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PASSATA LA FESTA GABBATO IL SANTO

bandiera europa

Dopo la recente tornata elettorale per l’elezione del nuovo parlamento europeo, il segnale che ha scandalizzato i media è la decisa virata a destra della esigua platea di elettori

di Luca Lippi

Posto che a destra va il consenso popolare ma non la politica, che da sempre se ne impipa dell’indicazione popolare, anche avesse
virato a sinistra, la platea di elettori sarebbe stata esigua ugualmente, esiguo per esiguo resta il dato che è una scelta chiara. Tuttavia, poiché nella maggior parte delle scelte politiche, a indicare la via è sempre la finanza – cui poco interessa “Franza o Spagna…” – chi resta col cerino in mano è il povero investitore. A questo punto la domanda è: se l’Europa va a destra, l’investitore dove va?

Effetti sui mercati finanziari

La politica non influenza in alcun modo i mercati finanziari, a crederlo sono rimasti solo gli italiani. La Finanza risente delle crisi e in minima parte delle scelte politiche. Nella sostanza, però, è sensibile esclusivamente alle politiche monetarie – che sono terreno esclusivo delle banche centrali – e agli impatti che queste politiche potrebbero avere sui conti delle aziende. Specificato che la politica monetaria è l’unica ad avere effetti su bond e equity (leggi obbligazioni e azioni), quello che deve interessare e osservare l’investitore è il taglio di 0,25 per cento del tasso da parte della BCE. Taglio di pura osservazione per entità e soprattutto perché Lagarde non ha dato alcuna indicazione sulla strategia che origina il taglio e come intende proseguire e perché. Senza un faro, gli investitori possono solo improvvisare.

Taglio troppo frettoloso da parte della BCE

È quello che dicono tutti, ma è veramente un’affermazione da simulazione in area di rigore. Pur concordando la necessità di una maggiore alfabetizzazione finanziaria, non è corretto indurre la platea di risparmiatori a credere che una banca centrale operi un taglio dei tassi per poi pentirsene. Non è una partita a carte dove qualcuno può dimenticare le carte uscite!

Il board della BCE sa benissimo quali sono i dati macro e conosce alla perfezione l’andamento dei prezzi. L’inflazione nei mesi di aprile e maggio era stabile al 2,40 per cento, poi a maggio è salita al 2,60 per cento. L’aspetto che preoccupa maggiormente la BCE sono i servizi, per citarne uno, la ristorazione, ma non solo.

In sostanza, l’inflazione è domabile e in parte domata, ma non scende quanto deve perché ci sono imprenditori che si ostinano a volere recuperare le perdite del periodo pandemico a spese dei consumatori. La ristorazione, come la grande distribuzione, specula sull’ultimo baluardo di gratificazione delle persone senza rendersi conto – o fregandosene – del danno che procura all’economia.

La BCE è molto preoccupata anche della crescita dei salari. Se i salari crescono non cambiano le abitudini dei consumatori, ma la crescita dei salari serve per proteggere il potere di acquisto, non fare aumentare i prezzi. Tuttavia se i prezzi salgono devono salire i salari e così all’infinito, non c’è un punto di rottura, e non deve essere necessariamente la recessione, che farebbe chiudere i ristoranti e metterebbe in crisi anche la grande distribuzione.

Previsioni BCE

La banca centrale europea prevede un tasso di inflazione del 2,5 per cento entro la fine dell’anno in corso, 2,20 per cento a fine 2025; 1,90 a fine 2026. L’obiettivo di riportare l’inflazione sotto il due per cento – salvo imprevisti – è tra due anni e mezzo!

Molti fanno riferimento alla regola di Taylor – complicata da spiegare in sintesi – per la quale il tasso di inflazione nell’area Euro sarebbe il sei per cento; per questo motivo puntano il dito sulla Lagarde che avrebbe anticipato troppo il taglio. Sfugge che l’Europa non è un’economia armonizzata! Il problema è la disparità dell’inflazione all’interno dell’area Euro, al 10 per cento nei paesi del nord-est e al 3 per cento le nazioni del sud Europa. Mantenere tassi alti per i paesi già al di sotto della soglia inflattiva potrebbe portarli in recessione e favorire solo chi ha un’inflazione alta. Inoltre, molti paesi dell’area hanno un debito pubblico elevato, di questo deve tenere conto la BCE.

Dove deve andare l’investitore

Avere in portafoglio delle obbligazioni con scadenza anche non brevissima va bene, sette dieci anni offre una sicurezza piuttosto solida. Andare su scadenze più lunghe, senza un’indicazione chiara da parte della BCE sulle mosse future, diventa piuttosto rischioso. Per quanto riguarda il mercato azionario, il ribasso dei tassi è un propulsore per gli indici azionari – tassi più bassi uguale costi inferiori di finanziamento per le aziende -. Tuttavia, se dovesse esserci una recessione e quindi una diminuzione degli utili aziendali, è piuttosto banale dedurre che l’azionario europeo subirebbe contraccolpi. A causa della scarsa armonizzazione tra le economie dei paesi dell’area euro, le scelte di politica monetaria della BCE potrebbero sfavorire alcuni paesi per salvarne altri. Quindi attenzione a posizionare pesantemente il portafoglio azionario sull’Europa. Equilibrio è la parola chiave.