È fuor di dubbio che le applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA) stanno pervadendo moltissimi ambiti del nostro operare quotidiano e, come atteso, questo sta avvenendo anche nella progettazione e nello sviluppo di nuovi candidati farmaci in tutte le aree terapeutiche. Quali sono i benefici nelle malattie rare?
Sebbene la a stima del numero totale di malattie rare nel mondo varia a seconda delle fonti e dei criteri di definizione, si ritiene che siano annotabili tra le 6.000 e le 8.000 patologie rare diverse a livello globale. Con una stima che circa il 6-8% della popolazione mondiale sia affetta da una malattia rara. I contributi dell’IA nella ricerca sulle malattie rare vanno oggi in 5 direzioni, chiaramente connesse fra di loro.
Identificazione di bersagli farmacologici terapeuticamente rilevanti
Una delle applicazioni più utilizzate dei metodi di IA è quella di facilitare l’organizzazione e l’analisi di grandi quantità di dati. Nel nostro ambito specifico di natura genomica e proteomica per identificare i potenziali bersagli farmacologici di interesse terapeutico. “Per le malattie rare, dove le informazioni a nostra disposizione possono essere limitate, l’IA può aiutare a identificare alterazioni del nostro genoma e delle proteine che esso codifica, che altrimenti sarebbero state molto più difficili da individuare in maniera accurata”, spiega Stefano Moro, Direttore del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova.
L’intelligenza artificiale, attraverso algoritmi di deep learning, può identificare potenziali bersagli in modo più accurato e rapido. Ad esempio, le piattaforme di intelligenza artificiale come AtomNet utilizzano la progettazione dei farmaci basata sulla struttura per prevedere come le diverse molecole del farmaco interagiranno con il bersaglio, migliorando così la precisione dello sviluppo del farmaco.
La formulazione del farmaco
Gli algoritmi di intelligenza artificiale possono prevedere la solubilità e la stabilità dei composti, facilitando una formulazione più efficiente. Un esempio è la Schrödinger’s computational platform che utilizza la modellazione predittiva per ottimizzare la struttura molecolare dei farmaci. Un altro dei primi progetti in tal senso è stato AlphaFold, che lavora con tecniche all’avanguardia per prevedere la struttura 3D di una proteina esclusivamente sulla sua sequenza genetica, rilasciando i dati in Open grazie all’AlphaFold Protein Structure Database (AlphaFold DB). Determinare la struttura 3D di una proteina senza IA richiede molti mesi o anni: con l’IA bastano pochi secondi. Nel luglio 2022, il team ha pubblicato le previsioni sulla struttura di quasi tutte le proteine catalogate conosciute dalla scienza, un database di 200 milioni di strutture.
“Una volta identificato il o i possibili bersagli terapeutici, i metodi di IA possono aiutare a prevedere quali molecole, anche tra quelle non ancora sintetizzate, possono interagire favorevolmente con specifici bersagli coinvolti nell’insorgenza o nella progressione della patologia rara”, continua Moro. Anche questo approccio di ‘screening virtuale’ può accelerare il processo di sperimentazione nei confronti della malattia rara e con un importante contenimento dei costi.
Riposizionare farmaci già esistenti in nuovi ambiti terapeutici
L’IA può essere utilizzata anche per verificare se farmaci già approvati per altre patologie potrebbero avere un effetto positivo su malattie rare senza introdurre effetti collaterali. Questo approccio viene definito “riposizionamento” dei farmaci già sul mercato. L’intelligenza artificiale accelera incredibilmente questi processi, perché consente di indirizzare più rapidamente i ricercatori nello sperimentare un farmaco nelle direzioni più promettenti, grazie alla capacità di processare rapidamente banche dati enormi di conoscenze del patrimonio genetico e delle proteine che questo poi traduce.
Ciò implica un importante contenimento dei costi, perché significa accelerare i tempi per arrivare alle sperimentazioni cliniche, dal momento che alcuni passaggi ad esempio gli studi di tossicità sono già state eseguiti.
Analisi di dati clinici
Oltre ai dati genomici e proteomici, i metodi di IA possono aiutare ad organizzare ed analizzare i dati provenienti da studi clinici, cartelle cliniche elettroniche e altre fonti diagnostiche. Per identificare correlazioni tra i dati clinici raccolti e la propensione all’insorgenza o al decorso della patologia. Ciò può aiutare a meglio comprendere meglio le malattie rare e a delineare le terapie più appropriate.
Man mano che gli algoritmi di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, la loro accuratezza predittiva probabilmente migliorerà ulteriormente, riducendo potenzialmente la fase di identificazione del bersaglio di diversi mesi.
Personalizzazione della terapia sulla profilazione del paziente
L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando anche gli studi clinici, principalmente nel reclutamento dei pazienti e nella progettazione degli studi. Utilizzando l’intelligenza artificiale, le aziende possono analizzare le cartelle cliniche elettroniche (EHR) per identificare i candidati idonei in modo più efficiente. Inoltre, gli algoritmi di IA possono ottimizzare i protocolli di sperimentazione, prevedendo il dosaggio e i regimi di trattamento più efficaci. Ad esempio, piattaforme basate sull’intelligenza artificiale come Antidote abbinano i pazienti alle sperimentazioni utilizzando l’elaborazione del linguaggio naturale, accelerando notevolmente il reclutamento.
Semplificare il reclutamento dei pazienti e la progettazione degli studi può ridurre i tempi di sviluppo dei farmaci, anche se la complessità degli studi clinici implica che sarà ancora necessaria una certa supervisione manuale.
“È vero per tutte le patologie ma lo è in particolare per quelle rare: ogni paziente è prezioso”, conclude Moro. “Se dovessimo tracciare un orizzonte ideale di applicazione dei metodi di IA in quest’ambito l’auspicio più sentito è sicuramente quello di arrivare a sviluppare terapie personalizzate in base allo specifico profilo genetico, ottimizzando così le risposte individuali ai singoli trattamenti farmacologici.”
Fonte: Cristina Da Rold, Osservatorio Malattie Rare