Home In primo piano GUERRA ISRAELE vs IRAN: ASPETTI ECONOMICI

GUERRA ISRAELE vs IRAN: ASPETTI ECONOMICI

Mentre le tensioni geopolitiche infiammano, l’Iran si inserisce nel conflitto tra Israele e Hamas. Quali saranno le conseguenze economiche di questo scontro diretto?

di Luca Lippi

L’Iran ha deciso di intervenire direttamente all’interno della guerra che vede Israele dare la caccia ad Hamas. Lasciamo agli esperti le analisi geopolitiche, ai complottisti le analisi ideologiche, alle diplomazie le analisi politiche. Proviamo a individuare le conseguenze economiche di uno scontro diretto tra Israele e il finanziatore di Hamas che è l’Iran

UNA GUERRA SENZA GROSSI COINVOLGIMENTI POLITICI

Allo stato dell’arte, l’Iran non ha sufficiente potenza di fuoco per affrontare una guerra senza conseguenze, al suo fianco potrebbero scendere in campo, forse, una manciata di irakeni e gli Huthi Yemeniti, ma la forza dell’Iran si dispiega solo nella capillarità di piccoli gruppi organizzati, sparsi nel mondo, pronti sempre a creare focolai di terrore ma non più di quanto sia già accaduto nei decenni passati. Senza sminuire le conseguenze – sempre degne di considerazione e di riprovazione come in tutte le guerre e le sue manifestazioni in armi periferiche -, parlare di guerra con potenziale coinvolgimento di altre potenze è piuttosto ardito.

AREA CRUCIALE PER L’ECONOMIA MONDIALE

Il Medioriente rimane, comunque, un’area cruciale per interessi economici legati alla produzione energetica mondiale, ma soprattutto per un passaggio marittimo di vitale importanza. Tutte cose che analizzeremo nel dettaglio più avanti. Quello che interessa maggiormente sono le ripercussioni economiche future, conseguenti allo scontro diretto tra Iran e Israele

OSSERVARE IL PASSATO PER IPOTIZZARE IL FUTURO   

Subito dopo l’attacco di Hamas della prima settimana di ottobre dello scorso anno, il petrolio ha reagito subito, aumentando del 4 per cento il suo prezzo. Il mercato, da subito, ha osservato le tensioni tra Israele e la Palestina perché il tema – sempre per il mercato – è l’Iran. A settembre dello scorso anno, l’Iran è diventato il terzo produttore del gruppo dell’Opec, esattamente nel momento in cui l’Arabia Saudita decideva di prolungare il taglio della produzione insieme alla Russia. L’Iran ha aumentato la propria produzione di greggio di ben settecentomila barili al giorno, le sue esportazioni sono ai massimi degli ultimi cinque anni. Sempre nel medesimo frame temporale – settimana del 7 ottobre 2023 – il Dollaro si è indebolito, l’oro ha mantenuto la sua funzione di bene rifugio e l’azionario – S&P500 – dopo una lieve flessione ha ripreso a correre. Lo scenario peggiore, nel caso specifico di scontro diretto tra Iran e Israele, sarebbe il blocco dello Stretto di Hormuz dove passano circa un quinto delle forniture mondiali di petrolio – 17 milioni di barili di greggio ogni giorno -. L’Iran aveva già provato a intimidire l’Occidente paventando la sua chiusura nel 2011 dopo la minaccia di sanzioni. È utile ricordare che l’aumento di esportazione del petrolio iraniano è stato possibile col tacito consenso di Washington allentando le sanzioni al Paese, tuttavia, dopo gli ultimi eventi, è complicato credere che gli Stati Uniti vogliano mantenere a lungo l’approccio passivo nei confronti dell’Iran. C’è anche da considerare che politicamente gli Usa sono formalmente in sede vacante e forse questo è uno dei motivi che ha sostenuto l’intervento diretto iraniano nella guerra.

1973 – 1978: GUERRA DEL KIPPUR E RIVOLUZIONE IRANIANA

Egitto e Siria sferrarono un attacco coordinato contro Israele, dando inizio alla quarta guerra arabo-israeliana. La conseguenza di questo conflitto procurò un embargo petrolifero creando inflazione anche nelle economie industriali come gli Stati Uniti. Il prezzo del petrolio aumentò del 213 per cento a causa dell’embargo dell’Opec che volle punire gli Usa per le forniture militari a Israele. Seguì anche un crash dei mercati azionari globali, uno dei peggiori dopo la grande depressione del 1929. Il prezzo dell’oro, nello stesso periodo, aumentò del 65 per cento. L’Oro fece ancora meglio durante la rivoluzione iraniana del 1978, 163 per cento. Il petrolio nello stesso periodo – 1978 – aumentò “solo” del 119 per cento.

NEI DUE ANNI SUCCESSIVI

La guerra tra Iran e Iraq portò solo aumenti modesti, sia per il petrolio sia per l’oro. A farne le spese maggiori sempre fu il Dollaro: scese di molto sia durante l’embargo del 1973 sia durante la rivoluzione iraniana del 1978; soprattutto durante la guerra Iran Iraq.Ogni guerra in quelle regioni ha provocato enormi impatti in tutto il mondo. È vero che la dipendenza dal petrolio degli anni settanta era assai maggiore di oggi, in ogni caso le preoccupazioni rimangono. Non dobbiamo dimenticare che l’occidente sta uscendo da una crisi molto delicata, seppure l’inflazione è sotto controllo, in ogni caso è una ripresa da malato debole, questa guerra potrebbe facilmente innescare vampate inflattive in un momento tanto delicato.

COSA ASPETTARSI

È possibile che possa verificarsi un’impennata del prezzo del petrolio, che il prezzo dell’oro punti decisamente quota 100 o che il mercato azionario crolli. È possibile tutto e il contrario di tutto, è la lezione dogmatica dei mercati finanziari. Il mercato petrolifero di oggi è molto diverso da quello degli anni ’70, lo dimostra il fatto che nonostante le tensioni di oltre un anno in Medioriente, sostanzialmente non sia accaduto nulla di rilevante sui prezzi e sui mercati in generale. Oggi, riguardo il petrolio, Emirati Arabi Uniti dispongono di ampie possibilità di aumentare la produzione e contenere eventuali impennate dei prezzi, così come l’intero gruppo dell’Opec. La guerra in corso non è una guerra “religiosa”, non tutto il mondo arabo è interessato al conflitto e una buona parte lo deplora. Ci sarà un embargo sulla produzione di petrolio iraniano? Si creerebbe un enorme spazio per la diffusione di petrolio russo, non è ipotizzabile una scelta simile da parte degli Stati Uniti. In questo momento storico, fare alzare il prezzo del petrolio significherebbe l’aumento dei prezzi della produzione, delle materie prime e di tutti gli indotti commerciali. Le banche centrali stanno combattendo una battaglia assai più importante di quella sul campo in Medioriente, sarà fatto di tutto per non fare ripartire l’inflazione. Certamente ci saranno ripercussioni soprattutto nei maggiori mercati azionari, ma non è credibile uno sconvolgimento dei trend primari. Per i trader esperti è come stare al luna-park, per tutti gli altri, massima attenzione e fidatevi solamente del consulente che vi accompagna.