Home ORE12 Economia I DEBITI SOVRANI NON VANNO PIU’ IN CRISI

I DEBITI SOVRANI NON VANNO PIU’ IN CRISI

bandiera italiana altare della patria

Il debito pubblico italiano ha raggiunto nuovi massimi. Secondo la rilevazione di Banca d’Italia del 15 luglio 2024, alla fine del periodo in esame (maggio), il debito pubblico aveva sfiorato i 2.919 miliardi di euro rispetto ai quasi 2.906 miliardi di inizio mese (dato rivisto); l’aumento mensile è stato di oltre 13 miliardi di euro

di Luca Lippi

Tra le maggiori cause del recente balzo in avanti del debito pubblico, le spese per il superbonus edilizio al 110%, che secondo le ultime stime dell’Enea (giugno 2024) ha comportato oneri per lo Stato di 122,7 miliardi di euro.

Per completezza di informazione, è bene sottolineare che per valutare l’entità di un debito pubblico è necessario rappresentarlo rispetto alla ricchezza economica di una nazione. Lo si rapporta solitamente al Pil di una nazione. Al netto della premessa che ha solo valore di cronaca, la domanda che coglie il comune cittadino sollecitato da una notizia così “asettica” non può che essere: ma che succede se il debito diventa così grande da non essere più gestibile?

Siamo al sicuro

Per quanto riguarda l’Italia, giacché l’importante è che si riesca a onorare il pagamento degli interessi (e il rimborso a scadenza dei titoli che lo rappresentano), l’Italia gode di una elevata considerazione da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, quindi non è un vero e proprio problema. Più in generale, vediamo gli equilibri che potrebbero rompersi e accendere un focolaio di crisi del debito sovrano in generale.

Come guadagna un governo

La prima entrata sono le tasse. Queste sono generalmente modulate sulla base di parametri tecnici piuttosto complicati. A noi interessa sapere che nella maggior parte dei casi le tasse non sono sufficienti a coprire le spese di uno stato e aumentarle semplicemente non è mai la soluzione. Aumentare le tasse è una manovra piuttosto impopolare, ma al netto di considerazioni puramente umorali, un aumento della pressione fiscale genera il fenomeno dell’evasione. Quindi i governi sono costretti a fare deficit.

Banalizzando il deficit, possiamo riassumerlo semplicemente con un esempio: se lo stato raccoglie trenta di tasse ma spende 40, la differenza tra le entrate e le uscite sarà di dieci. Questo è il deficit. Lo stato coprirà il deficit emettendo titoli rappresentativi di questo nuovo debito. Questi ultimi aumentano la massa debitoria ma soprattutto aumentano gli interessi che dovrà riconoscere ai creditori.

Le quattro opzioni di uno stato per coprire i debiti

Tre sono state già sottolineate: aumentare le tasse e contestualmente aumentare il rischio di evasione; emettere titoli e aumentare il debito; innescare il circuito di dovere onorare le scadenze dei titoli emessi riconoscendo anche gli interessi aumentando la velocità di crescita del debito e avvicinandosi a grandi passi verso il default. La quarta opzione è quella di chiedere alla banca centrale di battere nuova moneta. Ma questa ultima possibilità è un’opzione nella disponibilità di chi non ha ceduto la sovranità monetaria. Quindi Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera e in generale tutti i paesi che conservano la loro valuta storica.

Tuttavia, stampare troppo denaro innesca l’aumento dei prezzi e contestualmente l’inflazione diventa incontrollabile. L’inflazione impoverisce i cittadini che spendono meno. Le minori spese procurano una riduzione delle imposte indirette per gli stati (IVA, accise…). Inoltre l’inflazione fa alzare i tassi di interesse che incidono direttamente anche sul debito pubblico. Tutto questo circuito di sventure indotte apre la porta dell’anticamera di una crisi di un debito sovrano.

I titoli rappresentativi di un debito pubblico

In genere i certificati rappresentativi il debito pubblico sono nella disponibilità della banca centrale del paese emittente, residenti dello stato indebitato, istituzioni finanziarie residenti, non residenti. Inutile sottolineare che il pericolo maggiore per uno stato indebitato è quello di mettere nelle mani di non residenti certificati rappresentativi di debito pubblico.

Il pericolo più grande, però, resta il fatto che gli stati devono finanziarsi facendo sempre più debito perché le politiche monetarie delle banche centrali non sono più efficaci, il motivo è stato già chiarito qui . Siamo di fatto in un predominio fiscale invece di un predomino monetario.

Il predominio fiscale

Il predominio fiscale è uno scenario in cui i debiti pubblici e i deficit di un paese sono grandi abbastanza da ridurre l’impatto delle politiche monetarie. In sostanza, gli aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali aumentano i deficit fiscali in misura maggiore di quanto riescono a ridurre la creazione di credito del settore privato. In questo modo attenuando gli effetti di politica monetaria. Per essere ancora più chiari: l’aumento dei tassi deve rallentare la produzione del settore privato anche per un accesso al credito molto più complesso. Invece l’effetto ottenuto è stato quello di riversare più denaro nel settore privato dal settore pubblico. La modalità è banale, gli stati pagano un maggiore interesse sui titoli rappresentativi del debito e tutta la liquidità entra in circolo sotto forma di denaro spendibile. Sostenendo la domanda invece di contrarla.

Cosa succede se un debito sovrano va in crisi

Il primo pericolo è quello dell’attacco speculativo con forti vendite dei titoli di stato soprattutto dai detentori non residenti. Il secondo pericolo è la stretta creditizia – per i fanatici degli inglesismi “Credit Crunch” -. In sostanza l’aumento dei tassi di interesse accresce la spesa dello stato costringendolo a manovre economiche restrittive. Di fatto induce le banche commerciali a razionare il credito, entrando così nello scenario di stretta creditizia. La conseguenza è: aumento dei costi di produzione; disoccupazione; aumento dei costi di esportazione; abbassamento drastico della competitività; riduce il reddito nazionale e fa crollare le entrate fiscali. Le banche commerciali sono cattive?

Le banche commerciali

Chi scrive – a ragion veduta – non ha una buona considerazione dei banchieri ma non del sistema bancario. Le banche commerciali hanno nel loro portafoglio molto debito pubblico, sia per guadagnarci sia per garanzia dei mercati che operano a pronti contro termine. Quando ci sono tensioni sui mercati secondari dei titoli di stato, c’è un contestuale deterioramento degli attivi delle banche che questi titoli li portano nella pancia. Il deterioramento degli attivi di una banca impatta sul bilancio della stessa. questo il motivo per cui quando si parla di crisi del debito sovrano, contestualmente si parla anche di crisi del sistema bancario. Poiché sono aziende private – e non istituti di beneficenza – ovviamente devono compensare le perdite riequilibrandole con un aumento dei tassi sul credito.

Come si evita una crisi del debito sovrano

Complicato da spiegare senza inciampare in inutili tecnicismi o noiose trattazioni. Useremo un esempio vicino alla vita comune di ciascun individuo. Allo scopo di acquisire nuove competenze, un soggetto fa debito per finanziare un master, comprare libri, frequentare corsi di formazione con l’obiettivo di aumentare la propria professionalità. Il nostro si indebita per posizionarsi professionalmente a un livello superiore con uno stipendio superiore. Il debito contratto non sarà un grosso sacrificio perché aumentando la capacità di guadagno diminuisce la pressione del rimborso programmato. Questa dinamica è valida, con un po’ di fantasia, anche per i governi.

L’economia è dinamica, evitare un evento avverso come la crisi del debito, si compie aumentando la produttività. L’aumento della produttività riduce i costi stabilizzando i prezzi. Ovviamente bisogna possedere la forza necessaria per aumentare la produttività, e qui entra in gioco il concetto di “economie grandi o piccole”. Grandi economie come gli Stati Uniti non manifesteranno mai problemi nel medio lungo termine perché sono forti e possono investire sullo sviluppo tecnologico allo scopo di aumentare e stabilizzare sensibilmente la velocità di progressione produttiva. Poi c’è chi crede che i BRICS stanno sotterrando l’economia USA, ma c’è da dire che esistono pure i terrapiattisti, quindi è buono tutto.