Rendite catastali in aumento e un bilancio critico: il vero costo del Superbonus per l’economia italiana
di Luca Lippi
C’è sgomento tra i proprietari di immobili perché aumentano le rendite catastali per chi ha usufruito del Superbonus 110 per cento. Da quando è entrato in vigore – il 19 maggio 2020 – il superbonus ha subito 33 modifiche, un’infinità di aggiustamenti per buttare al macero 123 miliardi di euro col risultato di avere efficientato appena il 4 per cento degli immobili – poco meno di 500 mila immobili -. Considerando che gli edifici residenziali sono 12,2 milioni sul territorio nazionale, la quota di intervento sugli stessi è limitata al 4,1 per cento del totale per una spesa di sei punti di PIL. Per fare crescere l’economia è necessario investire, quindi non è stato un errore – nella teoria – il superbonus, finanziariamente però ci sono diverse criticità visto il danno economico che ha procurato. In sintesi: il ritorno economico di un investimento come quello del superbonus deve prevedere all’origine quanto un euro di investimento pubblico può generare in termini di crescita economica. Si chiama “moltiplicatore”, se è superiore a uno è buono, sotto l’uno non è stato un buon investimento – e questa volta a danno della collettività. Il vero costo del superbonus sarà noto con esattezza nella generazione prossima se tutto va bene, intanto l’ISTAT ha dichiarato che il moltiplicatore dell’investimento è stato di 0,84 volte la spesa, la fondazione nazionale dei commercialisti afferma che il moltiplicatore sia 0,95, in ogni caso nessuno porta un moltiplicatore superiore a uno. Nel migliore dei casi – e non è il caso in oggetto – si sarà ripagato, ma è uno sguardo miope perché tutta l’inflazione che ha generato è comunque un danno per le tasche di tutti gli italiani e anche per gli interessi sul debito pubblico, in sostanza una catastrofe!
AUMENTANO LE RENDITE CATASTALI
Non è una novità! Chi ha beneficiato del bonus, avrebbe già dovuto aggiornare i dati catastali, di conseguenza pagando più tasse sulla casa. In pratica, quella che su tutti i giornali è evidenziata come una novità, in realtà non lo è affatto. L’aggiornamento dei dati catastali doveva essere già fatto autonomamente dai proprietari di casa che hanno beneficiato del bonus. In linea generale, la legge prevede che chiunque operi ristrutturazioni edilizie è tenuto ad aggiornare i dati catastali. Quello che scatena il panico non deve essere l’aggiornamento delle rendite catastali per chi ha usufruito del bonus 110 per cento, ma l’obbligo di aggiornare la rendita catastale da parte di chi ristruttura, obbligo che impone a tutti di rispettare una norma già esistente.
LA RENDITA CATASTALE
La rendita catastale rappresenta il valore teorico che l’Agenzia delle Entrate attribuisce a un immobile. Questo valore è utilizzato per calcolare diverse imposte come l’IMU e l’imposta di registro. La rendita catastale tiene conto di varie caratteristiche dell’immobile: la dimensione; la posizione; la classe (appartamento, castello, villa…); la destinazione etc.…Allo stato dell’arte, i valori catastali sono fermi agli anni settanta! Quindi a tremare non devono essere i soli fruitori del 110 per cento, ma tutti! Soprattutto coloro che vantano affari d’oro ad avere comprato case che negli anni settanta erano classificati in “estrema periferia” e oggi si trovano inghiottiti dall’espansione urbanistica che li pone più vicini al centro città che all’attuale periferia. Questo “non aggiornamento” delle rendite catastali fa si che ci sia uno scostamento inaccettabile fra il valore dell’immobile e il valore di mercato della stragrande maggioranza degli immobili. Una perdita enorme per l’erario! L’aggiornamento è decisamente impopolare per la politica, ma se diventa necessario recuperare risorse, non si capisce perché non dovrebbe essere fatto su quello che spetta di norma “da sempre” prima ancora che aumentare ulteriormente le tasse, già alte a causa di “sviste” che da oltre cinquant’anni impediscono allo Stato di incassare quello che legittimamente gli spetta. Nelle misure catastali si parla di “vani” non di metri quadri, negli anni settanta, si costruivano case con saloni da 40 metri quadrati, le cucine erano enormi. Che senso ha parlare di vani invece di metri quadri? Se si vuole ricondurre la gestione erariale al principio di equità, è giusto revisionare le rendite catastali e far pagare di più chi ha immobili di maggior pregio. Sarà più prestigioso un immobile con salone da 40 mq, due camere da 25/30 mq e cucina abitabile, piuttosto che una costruzione nuova che ha camere da 15mq più “ampio salone con angolo cottura”?
PERCHE’ IL SUPERBONUS HA RICHIESTO L’AGGIORNAMENTO DELLA RENDITA CATASTALE
La revisione delle rendite era già prevista dalla legge di bilancio 2024 (art.1, commi 86 e 87), i contribuenti avrebbero dovuto segnalare loro stessi all’agenzia delle entrate la modifica delle caratteristiche dei loro immobili perché si procedesse alla revisione. Quello che il ministro Giorgetti ha specificato, è che il proprietario di casa non può decidere se comunicare o meno la variazione delle caratteristiche dell’immobile e quindi l’aggiornamento della rendita catastale, è un “obbligo”.
L’IMPATTO SULLE RENDITE CATASTALI
Non è facile quantificare il valore medio dell’aumento delle rendite catastali, tuttavia è possibile – a grandi linee – farsi un’idea. Secondo un’analisi fatta dal Corsera del 9 ottobre che ha preso e riferimento la città di Milano “il salto di una classe comporta un aumento della rendita tra il 17 e il 18 per cento; l’aumento di due tra il 37 e il 38 per cento. Simulazioni come questa si possono liberamente fare collegandosi a https://www.gazzettaufficiale.it/catasto/ricercaGet” .Ovviamente tutto ciò implica l’aumento delle tasse sull’immobile! Tuttavia, c’è differenza tra proprietari di prima casa o seconda. I primi potrebbero patire solo conseguenze indirette come l’aumento dell’ISEE.
CONCLUSIONE
Certo è che: i possessori di seconde case, con l’aumento delle tasse conseguente all’aggiornamento delle rendite catastali, potrebbero cominciare a pensare di liberarsene perché la rendita finanziaria dell’immobile, già di per sé assai insufficiente per la natura di quello che molti – erroneamente – considerano un investimento, potrebbe addirittura scendere sotto il rendimento dei BTP. Considerare l’intervento di Giorgetti una sventura perché è il “solito aumento delle tasse” è errato. La sventura risiederebbe “nella fine della pacchia” se il governo avesse realmente il coraggio di recuperare quello che gli spetta – ristabilendo il principio di equità – senza pensare alle ovvie implicazioni di carattere elettorale.