L’inflazione scende più velocemente del previsto. In Italia scende del 1,8%. Il calo dell’inflazione è rilevato in tutta l’area Euro ma l’Italia è quella che ha fatto meglio. Dal 4,3% di settembre il Belpaese marca a ottobre 2,9%. Qual è l’obiettivo delle Banche Centrali?
di Luca Lippi
Sebbene questo dato potrebbe far tirare un sospiro ai consumatori, è bene strozzare sul nascere l’entusiasmo perché i prezzi non scenderanno – dinamiche speculative hanno il sopravvento – però tranquillizzano la banca centrale europea che conferma la scelta di non aver alzato ulteriormente i tassi di interesse.
C’è da considerare che l’obiettivo della BCE è quello di far scendere l’inflazione sotto il 2%, quindi ancora non ci siamo, ma la preoccupazione maggiore della Lagarde è relativa al tempo. Un’inflazione – anche se di poco – superiore al 2% troppo a lungo non è auspicabile.
Fase delicata per le banche centrali
Da questo punto in poi, il “capitolo” della BCE dovrà avviare un lavoro molto serio e preciso. Le manovre si fanno sempre più strette: dovrà frenare – giocando sui tassi come ha fatto fino a ottobre – ma mortificando i consumi, nello stesso tempo accelerare – con immissione sui mercati di liquidità tipo QE – ma facendo attenzione a non fare ripartire l’inflazione. La fase è decisamente complicata per la Lagarde, come per tutti gli altri banchieri centrali.
Difficile perché i mercati chiedono a gran voce una rapida discesa dei tassi, ma assecondare questa richiesta potrebbe far commettere l’errore inverso del tardivo e veloce rialzo. Se è vero, come è vero, che i mercati hanno sofferto a causa dell’inflazione, è anche vero che questi ultimi non hanno fatto nulla per rinunciare a una parte dei propri guadagni, per sostenere il potenziale di spesa dei consumatori, facendo circolare ricchezza per reinvestirla.
In sostanza: perché, ora, tirare la giacchetta ai banchieri centrali e complicargli il lavoro quando la politica monetaria aveva bisogno di un sacrificio globale? Non rinunciare a una parte di utili ha prosciugato le tasche delle famiglie e anche la liquidità delle banche, non è proprio tutta colpa dei banchieri centrali!
Qual è lo stato di salute a livello economico
Tornando alla notizia, l’Italia riduce di quasi due punti l’inflazione ma il PIL del trimestre (la crescita) è a zero! In Europa ci sono segnali di rallentamento ma sono ancora contenuti; l’Italia – osservando l’indicatore dei direttori acquisti – cresce più velocemente dell’area Euro. Tuttavia, leggendo i cronisti specializzati – Milano Finanza del 28 settembre “Prestiti alle imprese, calo record in Italia e brusca frenata in Europa. Un avvertimento per la Bce” – imprenditori che chiedono finanziamenti per espandersi o progettare non ce ne sono, o le banche non hanno liquidità da erogare. Questo dato è piuttosto preoccupante, ma è un male che colpisce in egual misura tutta l’Europa. Attenzione, perché dopo questi segnali c’è la recessione – fortunatamente ancora invisibile, per il momento, all’orizzonte -.
In che stato sono gli USA?
Interessa perché dobbiamo sempre tenere presente che è la prima economia mondiale quindi incide su tutti i mercati. Secondo quanto si legge da CNN BUSINESS del 12 ottobre scorso, il PIL del terzo trimestre ha segnato un + 4,9%, ma come è ovvio che sia, se la crescita economica è importante, l’inflazione non può scendere; infatti nel terzo trimestre l’inflazione USA rimane alta (3,7%). Ma come fanno gli americani a consumare così tanto nonostante i tassi di interesse così alti? È piuttosto semplice da spiegare. Negli Stati Uniti durante la pandemia è stata applicata la strategia nota come “helicopter money”, sostanzialmente soldi distribuiti a pioggia a tutti i cittadini i quali, non potendo spenderli a causa delle chiusure, dalla seconda metà del 2021 li hanno riversati sui mercati provocando il fenomeno inflattivo. Eccessiva è stata l’iniezione di liquidità, altrettanto eccessiva è stata la spesa conseguente.
Ormai, l’eccesso di risparmio degli americani è stato consumato tutto (duemila miliardi di euro), e con i mutui e i prestiti a oltre il 7% il cambio del comportamento dei consumatori è più che ipotizzabile.
Impatto sull’economia
Dato per certo che se gli americani dovranno sborsare il doppio di interessi sui debiti a lungo è altrettanto certo che posticiperanno acquisti importanti e ridurranno anche i consumi – visto che i soldi non sono più dell’ “helicopter money” ma i loro -. Questo conduce nel medio termine alla recessione.
Solitamente il rallentamento economico e quindi l’insorgenza della recessione, segue delle fasi, queste, storicamente, tendono a essere ripetitive. Il primo settore a rallentare a causa dei tassi di interesse alti è il mercato immobiliare. In Italia già ci siamo! Poi a rallentare sono gli ordinativi per le aziende, a seguire scendono i profitti per le aziende, infine l’ultima cosa che tende a calare è il tasso occupazionale che è la conseguenza degli ordinativi e dei profitti in calo che riducendosi conducono alla riduzione della forza lavoro.
Il dato occupazionale
Negli Stati Uniti c’è un rallentamento dell’economia, ma il dato occupazionale tiene ancora. Quindi se mai dovessero esserci i prodromi per una recessione, quest’ultima sembrerebbe manifestarsi molto più lentamente che in altri periodi storici simili.
Anche in Italia la disoccupazione non ha mostrato segnali negativi, è piuttosto stabile, ma questa situazione – vale sia per gli Usa che per l’Europa – non è esente da rischi. I fallimenti di aziende indebitate sono sull’uscio. Molte di queste aziende sono indebitate sul mercato attraverso l’emissione di obbligazioni e quindi, spostandoci obbligatoriamente sul lato finanziario, dobbiamo segnalare che questo rischio inevitabile non è ancora prezzato dai Mercati!
Il prezzo di questo rischio generalmente è evidenziato con gli spread di credito (che non hanno nulla a che vedere con lo spread che è inutilmente più noto). Qualora ci fosse un ulteriore deterioramento a livello economico questi spread potrebbero prendere vita e gli investitori mutare velocemente le loro strategie spingendo nel baratro le aziende emittenti azioni e obbligazioni. Inoltre c’è da segnalare il grande rischio che corrono gli istituti di credito con crediti deteriorati nella pancia. Non possiamo parlare di crisi di sistema, ma negli Stati Uniti da inizio anno sono già fallite cinque banche regionali, l’ultima è proprio del 10 novembre ultimo scorso, la Citizens Bank dell’Iowa, ormai non fanno neanche più notizia!
Impatto sui mercati
Parliamo dell’impatto sui Mercati della politica monetaria ovviamente! L’aumento dei tassi di interesse, specie negli Stati Uniti, è stato devastante sul mercato obbligazionario, soprattutto per chi ha scommesso su titoli a scadenza molto lunga nel tempo. Però, poiché è difficile pensare a ulteriori aumenti dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, è opportuno confortare con il più classico dei “il peggio è passato” per quanto riguarda l’obbligazionario.
Per l’azionario? Non si può essere ottimisti come per l’obbligazionario. Storicamente, i mercati azionari in corrispondenza dell’interruzione degli aumenti dei tassi di interesse, nei seguenti tre/sei mesi, non hanno mai reso felici gli investitori. Il confronto è con i dati storici perché prevedere il futuro è impossibile per chiunque.
Bisogna “parcheggiare” la crisi in spazi strettissimi, mai come in questa epoca storica ci troviamo a dover riporre la massima fiducia nella perizia dei banchieri centrali, lasciati soli in un mare in tempesta sia dalle multinazionali sia dai governi.