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IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA

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La Germania è drammaticamente in difficoltà, il suo PIL crolla dello 0,4% e questo si chiama recessione. La Germania è la più grande economia dell’area euro e quando va in difficoltà sono problemi per tutti, Italia compresa. Ma, economicamente, quando parliamo di Europa, abbiamo presente a quale area geografica facciamo riferimento?

di Luca Lippi

Tutti fanno corrispondere la UE al continente europeo. Tuttavia basterebbe la Brexit per farci comprendere che non è così; parimenti anche la guerra in Ucraina dovrebbe far comprendere che UE e continente europeo non è un’equazione. Economicamente, nessuno può parlare di UE ignorando l’influenza della Gran Bretagna, dell’Ucraina e la Russia, seppure quest’ultima assai lontana dalla percezione di Europa. La Russia insiste sul continente europeo giacché è inimmaginabile pensarla fuori dalle dinamiche economiche nonostante la sua alterità per eccellenza dall’area europea. In estrema sintesi gli attori coincidenti all’area geografica dell’Europa sono molto rilevanti per il futuro stesso dell’Unione Europea e non possono essere ignorati o esclusi per la loro influenza economica.

Se non fosse esplosa la questione Russo/Ucraina, sia l’Italia sia la Germania avrebbero proseguito nei loro eccellenti rapporti di scambio per le forniture di Gas (e non solo). Evitando il contraccolpo critico dei prezzi che tanto hanno zavorrato gli utili aziendali di troppe aziende. La più parte delle quali ha dovuto chiudere le saracinesche, aumentando il disagio delle economie locali e a domino europee.

Altro attore fondamentale, ai margini dei confini fisici dell’Europa, è la Turchia. Pedina assai importante per l’Europa perché regola i flussi migratori in cambio di sovvenzioni che l’Ue paga molto volentieri; quindi insistendo anch’essa – passivamente – sull’economia dell’area euro. Tre esempi – Russia, Ucraina e Turchia – per spiegare semplicemente quanto sia riduttivo, economicamente, pensare alla UE come un “villaggio” totalmente impermeabile alle influenze esterne.

La Germania

Questo paese importantissimo per l’economia dell’intera eurozona è stata la più granitica sostenitrice del NO agli aiuti alla Grecia in crisi. Venti miliardi per salvarla, poi però, ha sollecitato il recovery fund. Un atteggiamento eufemisticamente sclerotico che, senza mezzi termini, pone dei dubbi sulla investitura a cuor leggero di guida all’interno della UE.

Entrando nella psiche dei tedeschi, dobbiamo valutare due elementi: il primo di carattere collettivo. I tedeschi nei confronti del debito hanno una visione morale assai diversa della nostra, colpa e debito per i tedeschi sono la stessa parola. Il secondo elemento è una visione economica che diventa una branca della filosofia morale per i germanici. Emerge con forza quando di fronte alla scelta di abbandonare il Marco per adottare la moneta unica, la prima reazione è stata l’isolamento; contrapposto alle istanze di Italia Francia e Gran Bretagna. Di fronte al sacrificio di dover rinunciare alla loro moneta, i tedeschi sottolinearono la scarsa propensione a condividere oneri con altri paesi dell’unione. Col tempo, razionalmente accettarono ma dopo avere ottenuto molto più di altri
nelle trattative per arrivare al punto di caduta dell’Euro. Ampliando nettamente il suo mercato di esportazioni, la seconda manifattura del continente – la nostra – è entrata in quella tedesca fino a non reggere più il confronto e altre cessioni di sovranismo che non è utile elencare perché sono sotto gli occhi di tutti da anni.

Il problema allo stato dell’arte è che la Germania non sa, o non vuol far sapere, cosa vorrà fare da grande.

Le criticità europee

Al netto delle questioni germaniche, l’area euro ha un problema che rende nebuloso il suo futuro sopra tutti gli altri: la questione demografica. L’Europa non fa figli – l’Italia è il Paese più vecchio del mondo – e non attrae immigrazione qualificata. Non quanto gli Stati Uniti che, oltre essere il continente più giovane, ancora è l’area economica che offre maggiore attrattiva. La competizione nel lungo termine tra Stati Uniti ed Europa è destinata a una disfatta economica. Non per le competenze, ma per lo sviluppo e la formazione di generazioni necessarie per sostenere e guidare le varie transizioni in atto. La mancanza di un rinnovamento generazionale, e la scarsa attrattiva di immigrazione qualificata, inevitabilmente soffoca il vecchio continente a vantaggio delle aree geograficamente più dinamiche come gli stati Uniti. Il Pil se ben sostenuto e reinvestito, è un moltiplicatore proporzionalmente più veloce in relazione alla sua consistenza. L’Europa non ha un PIL “condiviso” – rispetto agli USA che di fatto sono un competitor – e neanche la capacità di sostenerne lo sviluppo.

L’Europa non è un soggetto

È un composto di tanti soggetti, non potrebbero mai competere con la Cina così come stanno facendo gli Stati Uniti con non poche difficoltà. Per far diventare l’Europa “Nazione” servirebbe una terza guerra mondiale (fortunatamente impossibile), ma allo stato dell’arte i paesi membri non sono neanche in grado di mettersi d’accordo sulle linee di comando – oltre non possedere un esercito unico e ben equipaggiato -. Solo per fare un esempio: all’interno dell’Europa le istituzioni sono localizzate in uno stato “tribale”. Il Belgio, con capitale Bruxelles, ospita le massime istituzioni dell’UE ma anche della NATO. Di fatto il Belgio è uno stato all’interno del quale risiedono con scarsa empatia due tribù: i Valloni e i Fiamminghi che, oltre esprimersi in lingue diverse, non hanno alcuna intenzione, sin dal medioevo, di comunicare e condividere nulla. Possiamo mai sognare un’Europa Nazione? Su questi presupposti esisterà mai la possibilità di una politica fiscale unica? La condivisione di un debito? Un’unica politica commerciale? La risposta non è nelle domande ma per tutte è la medesima.

Cosa potrebbe accadere all’Europa nei prossimi 10 anni

Sostanzialmente nulla, la UE rimane incompiuta così com’è, un pollaio all’interno del quale, nonostante importanti singole potenzialità sovraniste, chiunque deve sottomettersi alla volontà degli Stati Uniti. La conseguenza, quindi, è la condanna a dovere sostenere, sempre e comunque, lo zio Sam. Quest’ultimo dovrà aprire alla Russia perché il vero pericolo ormai è solamente la Cina, e non possono permettersi di essere aggressivi voltando le spalle, senza rassicurazioni, all’aquila bicipite. Questo compromesso lo otterranno chiudendo i vari fronti che coinvolgono gli interessi militari di Putin, abbandonando progressivamente le posizioni di apparente contrasto allo “zar”. Continueranno a non considerare granché i paesi europei, indipendentemente da chi vincerà le elezioni. Su quest’ultimo aspetto è utile sottolineare che Democratici e Repubblicani hanno la medesima posizione circa la considerazione dell’Europa negli equilibri economici e strategici mondiali, pressoché nulla! L’unica differenza è che i repubblicani lo dicono apertamente considerando il vecchio continente una palla al piede, i democratici hanno una maggiore creanza, ma sull’argomento vanno “a braccetto” con i repubblicani. L’amministrazione Biden ritira i soldati dall’Afganistan e non avverte le cancellerie europee, solo per fare un esempio!

Il potere economico ha già preso in mano il segno del comando, e chiunque dovrà piegarsi al vessillo per garantirsi la sopravvivenza. L’Europa è un po’ come una famiglia numerosa che vive sulla pensione del patriarca superstite, la guerra che ne scaturisce è circoscritta a chi potrà godere del privilegio di spingere la carrozzina fino alla posta.

La sfida del futuro è quella dell’indipendenza energetica?

Bene, il futuro è il fotovoltaico e per ottenerlo si deve obbligatoriamente bussare alla porta della Cina. Risolviamo il problema energetico? Probabilmente sì, ma l’indipendenza possiamo anche dimenticarcela. A proposito del gas russo? Stesso discorso, gli Usa hanno interesse a deviare tutto il gas ora nella disponibilità della Cina, e quindi dovrà scendere a compromessi per riportare Putin a rifornire nuovamente l’Europa, sia per indebolire la Cina sia per assicurarsi di non dovere strapagare i prodotti europei in futuro. Ovviamente l’Europa non comprerà più il costosissimo gas liquefatto dagli Stati Uniti, ma con quel guadagno gli Usa hanno finanziato la guerra agli ucraini, forse non ne avranno più bisogno?