Il 12 marzo ultimo scorso la direttiva europea sulle case green ha ricevuto il “via libera” finale. Cosa ne sarà dei nostri immobili alla luce di questa nuova direttiva europea?
di Luca Lippi
Cominciamo col dire che l’obiettivo della direttiva è raggiungere emissioni inquinanti “zero” entro il 2050 per l’intero patrimonio immobiliare europeo. L’intesa politica che è stata trovata – dopo diversi mesi di negoziazione – ha ammorbidito le restrizioni eccessive previste nella proposta originaria della Commissione Europea. La direttiva stabilisce un percorso fino al 2050. Dal 2030 tutti i nuovi edifici di edilizia residenziale dovranno essere costruiti a emissioni “zero”.
Cosa succede agli immobili esistenti
Sottolineiamo che la direttiva parla di obiettivi e non di vincoli, quindi nessuna restrizione alla vendita o obbligo bruciante di ricondizionare gli immobili. Molto peso avranno le implementazioni nazionali alla direttiva. Per le case private si applicherà da subito un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20/22% entro il 2035. In ogni caso, i paesi in autonomia possono concedere esenzioni per gli edifici storici. Quest’ultimo è il caso dell’Italia che di edifici storici è piena. Ulteriori esenzioni sono previste per gli edifici agricoli, edifici con destinazione per scopi militari e edifici utilizzati temporaneamente (seconde case).
Dall’entrata in vigore della direttiva, i ventisette paesi dell’area UE hanno tempo due anni per presentare a Bruxelles il piano di ristrutturazione nazionale. L’aspetto più importante è che il vecchio spauracchio di migliorare di due classi energetiche entro due anni – irrealizzabile – è scomparso con la nuova direttiva. Le caldaie a gas saranno messe al bando dal 2040, ma già dal 2025 potrebbero essere sospesi gli incentivi per istallarle.
Cosa manca
Mancano prima di tutto le regole per il raggiungimento degli obiettivi, soprattutto mancano indicazioni su come saranno finanziati gli interventi di efficientamento. Nessuna traccia di risorse europee per finanziare incentivi. Manca anche l’obbligatorietà. La direttiva indica un percorso, quindi è nella responsabilità dei singoli paesi la modalità di esecuzione delle indicazioni europee. Di fatto, anche questa direttiva rientra nel novero di altre – come la vigilanza sui limiti di inquinamento – rispetto alle quali, se uno stato non rispetta i vincoli temporali andrà in contro a una multa. l’Italia di multe – per esempio sull’inquinamento atmosferico – ne paga già da anni, quindi non è da escludere che anche per questa direttiva si vada incontro a un pagamento di multe senza muovere un dito.
Interventi prevedibili
Sicuramente i singoli stati, vista la percentuale di efficientamento richiesta nell’immediato futuro (16% e poi 20%), provvederanno a individuare gli edifici più inquinanti e pianificheranno un intervento dall’interno (impianti di riscaldamento), invece che esterno (cappotto termico).
Quali ripercussioni sul mercato immobiliare
Probabilmente la direttiva riscuoterà un successo pari al topolino partorito dalla montagna, tuttavia chi cerca nuovi immobili già si pone il problema del consumo energetico in osservanza delle proprie tasche – della Ue se ne infischiano -. In sostanza il mercato immobiliare non si pone solo il problema del costo dell’immobile, ma anche i costi di gestione e primo fra tutti, pretende di dover risparmiare sui consumi energetici. Detto questo, se è lecito per un compratore pretendere un efficientamento dell’immobile individuato per l’acquisto, è altrettanto vero che senza incentivi, nessun venditore avrà la possibilità di intervenire strutturalmente sull’immobile da vendere per renderlo più appetibile (non dobbiamo dimenticare che il 50% delle famiglie italiane è in forte difficoltà economica).
Con il recente stop alla cessione del credito e agli sconti in fattura (notizia del 27 marzo) non si delinea all’orizzonte la possibilità di incentivare una ristrutturazione mirata. L’ultimo provvedimento (bonus 110%) ha generato truffe (7 miliardi ai danni dello stato) e esborsi ai limiti della ragionevolezza per i quali pagheremo per i prossimi dieci anni prima di tornare a un’apparente normalità, sperando non capiti nulla di imprevisto.
In conclusione, da un lato ci sono degli obiettivi da raggiungere, dall’altro per compiere il percorso verso gli obiettivi è necessario uno strumento incentivante che allo stato dell’arte il governo potrà mettere a disposizione solo dopo aver colmato la drammatica voragine creata col bonus 110 per cento. Tutto questo sclerotizza il mercato immobiliare che non vede venditori e neanche acquirenti, senza un mercato i prezzi non scendono e non salgono, non c’è alcuna possibilità che i piccoli proprietari provvedano di tasca propria a migliorare il proprio immobile a vantaggio di un “presunto” acquirente.