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UROLOGIA, LA RIVOLUZIONE ROBOTICA

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Urologia Robotica: i vantaggi delle nuove tecniche per i tumori della prostata, del rene e della vescica

di Lidia Tamburrino

Andrea Cocci opera nel reparto di Urologia Oncologica Mini-Invasiva Robotica ed Andrologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze. Ha avuto esperienze di lavoro in Spagna, Cile, Inghilterra, dove ha trascorso un anno, prima a Bristol, presso il prof. Marcus Drake e successivamente a Londra, presso il prof. David Raltk. Per fare studi di anatomia funzionale femminile e studi di chirurgia funzionale maschile. Ha affinato la pratica della chirurgia robotica in Belgio, presso il prof. Motrie. A Firenze ha vinto il dottorato di ricerca sulla chirurgia pelvica e genitale maschile. È ricercatore, urologo e andrologo presso il Dipartimento di Urologia e Andrologia dell’Università di Firenze.

Quale utilizzo di chirurgia robotica si fa in ambito urologico?

È una tecnica che esiste da almeno dieci anni. È semplicemente la combinazione della chirurgia laparascopica con l’ausilio della metodica robotica, vale a dire un robot che ha la capacità di affinare sia i movimenti del chirurgo sia la qualità dell’immagine del campo operatorio.

Quali sono i vantaggi?

Non si fanno accessi con tagli, ma solo con fori e questo comporta minore dispersione del calore del paziente, che è uno dei fattori che rende il post-operatorio più lungo e più difficoltoso, con un recupero molto più lento. Il secondo vantaggio consiste nel fatto che non viene tagliata nessuna fascia muscolare e quindi il dolore post- operatorio è estremamente minore ed il recupero più rapido. Inoltre, la visione magnificata e i movimenti più delicati consentono la preservazione di strutture nobili, quali, ad esempio, quelle nervose.

Quali interventi si possono svolgere con l’ausilio della robotica?

Sono tre grandi interventi, quelli principali. La prostactomia, l’intervento di rimozione della prostata in caso di tumore; l’asportazione dei tumori renali e l’asportazione della vescica in caso di tumore.

Il tumore alla prostata rappresenta il primo tumore per incidenza nell’uomo; i tumori renali sono molto meno frequenti e non hanno ad oggi una chiara eziologia. Il tumore della vescica è molto diffuso, perché è strettamente e quasi esclusivamente legato al fumo.

L’applicazione della robotica a questi tumori ha vari vantaggi. Il tumore alla prostata è legato a due possibili complicanze: l’incontinenza e la disfunzione erettile. Con l’avvento della chirurgia robotica l’incontinenza è praticamente scomparsa; è molto difficile vedere pazienti incontinenti dopo queste tipologie d’intervento ed anche quando questo avviene sono incontinenze molto leggere, che hanno una durata di poche settimane.

Con la chirurgia open o anche con la laparascopia classica era praticamente impossibile mantenere l’erezione, oggi, nei casi in cui il tumore lo permette, la chirurgia robotica ha la possibilità di preservare le strutture nervose e, tramite un’adeguata riabilitazione, far recuperare al paziente se non la totale erezione, un buon 80-90% di quella che possedeva. E questo è realmente un grande passo in avanti.

I tumori del rene e della vescica

Sulla parte renale è ancora più impattante la chirurgia robotica, perché precedentemente l’intervento per eliminare un tumore del rene era non solo fisicamente gravoso per il paziente, perché andava quasi sempre rimossa una costola, per accedere al rene. Ma soprattutto siamo in grado di preservare, nella maggior parte dei casi, l’integrità di tutto il rene e questo naturalmente rappresenta un vantaggio incredibile se pensiamo all’aspetto della funzionalità renale.

Per quanto riguarda il tumore della vescica, pensiamo a quanto sia problematica la sua rimozione per un individuo, perché ha come conseguenza una reale perdita di autonomia. Togliere la vescica significa collocare dei sacchetti sulla pelle nei quali si deriva l’urina. Oggi, invece, nella maggior parte dei casi, è possibile con la chirurgia robotica ricostruire la vescica grazie ad un pezzo d’intestino che viene prelevato e configurato a forma di vescica e quindi ridare un’apparente, simile funzionalità urinaria tramite una ricostruzione interamente intracorporea. Questi sono gli interventi maggiormente diffusi nei centri a maggior volume, quali possono essere i policlinici.

Che differenza c’è per il chirurgo tra un intervento open e un intervento con chirurgia robotica?

L’intervento open è estremamente stressante e lungo da svolgere, mentre l’intervento con l’ausilio del robot è molto comodo: in una sala operatoria si possono svolgere tre-quattro interventi al giorno contro i due massimo tre interventi che si potevano svolgere con la chirurgia tradizionale.

Molti affermano che le nuove generazioni dei medici non sanno più operare con la modalità tradizionale. Lei condivide questa valutazione?

Ad oggi, la necessità di fare interventi open ed interventi in urgenza, è estremamente diminuita, ma logicamente ci deve essere, all’interno di un Istituto una persona che abbia una forte esperienza anche di chirurgia open. Ricordiamoci che oggi i team sono multidisciplinari: nel caso ci sia un trauma multi-organo con la necessità di fare un intervento open in urgenza, ovviamente ci dev’essere un’equipe mista chirurghi-urologi. Così da gestire quella complicanza, obbligo che ha un policlinico. Sicuramente non si può pensare di addestrare le giovani generazioni a realizzare interventi open estremamente demolitivi e impattanti sugli individui nell’ipotesi che tutti debbano essere formati per quelle tre urgenze all’anno.

Lei usa la telemedicina?

La utilizzo in forma limitata. È utile nel caso di determinate tipologie che non implicano il controllo del corpo o magari nei controlli per pazienti che sono impossibilitati a muoversi. Ma le prime visite, in particolare dei pazienti che vanno incontro ad un intervento chirurgico, vanno fatte di persona, perché toccare fisicamente la pancia del paziente, vedere il volto del paziente mentre gli si spiega la situazione, è tutta un’altra cosa.