPU (banche Popolari Unite e banca Lombarda) da cui nacque quel gruppo che poi si fuse nel 2020 con Intesa. Sempre nel 2007 Unicredit acquisì Capitalia che a sua volta controllava Fineco. Quest’ultimo restò sotto il controllo di Unicredit finchè non fu dismesso.
Gli unici ad avere un’offerta sul tavolo sono gli azionisti di Anima Holding
Ci sono tutta una serie di movimenti che ci fanno dire cosa? Che un’azionista di una società predata non si sente così tranquillo come se avesse un’offerta sul tavolo in danaro. Gli unici ad avere un’offerta sul tavolo sono gli azionisti di Anima Holding. Le banche hanno la loro “carta” hanno una valuta, tutti i loro titoli sono saliti tanto, perché ora stanno tutti decidendo di spenderli? Temono forse che in futuro non possano ancora prendere ulteriore valore? Tra il 2006 e il 2008 fu così. Vedremo!