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RIVOLUZIONE, DITTATURA FINANZIARIA E UTOPIA

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Da due secoli sta accadendo qualcosa di straordinario, una crescita mirabile dell’economia globale. Ci sono state guerre mondiali, guerre civili, pandemie, disastri naturali…eppure questa pallina azzurra nell’universo è sempre andata avanti senza mai fallire crescita economica

di Luca Lippi

Solo rispetto a cinquant’anni fa, viviamo in una società molto più ricca, e cinquant’anni fa il mondo era già assai più prospero rispetto a cento anni fa. Dalla rivoluzione industriale, partita dall’Inghilterra nel 1700, abbiamo assistito a un progresso inarrestabile. A colpi di dieci anni, il decennio che seguiva era impensabile solo nel decennio precedente. Vapore prima, il combustibile fossile poi, l’automazione, le comunicazioni a distanze impensabili, le spedizioni di merci di massa, internet e l’AI. Tutte innovazioni che oggi – anche con un po’ di sana superficialità – diamo per scontate ma hanno trasformato il nostro modo di vivere e produrre.

Soffermiamo ideologicamente l’attenzione sulle enormi ricchezze accumulate da pochi e ignoriamo il miglioramento degli standard di vita per miliardi di persone. Solo in Cina, per esempio, in trent’anni l’incremento economico ha tolto un miliardo di persone dalla povertà assoluta. La crescita è stata il motore della trasformazione sociale. In ogni angolo della terra, più crescita significa più ricchezza per un numero sempre maggiore di persone.

In questo contesto, osservatori di tutti i tempi hanno analizzato dati e fenomenologie collegate alla crescita economica. Nell’era moderna si è arrivati a declinare con i numeri questo fenomeno, la conclusione è che – anche se con alti e bassi – la crescita evolve a un ritmo del 3,3 per cento annuo nei paesi sviluppati.

LA CRESCITA PUO’ RALLENTARE O FERMARSI?

Visto che ormai ci sono i numeri, è facile affermare che una crescita del 3,3 per cento comporta il raddoppio dell’economia ogni 24 anni. La domanda oggi sorge spontanea: a lungo termine questo ritmo di crescita sarà sostenibile?

Abbiamo limiti per quanto riguarda la disponibilità di terre coltivabili, limiti dai minerali estraibili, limiti dai combustibili fossili e limiti dalle risorse idriche. Con questa situazione odierna, cosa potrebbe consentire il mantenimento di una crescita perpetua, come quello visto da due secoli ai giorni nostri? Se invece la crescita si fermasse, a quale scenario andremo incontro?

Siamo perfettamente in grado di rispondere a tutte queste domande. Per tutti coloro che non hanno fatto studi economici, basta una premessa: l’economia è una scienza sociale che fonda su un concetto semplicissimo ma potentissimo, noi esseri umani abbiamo desideri illimitati ma risorse limitate per soddisfarli. Cosa produrre, come produrre, per chi produrre sono le domande su cui ruotano tutte le teorie economiche. Il capitalismo produce ciò che il mercato richiede, nelle modalità che gli imprenditori ritengono più idonee, e lo cede – dietro compenso – a chi può permetterselo. Il socialismo produce ciò di cui le persone hanno bisogno nelle modalità in cui il governo ritiene migliore per chiunque ne abbia necessità.

Siamo di fronte all’estremizzazione delle definizioni, ma quello che deve essere chiaro è che ogni teoria deve trovare il modo per bilanciare desideri e risorse in modi diversi. La soluzione più semplice sarebbe creare un surplus di tutto, creare una condizione di assenza di scarsità, un’utopia! Le risorse non sono infinite e le scelte devono tenere conto di questo dato inconfutabile.

COME SI MISURA LA CRESCITA ECONOMICA

La crescita è un concetto astratto, ma per quanto lo sia si riferisce a un aumento di beni e servizi prodotti in un’economia. Questa è la definizione più corretta di “crescita”, ma come misuriamo la crescita oggi? Attraverso il Prodotto Interno Lordo, ovvero il valore totale delle transazioni economiche in un determinato periodo. È la semplificazione massima di un concetto complesso. Il PIL si calcola semplicemente ed è sensibilissimo ai cambiamenti, ma è un dato limitato perché misura la domanda, non la forza produttiva di un’economia! Da qui si deve capire che la crescita economica si misura più sulla capacità di produrre che sulla domanda globale. Per produrre, in ogni angolo del mondo, c’è bisogno di risorse. Le risorse aumentano la produzione di beni e servizi, questi ultimi si magnificano con l’ideazione di cose sempre nuove. Quindi anche l’ingegno e la capacita di vendere diventano risorse a tutte gli effetti.

CRESCITA ILLIMITATA E RISORSE FISICHE LIMITATE

A questo punto si possono introdurre i quattro fattori di produzione: terra; lavoro; capitale e imprenditorialità. La terra è un fattore ormai costante, abbiamo esaurito nuove terre già dal 1700 con la colonizzazione del mondo occidentale. Per quanto riguarda il lavoro, invece, il cambiamento e lo sviluppo deriva non da una maggiore capacità rispetto ai nostri antenati, ma dall’istruzione. Un lavoratore moderno
può fare molto di più, anche grazie a macchinari e software che moltiplicano la produttività. Alla fine, c’è l’imprenditorialità, strettamente legata all’istruzione. Chi scrive cerca di semplificare al massimo, non sia di scortesia per gli studiosi, ma è determinante che tutti abbiano un’idea – anche superficiale ma chiara – dell’argomento. Il capitale lo mettiamo in ultimo perché la massa lo identifica col denaro, invece in economia il capitale è rappresentato dagli utensili di base fino alle linee di produzione automatizzate dei giorni nostri, ed è stato, ed è, il vero motore della crescita economica degli ultimi duecento anni.

Ogni innovazione tecnologica si basa su un ciclo virtuoso: imprenditorialità, istruzione e capitale che lavorano in sinergia per moltiplicare la produttività. Detto questo, si comprende abbastanza facilmente che ci sono degli elementi che possono sempre migliorare – ingegno e innovazione – ma anche strumenti che sono fissi e che arrivati a un certo punto si esauriranno. Qui si verifica l’incidente temuto: la crescita illimitata si scontra con le risorse fisiche limitate.

EFFICIENTARE

La salvezza, l’istinto di sopravvivenza che caratterizza tutti gli esseri viventi, risiede nell’efficientamento o nell’ottimizzazione. Da duecento anni tutte le economie hanno imparato a produrre sempre più valore con meno risorse, migliorando questo talento potremmo generare sempre più valore consumando sempre meno.

E allora il problema dov’è? Piuttosto semplice da individuare! Mentre le nuove tecnologie rendono le cose sempre più efficienti attraverso – per esempio – il riciclo, spesso creano anche nuove esigenze, e quest’ultime consumano ulteriori risorse. Nessun allarmismo, oggi non esiste un pericolo immediato di esaurimento della maggior parte delle risorse, anche il più giovane lettore non correrà il rischio di assistere a questa sventura, ma le sfide sono dietro l’angolo perché esiste anche la Natura che non legge i libri di economia e le sue leggi sono assai più antiche dell’uomo stesso che ha la presunzione di poterle discutere.

ECONOMISTI IN COMBUTTA

Fermo restando che il talento più grande di ogni economista è quello di fare previsioni sapendo che il giorno dopo un altro evento farà dimenticare la previsione del giorno prima, la teoria più diffusa è che la capacità umana di innovare sarà sempre in grado di trovare la soluzione, esattamente com’è accaduto in passato, e questo in parte è vero. Se guardiamo la Germania – economia più forte in Europa – tra il 2000 e il 2014 ha aumentato il proprio PIL del 16 per cento, riducendo contestualmente le emissioni di CO2 del 12 per cento, poi, però, allo stesso tavolo siedono anche economisti che con le mani nei capelli fanno notare che tutti gli sforzi e i costi per ridurre la produzione di CO2 sono inutili se il resto del pianeta ne produce senza un domani.

Non è questa la sede per discutere di riscaldamento climatico, è già sufficiente che ne parlino gli esperti – peraltro anche abbastanza in contraddizione tra loro – figurarsi se vogliamo infilarci anche noi a parlare di cose che non conosciamo, tuttavia la Germania dimostra che – serva o no – si può adattare l’economia anche in situazioni estreme, garantendo continuità alla crescita, sicuramente più sicura qualora fosse un pericolo reale il riscaldamento globale. crescita economica

C’è poi una classe di economisti che predica l’allontanamento dalla dipendenza dalla crescita. Che significa? Significa concentrare l’attenzione da subito sulle energie rinnovabili, sanità pubblica, salario universale, trasporti sostenibili. Al netto dell’utilità o meno di certe teorie, sarebbe comunque una “rivoluzione”. Un rimescolamento delle carte per continuare a giocare la partita della crescita. Secondo questa teoria, ridurre la dipendenza dai lavori per sopravvivere, ridurre la produzione di beni non essenziali è una soluzione. Teoria discutibile ma anche no. Quante abitudini sono cambiate dalla generazione dei nostri nonni alla nostra? Le cose sono migliorate ma certe usanze sono scomparse e anche l’utilizzo quotidiano di molte cose è completamente scomparso.

QUESTIONI DI NATURA ETICA E PRATICA

Riflettendoci bene, ha senso avere decine di marche diverse per un solo oggetto? Ha senso avere marchi diversi per ogni singolo alimento? Quello più conveniente è vera e propria spazzatura per il nostro corpo! La rivoluzione predicata da questa categoria de economisti sarebbe la “crescita zero”. È, di fatto, una bomba che resetta tutto, il disordine per ricreare l’ordine. Potrebbe anche essere necessaria, ma come tutte le imposizioni, genererebbe solo utopie, lo stiamo vedendo semplicemente osservando quello che sta accadendo con le auto elettriche.

Evitando di addentrarci in argomenti fuorvianti, la crescita zero arresterebbe il degrado ambientale ma solleva anche questioni di natura etica e pratica. Frenare il progresso ai paesi in via di sviluppo è inconcepibile. E come potrebbero, le economie ricche che hanno sfruttato il pianeta a loro vantaggio, sentirsi in obbligo di condividere il loro progresso con le economie meno ricche? Anche per i paesi più ricchi la crescita zero avrebbe conseguenze devastanti. Ovunque, nei paesi più sviluppati e all’avanguardia, il fenomeno delle disuguaglianze è molto presente, si rischierebbe la rivolta e l’instabilità. Una crescita costante alza l’asticella della qualità della vita per tutti, chi più chi meno, ne beneficia.

FERMARE LA CRESCITA E’ IMPOSSIBILE crescita economica

Ma possiamo davvero crescere all’infinito? La storia insegna che ogni rivoluzione tecnologica ha un ciclo, nasce, raggiunge un picco e poi si stabilizza. La prima rivoluzione industriale – i mulini tessili – ha trasformato il mondo, oggi quei mulini sono una piccolissima parte dell’economia globale. Stessa sorte per l’elettricità o il motore a combustione, l’impatto economico di queste scoperte rivoluzionarie è – oggi – marginale. A questo rallentamento si aggiunge il debito, soprattutto nei paesi maggiormente sviluppati, cresciuto a livelli tali da limitare la capacità di spesa futura.

La disuguaglianza economica sta comprimendo la domanda, i salari troppo bassi non consentono l’acquisto di beni e servizi adeguati al miglioramento della qualità della vita e questo frena l’innovazione. Dunque la crescita è in pericolo? Mai! Anche se lo fosse non è nelle condizioni di potersi fermare. Però possiamo crescere in modo diverso, invece di produrre sempre più cose possiamo concentrare le intelligenze del pianeta per creare cose migliori. La chiave è concentrare lo sviluppo su cose che non dipendono da risorse fisiche; ad esempio l’economia digitale, la produzione cinematografica, video divulgativi…tutte cose che non consumano nulla ma offrono valore. Il turismo è un’altra risorsa che non chiede il consumo di altre risorse. La crescita futura è la valorizzazione di ciò che già abbiamo.

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