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LA VECCHIA AI IN FINANZA

INTELLIGENZA ARTIFICIALE AI IA

È sempre più di attualità l’Intelligenza artificiale (AI). Quest’ultima sale agli onori di tutte le discussioni negli ultimi tre anni soprattutto per le performance finanziarie che trascinano il S&P500 sempre su nuovi massimi. Con fisiologiche interruzioni di iperboliche salite, ma già è stato spiegato che si deve guardare il trend

di Luca Lippi

Negli ultimi giorni si è letto sulla stampa – non specializzata – di un prossimo utilizzo dell’AI anche in Borsa. Sottolineando correttamente che sul mercato del cripto questo è già operativo.

La verità è che operativamente l’utilizzo degli algoritmi – medesimo strumento di cui necessita la cosiddetta IA – è già operativo nella pianificazione delle strategie di compravendita di titoli mobiliari e derivati ufficialmente – dal 2007.

Ma chi scrive – che ha smesso di tradare per le banche dal 1998 – può assicurare che gli algoritmi avevano già conquistato la finanza da molto tempo prima.

Ufficialmente – secondo un report pubblicato da Ibmcon l’arrivo delle macchine il 90 per cento degli umani che lavoravano nei mercati era scomparso. Nel 2013, gli algoritmi chiamati ‘trader ad alta frequenzarealizzavano negli Stati Uniti più del 70 per cento delle transazioni di mercato. Contro il 10 per cento del 2001.

Cos è l’ AI

È una branca dell’informatica, sviluppa sistemi integrati di macchine in grado di replicare processi – almeno questo sarebbe l’obiettivo – affini all’intelligenza umana. I programmi AI utilizzano i dati raccolti da diverse interazioni per “imitare” gli esseri umani. Il fine è quello di eseguire attività quali apprendimento, pianificazione, presentazione delle conoscenze, percezione e risoluzione dei problemi. Servendosi di algoritmi e regole, questi programmi analizzano ampie serie di dati al fine di identificare schemi a partire dai quali generano modelli decisionali. In buona sostanza, sono il processo di un sempre maggiore numero di algoritmi coordinati per simulare più che possibile la capacità di “ragionamento” umana. Sfruttando infinite conoscenze che la mente umana, da sola, potrebbe avere difficoltà a coordinare.

Dietro i numeri e i codici per metterle insieme c’è sempre l’uomo che ha due ruoli. Quello di fornitore di informazioni, e quello di programmatore dei dati. In fondo l’algoritmo non fa altro che metterli in comunicazione.

Decidere come e dove investire

Quello che sui mercati finanziari era esclusivo appannaggio della mente umana. Ormai da almeno un trentennio è affidato a macchine sofisticate – e lo saranno sempre di più – sulle quali la mente umana interviene sporadicamente. E non è detto che sia necessariamente una mente esperta di finanza, spesso è solo un super tecnico in grado di interfacciarsi con la macchina.

Questo è stato necessario per aumentare la velocità degli scambi, la velocità degli scambi crea liquidità e quest’ultima è la benzina di tutti i mercati finanziari. Già all’esordio dei Fondi comuni di investimento, i più coraggiosi che si affidavano a questo nuovo strumento – la frontiera che ha consentito l’accesso ai mercati a tutti i non investitori professionali – ha sempre creduto che dietro ci fosse un “gestore” fisso, ogni giorno, a pianificare e svolgere operazioni.

In realtà, il “famoso gestore” non era altro che un operatore, e – quando andava bene – una volta ogni sei mesi prestava l’occhio alla composizione del paniere di titoli all’interno del contenitore (Fondo).

Ormai da decenni questa operazione è svolta H24 dalle macchine. Il risultato è che i Fondi sono sempre più specializzati e garantiscono performances assai migliori dei loro antenati. Lo sviluppo della tecnologia che utilizza i cari e vecchi algoritmi non può che migliorare ulteriormente l’affidabilità e garantire nuova benzina ai mercati rendendoli sempre più stabili, riducendo il rischio dei “sbalzi di umore” caratteristici della natura umana.

Il lato oscuro dell’AI

Nell’utilizzo in finanza, lati oscuri non se ne possono trovare. La già collaudatissima pratica ha dimostrato che il miglioramento costante delle performances e la stabilizzazione, sono già sufficienti per affermare che siamo nel futuro in sicurezza. Ovviamente a farne le spese sarà l’uomo che perderà, progressivamente, competenze. Secondo quanto sintetizzato da AdnKronos Salute: il cervello è un organo che, come un muscolo, ha bisogno di allenamento, di esercizio, di cura e relax per rimanere efficiente e non indebolirsi. L’attività mentale mantiene il cervello attivo e pronto, proprio come l’attività fisica rafforza i muscoli. Più si ragiona e più la funzionalità cerebrale viene stimolata, indipendentemente dall’età, perché un cervello in attività produce nuove connessioni neuronali.

Infatti, i rischi per l’intelligenza umana sarebbero piuttosto elevati. Al netto delle enormi potenzialità e di innumerevoli benefici derivanti dall’”ausilio” dell’AI, l’umanità sta perdendo la consapevolezza delle immense praterie che possono aprirsi all’orizzonte attraverso la conoscenza.

Pigramente stiamo mettendo il nostro futuro nella disponibilità delle macchine e di chi sa governarle indipendentemente dal loro spessore umano. Stiamo perdendo progressivamente un giacimento di sapienza che è custodito nella cultura della tradizione classica, unico baluardo dove è possibile recuperare l’identità umana. Non stiamo parlando di qualcosa di obsoleto.

Il confine tra realtà e fantasia

Oggi più che prima, con tutte le imitazioni dell’umano che dominano la quotidianità, il confine tra realtà e fantasia è sempre più sottile – Deepfake e avatar orami sono la normalità -, per distinguere queste distorsioni percettive è necessaria la cultura classica, è necessario ritrovare la natura umana che utilizzi la tecnologia e non che si faccia sostituire dalla tecnologia.

Il mondo dei social ne è la manifestazione plastica, a parlare sono solamente chi non ha nulla da dire, spesso si lancia in considerazioni che manifestano la profondità dell’ignoranza che li domina, in estrema sintesi non stimolano alcun dibattito, semplicemente provano a manifestare la loro presenza attraverso una tastiera perché dal vivo emergerebbe la vastità della loro inutilità.

Il potere dell’AI

Da un punto di vista squisitamente matematico, le Big Tech, noti anche come Tech Giants o Tech Titans – sono le aziende che dominano il mercato dell’AI – hanno fatturati che superano medi paesi europei, questo si traduce in una concentrazione di potere che l’umanità non è stata in grado di gestire e forse non ha visto arrivare. Poche persone, seduti sotto un gazebo a fare l’aperitivo su una lussuosissima ed esclusiva spiaggia, possono decidere i megatrends globali. Questo pone problemi di vigilanza democratica, quindi servono sempre più parlamenti eletti democraticamente e politici in grado di “vigilare” sulla finanza prima ancora che assecondarne il potere.