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“AMERICA FIRST” SECONDO TEMPO

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Alla luce dei risultati – non definitivi ma concretamente prevedibili (6 novembre h 10.00 italiane) – il secondo mandato presidenziale di Trump è realtà. È una cosa buona? Cattiva? A noi interessa individuare le conseguenze economiche e finanziarie per controllare e, eventualmente, correggere il posizionamento dei risparmi individuali

di Luca Lippi

L’ “America first” non è più uno slogan trumpiano, l’amministrazione Biden non ha mai eliminato – le ha rafforzate – le misure protezionistiche introdotte da Trump contro la Cina nel suo precedente mandato. Attualmente circa un terzo dei paesi del mondo è soggetto a misure protezionistiche e sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti. Tra i paesi a basso reddito, la percentuale sale addirittura al 60% – un record – e questo è avvenuto sotto un’amministrazione democratica, non repubblicana. E allora? Che succederà?

Conseguenze valutarie

Secondo Goldman Sachs (F.te Reuters 22 ottobre 2024) l’Euro potrebbe perdere contro il Dollaro il 10 per cento. La causa sarebbero i dazi e i tagli fiscali paventati da Trump. Tale eventualità potrebbe spingere la BCE a inasprire la politica monetaria. Ovviamente qualche aggiustamento da parte della Lagarde ci sarà – sempre che si confermino le “minacce” di Trump – tuttavia è piuttosto improbabile l’avvicendarsi di eventi catastrofici, la BCE non sarebbe così “tranquilla” come lo è ora.

Se il tycoon aumentasse veramente i dazi – quelli introdotti nel suo primo mandato non sono mai stati rimossi da Biden – potrebbe emergere il problema di una reale svalutazione dell’Euro. Facendo aumentare l’inflazione in tutta la zona Euro ma, è noto, Trump è anche un negoziatore e non sembra, allo stato dell’arte, ci siano tensioni tra le banche centrali che, diversamente dai leoni da tastiera, si confrontano su temi reali e con i diretti interessati. Nella realtà c’è molto meno “populismo” di quanto ne trasmettano le scatole luminose.

Tuttavia, è bene sottolineare che un euro debole farebbe aumentare i costi di importazione delle materie prime come il petrolio e il gas. Ovviamente l’aumento dei costi si trasferirebbe nelle tasche dei consumatori. Di contro, favorirebbe le esportazioni, creando qualche problema agli Stati Uniti riguardo l’equilibrio della bilancia commerciale fra import ed export. Sicuramente si troverà una quadra!

I mercati finanziari

Se – sempre se – Trump azionerà tutte le sue cartucce elettorali, sui mercati azionari vedremo un apprezzamento delle Small Cap (aziende a bassa capitalizzazione) che beneficerebbero della politica protezionistica. Si potrebbe concretizzare una discesa delle quotazioni dell’oro che è scambiato in Dollari.

L’industria del settore energetico, particolarmente attenzionata dall’elettorato repubblicano, potrebbe sollecitare un sostegno all’industria dei combustibili fossili attraverso agevolazioni fiscali e deregolamentazioni. La conseguenza sarebbe quella di alleggerire i vincoli ambientali e ne trarrebbero beneficio le industrie delle utility tradizionali.

Il settore tecnologico, poi, soprattutto il settore di ricerca e sviluppo della AI, potrebbe ricavare vantaggio dalla politica di deregolamentazione soprattutto riguardo le stringenti normative in tema di privacy dei dati e antitrust, un evidente ostacolo alla crescita per i giganti tecnologici.

La farmaceutica

L’argomento è sempre il medesimo, la deregolamentazione, tanto cara ai repubblicani statunitensi. Minori vincoli sui prezzi dei farmaci e il “via libera” alla crescita delle aziende del settore sanitario. La politica commerciale più protezionistica, particolarmente nei confronti della Cina, influenzerebbe maggiormente le aziende manifatturiere nazionali mentre le industrie che dipendono dalle importazioni ne potrebbero risentire.

Finanza e banche

Gli incentivi derivanti dal programma politico monetario e fiscale, favorirebbero la finanza e le grandi banche, condizioni necessarie e sufficienti per rafforzare il Dollaro americano. Taglio delle tasse e maggiore spesa pubblica, tipiche delle amministrazioni repubblicane, possono far crescere la domanda di Dollaro. Di contro, c’è da dire che un Dollaro forte ha conseguenze rilevanti sui mercati emergenti che sono indebitati principalmente in valuta statunitense, vedrebbero aumentare i rischi di rimborso dei loro debiti generando crisi finanziarie locali.

Linee guida per i risparmiatori

Nulla di più di quanto, ragionevolmente, un risparmiatore o il suo consulente ha fatto fino ad ora, mettersi al riparo da una eventuale svalutazione dell’Euro pianificando una diversificazione valutaria. Prestare maggiore attenzione a settori come l’energia fossile e la difesa, capaci di offrire vantaggi a lungo termine. Il protezionismo economico avvantaggia le Small Cap e il settore manifatturiero. C’è poi da tenere sotto controllo il costo delle importazioni dagli Stati Uniti e anche quello delle esportazioni.

Se mai – e sarebbe molto improbabile – dovesse inasprirsi la spinta inflazionistica conseguente le politiche statunitensi, potrebbe significare un nuovo ciclo di politiche monetarie restrittive – rialzo dei tassi di interesse da parte della BCE – e conseguente arresto della crescita economica. Le obbligazioni richiedono una maggiore attenzione, ovviamente si parla dei titoli di stato americani, soprattutto i loro rendimenti. Potrebbero rappresentare un’opportunità in un contesto di Dollaro forte e politiche fiscali espansive.

Conclusione

In questa prima fase, dopo la vittoria dei repubblicani USA, bisogna prestare molta attenzione alla reazione dei mercati, non quella immediata (di queste ore) ma la reazione delle prossime due settimane. Aspettare – come nel calcio – che il portiere rinvii il pallone per capire come l’allenatore ha deciso di schierare la squadra. I grandi investitori hanno già impostato la propria strategia, osservare come e pianificare i propri investimenti per affrontare i prossimi quattro anni, aspettando che si abbassino le polveri delle prime reazioni, sempre meglio con l’aiuto di un esperto.