Cappellacci, non è accettabile che livello nazionale dà standard e poi le regioni vanno da sé
“Lo screening è senza dubbio la via maestra che dobbiamo seguire, che sia pre-natale o neonatale. Ma è necessario ridurre al minimo la scelta delle Regioni su cosa si possa fare lo screening e su cosa invece no”. Lo ha detto il Vicepresidente della Camera Giorgio Mulè intervenendo al tavolo dal titolo “Malattie rare e prevenzione: un cambio di paradigma per screening, diagnosi e cura” organizzato da Consenso Europa con Revvity presso Palazzo Soderini a Roma.
“La politica – ha continuato Mulè – deve rimettersi alla scienza altrimenti combina guai. La scienza ci dice che è fondamentale anticipare il problema attraverso screening di massa. Lo abbiamo fatto recentemente finanziando e disciplinando lo screening per il diabete di tipo 1 e per la celiachia. Una legge driver rispetto a quanto bisogna fare per le malattie rare”.
Ugo Cappellacci, presidente della commissione affari sociali della Camera dei Deputati ha condiviso le parole di Mulè sulla necessità di ampliare screening prenatali e neonatali ma anche lui ha espresso perplessità sulla attuale situazione relativa alla gestione dei Lea: “da sempre mi considero un autonomista – ha spiegato – ma nel caso della sanità e nello specifico delle malattie rare non è accettabile un meccanismo in cui il livello nazionale dà la linea standard ma poi ai livelli regionali ognuno va per sé. Purtroppo in Italia il diritto alla salute si espande o si contrae a seconda del luogo in cui si nasce e questo è intollerabile perché il nostro Sistema Sanitario Nazionale deve essere universale, equo e sostenibile”
Il tavolo è stato aperto da un video messaggio del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato che ha ricordato un investimento di 50 milioni da parte del Governo per le malattie rare “da dividere tra le Regioni. Un incremento – ha aggiunto – della potenza di fuoco per migliorare le cure dei nostri pazienti”.
Madhuri Hegde, Chief scientific officer Revvity, multinazionale di life sciences che sviluppa nuove tecnologie per la diagnostica e gli screening, ha sottolineato invece la necessità di passare da una medicina sintomatica ad una medicina predittiva: “attraverso screening di massa – ha spiegato – grazie ad un sistema che sia composto da una serie di elementi come lo screening neonatale, una diagnosi, un follow up e una gestione. Un sistema che produca non solo la capacità di avere un rilevamento precoce della malattia ma anche una importante riduzione dei costi per il sistema sanitario. Negli USA infatti – ha aggiunto – oggi le malattie rare incluse negli screening sono 37 ma 27 sono quelle secondarie che ciascuno Stato può inserire a seconda delle disponibilità economiche”.
Al tavolo hanno partecipato associazioni di pazienti, esperti e ricercatori del settore e professori universitari. Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice responsabile OMAR – Osservatorio malattie rare si è soffermata sull’importanza dei NIPT (test prenatali non invasivi) e la necessità di inserirli al più presto nei LEA: “tutti ormai nella popolazione conoscono l’amniocentesi, e in tantissimi la eseguono, non altrettante persone sanno che sono disponibili anche test prenatali non invasivi, affidabili e accurati. Non solo non tutti lo sanno ma, peggio, anche chi sa non è detto che possa permetterselo, perché questi test non sono nei LEA e dipende dalle regioni darli in esenzione o lasciarli a carico della coppia: è evidente che qui le questioni scientifiche lasciano il passo a questioni di politiche sanitarie ed economiche e questo non è giusto”.
Revvity