Due miliardi investiti dall’Italia a favore dello stabilimento STMicroelectronics di Catania. Quest’ultimo avrà la mission di produrre grandi volumi di carburo di silicio da 200 mm per dispositivi e moduli di potenza, nonché per attività di test e packaging. Il sostegno fa parte di un investimento totale per lo stabilimento stimato in 5 miliardi
di Luca Lippi
Al netto di un “riposizionamento” dell’Italia, tra gli attori importanti di altrettanto importanti progetti in corsa, per rimanere saldamente attaccati al treno dell’innovazione tecnologica, c’è qualcosa di poco entusiasmante che smorza gli entusiastici peana dei media sull’avvenimento. La maggior parte delle persone, che si occupano di altro nella vita, pensano che la società italo francese sia una “straordinaria azienda” di innovazione tecnologica che fa microprocessori e che con la fanfara suonata a Catania, l’Italia sia improvvisamente diventata la nuova “sicilianvalley”.
Dispiace deludere le migliaia di “lettori in buona fede”, ma Stm fa microprocessori di base, quelli con minore tecnologia. La prova provata è che Stm in Borsa non vale niente mentre la vera società a valore aggiunto tecnologico, come Nvidia, trascina gli indici, capitalizza esponenzialmente. Pur facendo, come Stm, microprocessori, non chiede alcun aiuto governativo e da anni investe nell’IA. In sintesi, Stm produce processori molto basici, in pratica delle commodities, rispetto a quelli necessari per incidere concretamente sul mercato delle tecnologie ad altissimo valore aggiunto. Nella figura che segue, l’immagine che chiarisce quanto sopra:
La sintesi, purtroppo, è che una (Nvidia) è sul mercato e domina il suo settore arricchendo i suoi azionisti, l’altra (STM) ha bisogno di aiuti pubblici per sopravvivere. È lodevole lo sforzo di incentivare un’azienda, soprattutto è lodevole l’impegno di creare prospettive di lavoro qualificato, ma da qui a evocare miracoli la strada è lunghissima. È abbastanza ovvio pensare che i due miliardi di soldi pubblici – dei contribuenti italiani – sono la tassa per rimanere agganciati ai progetti di politica green rincorsi dall’Europa, già questo è sufficiente per sollevare da future responsabilità di squilibri di bilancio i singoli governi dell’Eurozona, tuttavia è utile – invece di incensare – far presente che per diventare competitivi in un settore che viaggia a velocità inimmaginabili, non saranno mai sufficienti dieci anni.
Raggiungere i livelli di sviluppo della Cina o degli Stati Uniti sui microprocessori significa impiegare dieci anni per raggiungere il loro livello attuale. Intanto società come Nvidia saranno andate avanti. È come volere attaccare il vagone ferroviario di un treno merci all’Eurostar. Nelle cerimonie festose consumatesi nell’Etna Valley, si è fatto riferimento a un consistente sviluppo della mobilità elettrica, comprese le colonnine di ricarica a sevizio delle auto con la spina, grazie alla produzione dei nuovi chip catanesi. Contestualmente, prendiamo atto che Volkswagen e Renault hanno affossato il progetto europeo denominato “Airbus” che avrebbe dovuto essere il consorzio europeo per l’auto elettrica.
È piuttosto complicato credere che da Catania possa nascere il nuovo polo concorrente a un’industria saldamente nelle mani dell’impero celeste mentre dalla tedesca Mercedes arriva la decisione di produrre motori a benzina anche dopo il 2035. Siamo tutti così vicini nel Vecchio Continente, eppure sembra di essere su pianeti diversi, nonostante gli oltre vent’anni da Maastricht.