Il mercato immobiliare è in fase di crollo, oltre il 30 per cento di svalutazione del patrimonio immobiliare negli ultimi vent’anni, oggi assistiamo a un crollo ulteriore del 7 per cento delle compravendite. La maggiore responsabilità sarebbe da imputare alla direttiva “case green” che costringerebbe oltre due milioni e mezzo di italiani a disfarsi delle abitazioni
La verità è che non c’è nessun crollo, semmai parliamo di stallo. La realtà è che molti italiani tendono a mettere sul mercato seconde case per finanziare l’efficientamento della casa residenziale. La direttiva è solo l’ultima spinta a disfarsi di un cespite che non produce alcuna ricchezza, svalutato sicuramente, generatore di costi sempre crescenti e a breve (forse) invendibile. Le vecchie case in classe energetica bassa, non sono richieste dal poco mercato disposto ad acquistare, le nuove case non sono sufficienti e neanche economiche, quindi domanda e offerta non si incontrano e tutto resta “immobile”. È come una giostra bella da vedere ma non funzionante.
Le compravendite sono diminuite nel primo trimestre del 2024 (dato media nazionale – 8,2 per cento), di fatto confermando una tendenza già rilevata nell’ultimo trimestre del 2023. Dal sito dell’AG Entrate, invece, si rileva che il prezzo delle abitazioni è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente, questo conferma che il mercato è semplicemente fermo.
I prezzi delle case aumentano
È un dato puramente indicativo che non è confortato dalla chiusura di transazioni. Dall’osservatorio di Idealista.it e di immobiliare.it emerge che il prezzo delle case messe in vendita nel 2024 è aumentato (percentuali irrisorie), ma non viene specificato che questo aumento è legato a fattori del tutto estranei al mercato.
Il problema è radicato nella cultura italiana. Chi decide di vendere casa, soprattutto se non vende per scelta ma per costrizione di fattori oggettivi, al costo vero e proprio dell’immobile – costo ovviamente molto approssimativo perché manca la competenza per stabilire il valore reale – c’è sempre l’aggiunta del costo emotivo. Contestualmente, i venditori – la maggior parte sono ragazzi che domani potrebbero tranquillamente esercitare un’altra professione per guadagnare di più – tendono ad assecondare i proprietari, vuoi per assicurarsi il mandato, vuoi per non indispettire il cliente che – prassi consolidata – viene in tempo cercare di convincerlo ad abbassare le pretese.
Tempi di vendita
Ovviamente, considerando la cattiva conduzione della trattativa che precede la raccolta del mandato – mettere in vendita al prezzo deciso dal proprietario senza alcuna logica di mercato – dilata enormemente i tempi di vendita, soprattutto confonde gli eventuali acquirenti che vedono prezzi di immobili improponibili. Il fatto che mediamente siano necessari sei mesi prima di vendere l’immobile inquina tutto il mercato alterandone la percezione e soprattutto la fluidità.
Asimmetria di formazione
Al netto dei proprietari dei marchi preposti all’intermediazione immobiliare – sicuramente informati ed esperti di mercato – il problema risiede nella condotta poco professionale degli agenti – non tutti per fortuna – e soprattutto nella scarsa propensione a indottrinare i proprietari venditori che nessuno è disposto a pagare di più qualcosa che vale molto meno.
Mutui
Da considerare anche il sistema finanziario che crea sempre maggiori difficoltà a concedere mutui, soprattutto se l’immobile è sopravvalutato. In ogni caso il problema maggiore sono le garanzie offerte alla banca. Inutile girarci intorno, le banche non sono istituti di beneficenza e soprattutto non sono agenzie immobiliari, non amano occuparsi di azionare le ipoteche e mettere in vendita l’immobile per recuperare il mutuo residuo non pagato – non è conveniente anche perché l’immobile all’asta non vale mai l’importo di un mutuo residuo -.
La situazione dei tassi sui mutui ipotecari sta migliorando molto lentamente, ma non è scontato rinunciare a credere che i tassi rimarranno fermi ai livelli attuali (circa il 3 per cento per il tasso fisso e 4,30 per cento il tasso variabile), tuttavia il problema risiede nella capacità reddituale del contraente di poter garantire il pagamento della rata. E qui il nodo c’è ed è anche determinante. I redditi dei lavoratori – specie se neo assunti – non riescono a garantire le banche, queste ultime prima di concedere un mutuo chiedono redditi aggiuntivi a garanzia non sempre disponibili – legami non consolidati o parenti troppo avanti con gli anni – quindi le compravendite si fermano davanti la porta a consenso della banca.
Conclusione
Non c’è nessun crollo del mercato immobiliare e non si profila un rimbalzo o forte ripresa. Gli operatori di mercato, ovviamente, tendono a enfatizzare un futuro colmo di soddisfazioni, ma la realtà è che a comprare casa sono società che poi le dividono, le efficientano e le rimettono sul mercato al prezzo di “nuovo”, perché solo il nuovo ha un minimo di attrattiva per il poco mercato che c’è. Calcolando che per acquistare un immobile efficientato e in pronta consegna, praticamente nuovo, serve ben più del ricavato di vendita di un vecchio appartamento in classe G, il futuro del mercato immobiliare, almeno nelle grandi metropoli, potrebbe essere appannaggio di B&B e case vacanza. Per quanto il turismo possa essere una risorsa da sviluppare, una volta strutturato, che fine faranno le case rimaste invendute? Il calo demografico e l’ipervenduto di porzioni immobiliari per consunzione naturale dei proprietari farà il resto.