Gli obiettivi di decarbonizzazione assunti dalla Ue hanno indotto alla creazione di un meccanismo denominato ETS. Quest’ultimo prevede il pagamento di un costo per la CO2 immessa nell’ambiente. Così da spingere gli operatori “inquinanti” a fare il possibile per limitarne la produzione. L’obiettivo – ambizioso per la Ue ma inutile per il pianeta – sarebbe di prevenire i cambiamenti climatici riducendo drasticamente le emissioni di CO2 entro il 2030 e azzerarle entro il 2050
di Luca Lippi
Data questa premessa, è doveroso sorvolare se la CO2 abbia veramente un impatto sul clima o meno – nonostante gli strali di annoiati salottieri – più utile sottolineare che l’UE produce l’8% della CO2 mondiale. Tutti questi sforzi e la distruzione del tessuto industriale del Vecchio Continente è del tutto inutile o ininfluente. La Cina produce, e continuerà a produrre il 30% di CO2. Gli Usa il 14%, l’India il 7% e il resto del mondo il rimanente 41%. Questi numeri servono per far comprendere che dietro questa “manovra” c’è altro ed è tutt’altro che un intento nobile.
Sistemi di quote di co2
Quello che viene presentato come “indispensabile” per salvare il pianeta, alla prova dei fatti non è altro che un pacchetto di strumenti di finanza creativa e speculazione economica. Con la Direttiva 2003/87/CE (ultima modifica UE 2018/410), dal primo gennaio 2005 i grandi emettitori di CO2 non possono più esercitare senza un’autorizzazione alle emissioni di gas serra. Dalla direttiva è derivato il European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS). Secondo cui ogni impianto autorizzato deve compensare, con cadenza annuale, le emissioni con quote che possono essere comprate e vendute dai singoli operatori interessati. È il primo, e tutt’ora più grande sistema internazionale – nonostante il misero otto per cento – per lo scambio di quote di emissione al mondo. Il piano, è stato introdotto nel 2005 ed è suddiviso in quattro fasi, ognuna con numerosi cambiamenti.
Come funziona
È un mercato europeo del carbonio, in cui i produttori possono acquistare e vendere quote per regolare le loro emissioni di CO2. Un mercato che non è mai esistito prima! Questo mercato è diventato una calamita per speculatori. L’andamento anomalo dei prezzi delle quote ha spinto alcuni Paesi dell’UE a richiedere una verifica sul corretto funzionamento del mercato. Lo scorso anno l’ESMA (Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati) ha negato che ci fossero “manipolazioni” nel sistema ETS. Anche se – leggendo con attenzione il rapporto – emergono un’infinità di contraddizioni. Per esempio una minimizzazione esagerata dell’influenza nel manipolare il mercato della CO2 da parte di società che fanno trading ad alta frequenza curiosamente con sede nel Regno Unito e negli Stati Uniti (fonte). Inoltre con l’impennata del costo del gas, dovuta alla guerra in Ucraina, la domanda di carbone è aumentata rendendo più costose le quote. Naturalmente tutto questo si ripercuote sui prezzi al consumo e sulle bollette.
A proposito di bollette
Se il mercato ETS fino ad ora è stato qualcosa di sconosciuto e molto lontano riguardando solo le grandi aziende, con l’ETS2 questo sistema sta espandendosi in altri ambiti avvicinandosi pericolosamente ai cittadini e ai loro portafogli. Infatti dal 2027 questo sistema si applicherà anche ai trasporti privati, al riscaldamento degli edifici, allo smaltimento dei rifiuti e al traffico marittimo. Le conseguenze sono facilmente deducibili. Se la speculazione degli ultimi anni non è stata abbastanza, dal 2027 sicuramente ci sarà un’ulteriore impennata dei prezzi, del gas e della benzina. Se il prezzo della quota di CO2 raggiugerà i 200 euro – secondo le previsioni degli analisti del settore, stima molto probabile – ci sarà un sovrapprezzo di 53 centesimi per litro sul prezzo del gasolio e di 47 centesimi per litro di benzina. Considerando che le quote di CO2 non sono schemi obbligatori imposti dai governi, naturalmente c’è un mercato volontario della CO2 all’interno del quale avviene la compensazione tra aziende di CO2 emessa. Vendere queste certificazioni ha un volume d’affare che vale due miliardi (ad oggi) ma questo volume è destinato a quintuplicare nei prossimi anni.
Chi vigila sulla speculazione
Allo stato dell’arte, giornalisti d’inchiesta del settimanale tedesco Die Zeit, del britannico Gaurdian e da SourceMaterial, hanno fatto emergere che il 94% dei crediti di Verra (azienda statunitense di consulenza specializzata che ormai domina il mercato) erano crediti fantasma.
E non è finita qui! Sebbene al momento è solo una teoria, c’è già chi sta progettando “le quote personali di CO2”. Proposta innovativa messa a punto da un gruppo di ricercatori internazionali tra cui anche l’italiano Francesco Fuso Nerini, direttore del KTH Climate Action Centre di Stoccolma.
Le quote personali
Dunque è allo studio un mercato delle quote personali e prevede che a ogni adulto venga attribuita una quota di CO2 da spendere (Fonte) «Questa sfida, che solo alcuni anni fa fu giudicata troppo in anticipo sui tempi, secondo i ricercatori è oggi invece tornata d’attualità. Necessaria, anzi, se davvero si vorrà, come previsto dall’Onu attraverso l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), arrivare all’azzeramento delle emissioni globali nette entro il 2050.».
Nell’articolo citato come fonte il professor Francesco Fuso Nerini afferma (guarda un po’!): «Gli effetti della pandemia sui comportamenti delle persone, oltre allo sviluppo della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, hanno infatti creato le condizioni per rendere più facilmente praticabile l’introduzione delle quote personali di carbonio».
A questo punto tutto torna!
Chi usa – quasi tutti – le app delle banche per disporre del proprio conto corrente online, avrà distrattamente incrociato i messaggi di CO2 di ogni transazione. Con questo sistema stanno cercando di normalizzare la percezione della CO2 personale, non soltanto quella già nota. Se poi dovessimo pensare anche alla CO2 prodotta con la respirazione!