È consuetudine, a ridosso della fine dell’anno, imbastire delle previsioni per il nuovo. Accade in Economia come in altre scienze o para scienze. Chi scrive utilizza metodologie matematico/statistiche messe a punto in anni di esercizio professionale, ma il progresso offre elaborazioni già belle e pronte
di Luca Lippi
L’ International Monetary Fund (imf.org) offre interessanti report già pronti su cui basare ulteriori riflessioni. Dall’immagine che segue si legge che l’economia globale ha subito un rallentamento dal 2022 al 2023 e si prevede uno stallo o lieve peggioramento nel 2024. Riguardo le Economie avanzate, l’andamento non è diverso dal precedente: nel 2024 c’è una sostanziale stabilità rispetto al 2023 con una impercettibile decelerazione.
Stabili invece le Economie in via di sviluppo; all’interno di questo gruppo ci sono la Cina e i Paesi del Sudamerica.
Nella figura che segue, invece, osserviamo le singole aree da cui osserviamo con maggiore attenzione l’area UE e l’area US.
Salta all’occhio, anche dei meno esperti, che in Europa c’è stata una grande frenata tra il 2022 e il 2023. Tuttavia IMF.org prevede una forte accelerazione nel 2024. La previsione non è altrettanto confortante per gli USA. A questo punto la domanda più ovvia sarebbe: perché la UE crescerebbe mentre gli USA arresterebbero la loro crescita? La risposta è piuttosto intuitiva per chi fa analisi professionalmente – sottolineiamo che siamo nel campo delle previsioni. La UE ha sofferto prima, dal punto di vista della crescita economica, rispetto agli Stati Uniti. La recessione tecnica nel 2022 è già stata una realtà in Olanda, in Svezia; la Germania c’è passata e probabilmente a gennaio tornerà in recessione.
Questa sofferenza stimola la riflessione degli analisti economici dell’IMF che non possono ignorare l’intervento della BCE, pronta a tagliare i tassi in maniera più profonda, rispetto alla FED che vigila su un’Economia molto più resistente.
Inflazione
Conseguentemente – stavolta ci affidiamo alle previsioni OCSE – l’inflazione è prevista in contrazione nell’area Euro, negli Usa, in Gran Bretagna e in Giappone. L’unica che non manifesta una contrazione nella curva inflattiva è la Cina. Quest’ultimo dato è positivo per la Cina che è in deflazione, e la deflazione è uno stato pericoloso per l’Economia; siccome l’Economia cinese si è un po’ addormentata nel 2023, la banca centrale della Repubblica Popolare Cinese stimolerà i consumi creando un ribalzo inflattivo necessario e sufficiente.
Taglio dei tassi
La OECD (Organization for Economic Cooperation and Development) stima che ci saranno tagli da parte di tutte le banche centrali (tranne in Giappone che è in QE), ma sono tagli modesti rispetto alle aspettative degli operatori economici. Sostanzialmente la previsione è di un aggiustamento di pochi punti base, per quasi tutte le economie convergenti su quota 4% per il 2024. Significa che le banche centrali temono una recessione – come abbiamo già scritto – ma non possono comportarsi come se la recessione fosse già una realtà. Per questo motivo correggono con piccoli stimoli per sondare la reazione dei mercati e degli operatori finanziari, cercando conferme su una sostanziale solidità dell’economia che è il tavolo su cui devono operare.
L’indice PMI
Questo indice è il più importante da osservare. Si riferisce al manifatturiero, ai servizi e alle costruzioni; indica l’occupazione e gli ordini delle merci immagazzinate da parte dei responsabili acquisti che accumulano materie prime destinate alla produzione industriale. Secondo JP MORGAN, il PMI globale del manifatturiero – che non ha avuto grandi movimenti nel 2023 – si troverà a muoversi lateralmente anche nel 2024, sotto la soglia di 50 che delimita la contrazione dall’espansione economica.
Il PIL nel 2024
Il Pil, rimane sostanzialmente positivo nella più grande economia del pianeta (USA), tuttavia è in discesa. In Economia, ma anche in Finanza, il fatto che i numeri siano positivi sono una condizione del tutto soggettiva. Quello che interessa è sempre la rilevazione oggettiva, e nel caso degli Stati Uniti il Pil è in discesa. Il Pil reale del quarto trimestre del 2023 è più basso rispetto al terzo trimestre dello stesso anno, e la stima per il primo trimestre del 2024 – secondo modelli matematico statistici che è inutile spiegare nel dettaglio perché richiedono conoscenze che sono appannaggio di che segue la materia professionalmente – è in ulteriore discesa pur rimanendo positivo. Di fatto, essendoci due letture negative consecutive, dobbiamo prendere atto che gli USA sono vittima di una recessione tecnica.
Dunque nel primo trimestre del 2024, per gli USA si prevede una stagflazione al 40% e una deflazione al 44%. Com’è possibile? La differenza tra un regime di stagflazione e di deflazione è l’inflazione. Se l’inflazione rallenta – in entrambe i regimi economici rallenta il PIL – in deflazione l’inflazione scende, in stagflazione scende il PIL ma sale l’inflazione. Siccome il PMI statunitense ha variazioni molto lievi, è facilmente ipotizzabile scivolare in un regime di stagflazione o deflazione.
Il 2024 in Europa
Per quanto riguarda l’Europa, rispetto agli Usa, siamo in una situazione completamente diversa. Riguardo la crescita economica (PIL) siamo in presenza di un appiattimento piuttosto sconfortante che dura dal terzo trimestre del 2022, con un’inflazione sempre più vicina al 2%. Quest’ultimo dato non è negativo perché permette alla BCE di valutare con meno pressione un taglio dei tassi per stimolare un’economia che non cresce da troppo tempo.
Riguardo il PMI l’Europa è in contrazione (sotto 50) e la Germania – la più grande economia dell’eurozona – è quella che soffre più di tutti gli altri paesi.
Il PIL dell’Europa ha una decisa decelerazione dal terzo trimestre 2023 al quarto trimestre dello stesso anno, tuttavia si prevede un rimbalzo nel primo trimestre 2024. Il rimbalzo è una questione tecnica che trova energia dall’eccessiva contrazione dell’ultimo trimetre del 2023 – oltre l’elaborazione matematico/statistica – ma il valore sarà comunque più basso di quello rilevato nel terzo trimestre 2023. In sintesi: per il 55 per cento delle probabilità dovremmo essere in Reflazione (regime economico in cui c’è crescita economica ma cresce anche l’inflazione). La crescita dell’inflazione potrebbe essere un problema per i trimestri successivi al primo del 2024. Se l’inflazione continua a crescere nel primo trimestre del 2024, la BCE non opererà nessun taglio dei tassi, infatti la previsione è che la BCE osserverà, lasciando immutato il quadro attuale, fino alla chiusura del secondo trimestre 2024.
In conclusione
Il quadro appena descritto, in sintesi, è quanto possibile prevedere per l’inizio del nuovo anno. Tuttavia è utile ricordare che basta inserire dati disponibili anche solo da domani per modificare il risultato dell’elaborazione di cui sopra.
I dati di domani non si conoscono oggi e questo fa comprendere che la previsione del futuro è pura utopia per chiunque. La degna conclusione la rimettiamo nelle parole di uno dei più grandi economisti del secolo scorso: «Nel lungo periodo siamo tutti morti». Era la risposta di John Maynard Keynes a chi criticava l’applicabilità dei suoi modelli matematico statistici al lungo periodo. Questo non significava cassare a priori gli sforzi per allungare l’orizzonte visivo di processi economici, piuttosto intendeva sollecitare l’urgenza di equipaggiare il sistema economico con strumenti appropriati già nel presente, per prevenire e intervenire, senza farsi cogliere impreparati, gli eventi. Oggi siamo attrezzati assai meglio del secolo scorso, quindi possiamo osservare il futuro con un margine di errore minimo, come è stato fatto per l’elaborazione che ha prodotto la disamina di cui sopra, ma rimane una certezza, gli oracoli non esistono in economia.