Nuove frontiere per il trattamento della SLA: la proteina HuD come possibile target terapeutico
Un recente studio, pubblicato su Nature Communications e coordinato dal Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza, ha evidenziato un coinvolgimento cruciale della proteina HuD nei difetti della giunzione neuromuscolare. Uno dei primi segni distintivi della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Questa scoperta apre la strada a nuove terapie mirate per contrastare la malattia.
SLA: una malattia ancora senza cura
La SLA è una patologia neurodegenerativa progressiva che compromette gradualmente i neuroni motori, le cellule nervose che controllano la contrazione muscolare necessaria per il movimento e altre funzioni vitali. La degenerazione di questi neuroni porta all’atrofia muscolare e, infine, alla paralisi completa. Nonostante i progressi nei trattamenti sintomatici, non esiste ancora una cura per fermare la progressione della malattia.
Uno dei primi segni distintivi della SLA è rappresentato dai difetti della giunzione neuromuscolare, il punto di connessione tra neuroni motori e muscoli. Lo studio in questione ha individuato un legame tra la disregolazione della proteina HuD e questi difetti, suggerendo nuovi approcci terapeutici.
Il ruolo della proteina HuD
La ricerca, condotta dal gruppo di Alessandro Rosa in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e l’Università di Pittsburgh, ha dimostrato che livelli elevati di HuD possono causare anomalie alla giunzione neuromuscolare. Con conseguente degenerazione dei neuroni motori. “I risultati ottenuti individuano in questa proteina un ruolo cruciale in un momento precoce della malattia, suggerendola quindi come un possibile target in ambito terapeutico”, ha dichiarato Alessandro Rosa.
In vivo, l’ipotesi è stata confermata attraverso esperimenti su Drosophila melanogaster (moscerino della frutta). La sovraespressione della proteina HuD ha causato difetti nella locomozione, mentre la sua riduzione ha migliorato il fenotipo motorio. Questi risultati indicano che terapie mirate a ridurre i livelli di HuD potrebbero attenuare i sintomi della SLA e rallentarne la progressione.
Un progetto di ricerca d’eccellenza
Il progetto è stato finanziato dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) nell’ambito del Centro Nazionale 3 – Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA. Oltre al professor Rosa, hanno contribuito allo studio Alessio Colantoni e Monica Ballarino del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie della Sapienza.
Questa ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della SLA e apre nuove prospettive per lo sviluppo di terapie mirate. La proteina HuD, infatti, potrebbe diventare un obiettivo chiave per trattamenti innovativi, portando speranza ai pazienti affetti da questa grave malattia neurodegenerativa.