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SPREAD: SOLITI COLPI A SALVE PER PROCURARE ALLARME

francia parigi

Tornano a crescere i timori sulla stabilità della situazione debitoria e obbligazionaria in Europa. Alcuni parlano anche di una possibile replica degli anni 2011 e 2012 quando il Vecchio Continente fu colpito dalla grande crisi del debito sovrano e dall’aumento generalizzato dello spread

di Luca Lippi

Stiamo realmente per rivivere quel periodo? In che modo il risparmiatore dovrebbe assicurare il proprio portafoglio obbligazionario?

L’anomalia degli ultimi giorni

La vulgata indica l’aumento dello spread di un paese come indicatore di un deterioramento del merito creditizio di quel paese.

Lo spread della Francia, a oggi, ha raggiunto il livello più alto degli ultimi dieci anni. Quindi le obbligazioni francesi sarebbero da considerare più rischiose rispetto al passato – da tenere presente che la Francia è la seconda economia in Europa -. La cosa che sorprende di più, è che lo spread tra Francia e Portogallo è praticamente a zero. Tradotto significherebbe che il rischio paese della Francia sarebbe pari a quello del Portogallo – uno dei paesi sull’orlo del fallimento nel 2011/2012 -!

Qualcosa di significativo sta accadendo in Francia, ma il confronto tra i transalpini e il Portogallo sottolinea l’inutilità dello spread come indicatore.

Lo spread

È un “feticcio” utilizzato inutilmente. La sua triste storia annovera performances come quella prima del referendum che disarcionò Renzi per lasciare il posto a Gentiloni. Utilizzato ancora per far cadere l’ultimo governo “eletto” prima di quello attuale – governo Berlusconi -. Apparso sulle scene per spaventare tutti quelli che tifavano per la Brexit. Ora la vecchia cara e smemorata spread-fobia si brandisce per i presunti rischi antidemocratici in terra di Francia.

lo spread di fatto esiste senza essere nulla. Si tratta, in estrema sintesi, della differenza tra il prezzo più basso a cui un venditore è disposto a cedere un titolo e quello più alto che un compratore è disposto ad offrire per lo stesso. Prima che qualcuno gridi allo scandalo, la realtà (senza correre il rischio di essere smentiti) dimostra che lo spread rappresenta una seria e prepotente ingerenza nell’autonomia di un Paese.

Lo spread è un maglio utilizzato dalla grande finanza per rendere fragile il mercato, ma l’altalena di cifre non lo risolleva né lo affossa, però terrorizza il consumatore che appena intuisce la parola, per non sbagliare, scivola sotto il materasso con tutto il portafogli. Eppure non si tratta né di un tracollo di ordini per le aziende né di posti di lavoro.

Bretton Woods

Nel 1944, sul finire di un conflitto mondiale, in una piccola località degli Usa, Bretton Woods, qualcuno, dissennatamente pensò di poter aggirare i dissesti economici degli Stati, l’incapacità cronica di gestione di taluni Governi e così via, creando il Fondo Monetario Internazionale e una sorta di “Super Controllo” che evitasse le possibili iatture finanziarie. Come se tali cose si potessero controllare stando seduti dietro un tavolino. Bretton Woods è fallito ma la lezione non è bastata e tempo dopo, questa volta in Europa, a Maastricht, qualcuno pensò che noi europei potessimo riuscire laddove gli americani avevano fallito. Sta finendo allo stesso modo, solo che non lo si vuole ammettere e si è inventato lo spread, il prelievo forzoso, e altri “Prozac” simili.

Il differenziale sale se un Paese è debole e non sa battere i pugni sui tavoli. Cresce quando si accantonano i problemi reali oppure quando si affrontano e allora i Paesi “presunti alleati ma concorrenti” cominciano ad avere paura.

La Francia è realmente a rischio?

Il 31 maggio 2024 Standard & Poor’s decide di abbassare di un gradino il rating della Francia – declassamento poco significativo sia nelle dimensioni sia per la fama di chi lo ha deciso -, nella motivazione si legge che secondo gli analisti di Standard & Poor’s il debito pubblico, in relazione al PIL, aumenterà più del previsto. La Francia allo stato attuale e secondo le previsioni, avrebbe il rapporto debito/PIL più alto dell’area Euro. La questione è sempre la stessa, il gettito fiscale è inferiore alle previsioni. Il giorno dopo il downgrade lo spread della Francia era perfettamente nella norma. Nei tre giorni che seguirono nulla è cambiato, l’impennata si verifica il 9 giugno a seguito delle parole del presidente Macron che annuncia elezioni anticipate dopo la sconfitta della sua coalizione alle europee. L’esito delle europee in Francia era ampiamente previsto, infatti lo spread non ha subito alcuna variazione, quest’ultima è stata procurata per le parole di Macron e il mercato non aveva previsto la sua reazione. Ai mercati non piacciono le sorprese!

Il rischio che gli analisti intravedono risiede nell’agenda politica della Le Pen. Sia chiaro, Macron indice elezioni anticipate non perché abbia necessità di tempo libero, ma perché il sistema elettorale francese – doppio turno – concede spazi di manovra sufficienti a “correggere” o “amplificare” la volontà popolare – liberté, égalité…pensacitè -.

Agenda politica Le Pen

Miglioramento delle condizioni generali dei lavoratori; aumento dei salari; prestiti per acquisto prima casa a tassi azzerati; riduzioni delle imposte su energia, successioni e beni di prima necessità…in sostanza tutto il necessario per fare arrivare il debito alle stelle. Va bene fare campagna elettorale, ma poi bisogna anche essere concreti! Tant’è che il programma di Le Pen è stato adeguatamente ridimensionato e razionalizzato giacché alle elezioni non si può andare certo con proclami ai limiti della slealtà.

Tuttavia le opposizioni – sostenute dalla Stampa – useranno ogni mezzo necessario per terrorizzare gli elettori sui pericoli alla stabilità delle finanze pubbliche.

Il timore dei mercati

Al netto dei proclami delle destre francesi, Standard & Poor’s ha già rilevato criticità sui conti pubblici della Francia, prima delle elezioni europee e dell’affermazione del partito di Le Pen. Nonostante un’apparente calma piatta da parte dei mercati, quest’ultima è stata alterata dall’annuncio di Macron di elezioni anticipate, e seppure i mercati sono certi – grazie al sistema elettorale francese – che non ci sarà alcuna affermazione delle destre, di sicuro mancherà una schiacciante maggioranza del vincitore alle elezioni, situazione che oggettivamente fa scivolare il paese in una sostanziale ingovernabilità. Tutto questo si traduce in “instabilità” quello che i mercati odiano indipendentemente da chi governa.

Instabilità contagiosa?

Italia, Spagna e Grecia – l’ultimo è il paese più indebitato dell’eurozona – lo spread è sostanzialmente fermo e sotto la media degli ultimi dieci anni. Parlare di orlo del baratro a causa dei “pericoli” politici transalpini, è solo la solita arma spuntata del terrorismo psicologico.

Negli ultimi trent’anni, la Francia si è trovata altre volte in situazioni di instabilità simili, con livelli di spread anche più ampi di quelli attuali. In questi casi, guardare solo uno spread – che è la differenza tra due grandezze – è sostanzialmente inutili, mano inutile sarebbe osservare come stanno muovendosi i rendimenti obbligazionari dei vari paesi. Per quanto riguarda lo spread tra titoli francesi e tedeschi, l’aumento dello spread francese è dovuto principalmente alla riduzione dei rendimenti dei titoli tedeschi, ma le linee di rendimento dei titoli casalinghi dei due paesi sono entrambe sostanzialmente parallele, così come quelle di altri paesi dell’Eurozona.

Per fare comprendere la differenza: quello che accadde in Italia tra il 2011 e il 2012( incremento dello spread tra titoli italiani e tedeschi) era stato accompagnato da un’impennata dei rendimenti italiani mentre quelli tedeschi continuavano a ridursi. L’andamento testimoniava come i simpaticissimi grandi investitori stavano vendendo titoli italiani per acquistare titoli tedeschi. Oggi la situazione francese è diversa, l’incremento rilevante dello spread è stato ottenuto principalmente grazie all’incremento della domanda dei titoli tedeschi.

Cosa deve fare il risparmiatore

Valutando la situazione “reale” in Francia, l’incremento dello spread non è affatto preoccupante. Non lo sarebbe in generale in condizioni normali, tuttavia, è normale destare massima attenzione. Se mai il nuovo governo dovesse prendere una strada che potrebbe procurare nocumento alle finanze pubbliche.

Poiché non è possibile prevedere cosa potrebbe accadere realmente in Francia, considerando che il “giochino” fatto all’Italia non potrebbe ripetersi, considerando che la BCE è in fase di normalizzazione della politica monetaria e quindi non accetterebbe mai manipolazioni “sleali” in un momento in cui è necessaria serietà, il risparmiatore non deve fare altro che occuparsi di detenere obbligazioni di tutti i paesi dell’eurozona senza appesantirsi su posizioni superiori al medio termine (sotto i dieci anni) anche di obbligazioni francesi.