Le modifiche apportate ai test di accesso a Medicina, dopo le polemiche e i ricorsi al Tribunale amministrativo regionale dello scorso anno, hanno condotto a poco
di Pietro Romano
A causa del numero massiccio di esposti al Tar, le prove quest’anno sono addirittura saltate e rimandate dal corrente mese di febbraio, come erano state in precedenza calendarizzate, così da fare ragionevolmente ipotizzare un iter che si concluderà a ridosso dell’estate.
Insomma, anche il sistema Tolc Med (che aveva sostituito la prova unica nazionale) ha già mostrato la corda. Costringendo il ministero dell’Università ad ammetterne le criticità. Difficilmente lo si potrà sopprimere, avendo cadenza biennale, ma pare che il rattoppo sia stato peggior del buco, viste le conseguenze pratiche che ha avuto.
La titolare del dicastero competente, Anna Maria Bernini, ha anche esplorato la possibilità di introdurre nuove forme di accesso a Medicina, proponendo un semestre comune prima del test. Di certo, non esiste la possibilità di permettere a chiunque l’accesso a questa facoltà. Non tanto per chissà quale genere di chiamata divina debba essere prevista quanto più probabilmente per carenza di strutture, di docenti, di spazi, di fondi. Il numero chiuso nella sua versione ultra rigorosa, però, ha fatto il suo tempo.
La foto scattata dall’Istat del comparto medico nazionale
Secondo l’Istituto centrale di statistica, i medici italiani in servizio sono mediamente i più anziani d’Europa, considerato che oltre il 55% di loro conta più di 55 anni. Sono i medici specialisti quelli sui quali maggiormente incide l’età. Nessuno si lamenti di questo, però. E non solo perché il medico esperto è un punto di forza, non di debolezza. Ma anche perché l’alternativa è il deserto. A causa del sistema pensionistico e delle riforme che lo hanno modificato in profondità negli ultimi tre decenni, infatti, nei prossimi anni si registrerà un’autentica emorragia di camici bianchi. Una emorragia destinata a non arrestarsi che tra cinque o sei anni. Tanto che si accumulano le proposte di allungare l’età della pensione, ovviamente su base volontaria. Anche dello svuotamento della professione, comunque, è bene che le proposte di riforma dell’accesso a Medicina tengano conto.
Nel contempo, va affrontata senza remore e perdite di tempo la questione delle retribuzioni. La calamita estero è sempre più potente.
Nel frattempo che una nuova classe medica possa affacciarsi alla professione occorre fare presto. Ma presto davvero. E l’unica strada percorribile – considerato che le retribuzioni più basse della media europea non sono in grado di attrarre medici dall’estero – è quella dell’allungamento, laddove è possibile, dell’attività.
Sarà banale ma non ci appare percorribile altra strada, al momento. Forse si potrebbe pensare a togliere ai medici qualche incombenza, soprattutto nelle strutture, a favore di altre attività sanitarie ma questo è argomento conteso e controverso. I medici che decidessero di rimanere in attività – in cambio di riconoscimenti economici e non, non certo per evitare penalizzazioni – andrebbero considerati dalle istituzioni, dai cittadini, dai colleghi però non certo degli egoisti, come pure potrebbero rischiare, ma benemeriti.
Come chiunque decida in questa fase storica, di fronte a un invecchiamento evidente della popolazione media e a una crisi demografica con scarsi precedenti, di rimanere in attività oltre l’età della pensione. “Benemeriti dell’umanità” li ha definiti il “Financial Times”, il giornale economico britannico considerato tra i più autorevoli del mondo.