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Generali-Natixis: Giorgia, se ci sei, batti un colpo

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Non c’è più tempo. E’ necessario, anzi è indispensabile, che il governo eserciti con la massima rapidità possibile il potere di “golden power” sull’operazione Generali-Natixis

di Pietro Romano

Non si tratta in questo caso di essere pro o contro il libero mercato. Non si può giocare una partita teorica e ideologica alla luce dei numeri colossali e della quantità enorme di risparmi degli italiani interessati da questa operazione che di fatto sposta all’estero la gestione di 650 miliardi di euro degli italiani.

E mette in discussione la sovranità finanziaria del nostro Paese, come giustamente messo in risalto da importanti soci italiani del Leone, sia pure sbeffeggiati con scarsa classe dall’amministratore delegato Philippe Donnet.

Donnet e il suo staff assicurano il contrario ma non sarebbe la prima volta che le rassicurazioni di manager di origine straniera (Donnet infatti possiede anche la cittadinanza italiana) finiscono sbugiardate appena le operazioni di fusione o di vendita sono ultimate. E non sarebbe la prima volta che le vendite diventano svendite.

Necessario un mutamento sostanziale

E’ perlomeno strano che, com’è già capitato in passato, un francese (sia pure dotato di fresca cittadinanza italiana) a capo di un gruppo italiano conclude una mega-operazione con un collega transalpino a capo di un gruppo transalpino. In passato, però, l’inquilino di Palazzo Chigi non ha mai fatto dell’interesse nazionale la sua priorità e lo si è visto dall’avallo concesso a operazioni sciagurate. Soprattutto negli ultimi due o tre lustri è sembrato (sembrato?) che il nostro Paese fosse eterodiretto, in particolare da Bruxelles e da quanti nella capitale delle istituzioni europee spadroneggiavano, in primis francesi e tedeschi.

Ci piacerebbe, e credo che piacerebbe alla stragrande maggioranza degli italiani, che dalla sensazione di un cambiamento di marcia si passasse definitivamente a un mutamento sostanziale.

Ps: chiamo Giorgia il nostro premier non per piaggeria o per ostentare vicinanza (faccio il giornalista da 47 anni, non il politico) ma perché la conosco da quando era giovanissima e già si faceva apprezzare per le sue qualità umane e politiche.