Politica monetaria ultra-restrittiva (tassi molto alti). In situazioni simili il risparmiatore si trova a dovere operare delle scelte, completamente disarmato di ogni competenza. Rivolgersi al consulente di una banca è meglio che fare da soli, tuttavia, a volte, potrebbe risultare poco utile: la banca non è un istituto di beneficenza, quindi è comprensibilmente orientata a vendere prodotti che consentono loro il maggior profitto immediato possibile. Come orientarsi dunque?
di Luca Lippi
Da quando è nata la BCE i tassi non sono mai stati così alti. Le politiche monetarie esercitate dall’istituzione bancaria europea sono state tutte accomodanti. Ad oggi i tassi tenderanno a rimanere alti, soprattutto dopo che la banca centrale americana ha avvertito di non voler interrompere la politica di aumento dei tassi per combattere l’inflazione. Questo non significa che la strategia della BCE ricalcherà quella della FED, ma di sicuro i tassi rimarranno alti a lungo e questo crea incertezza nelle scelte dei risparmiatori.
QUALCHE DATO
L’inflazione core sta rallentando nel 2023, ricordiamo che l’inflazione core non tiene conto dei beni soggetti a elevata volatilità – alimentari ed energetici-. Data questa premessa, l’ipotesi più probabile è che la BCE – al netto della prossima sessione – dovrebbe interrompere la politica di rialzo dei tassi, ma questo non importa. Quello che determina preoccupazione e che non si intravede all’orizzonte una politica di taglio dei tassi, a meno che non insorga una recessione.
LE CONSEGUENZE DI UNA PERSISTENZA DI TASSI ALTI
Ovviamente la prima è la sostenibilità del costo del debito pubblico, ma questo al risparmiatore interessa marginalmente. Una seconda conseguenza potrebbe essere la recessione economica, tassi di interesse elevati si traducono in costi più alti di finanziamento per le imprese, costi astronomici per chi ha mutui. Più in generale, la terza conseguenza è l’aumento di pressione per chi ormai è nella spirale degli acquisti a rate. In sintesi, tassi più alti riducono il potere di acquisto delle famiglie, queste ultime non riusciranno più a
risparmiare e nel lungo periodo non riusciranno più neanche a sostenere i consumi. Tutto questo origina la recessione.
PERCHÉ NON SIAMO ANCORA IN RECESSIONE
Gli effetti dei continui -e veloci- rialzi dei tassi, non si sono fatti ancora sentire in tutta la loro violenza. In ogni provvedimento di politica monetaria si traccia una scala di effetti.
Il primo effetto si ritrova nel settore immobiliare: chi investe in immobili lo fa a debito e quindi subisce la spada della rata di mutuo che cresce a ritmi non sempre sostenibili. C’è poi da considerare che l’investimento immobiliare si può configurare in un investimento irredimibile (come fosse un titolo di cui non si può chiedere il riscatto prima della scadenza), quindi non se ne esce.
Il gradino successivo della scala è quello del rallentamento dell’economia, condizione necessaria e sufficiente per raffreddare l’inflazione. Il terzo gradino è la riduzione degli utili aziendali, conseguenza del maggior costo dei finanziamenti per gli imprenditori e riduzione dei consumi da parte della platea che dovrebbe acquistare prodotti e servizi. Quindi possiamo affermare che allo stato dell’arte la recessione deve ancora manifestarsi perché siamo sul primo gradino, ma non tarderemo a scendere quelli che seguiranno.
EFFETTO SUI RISPARMIATORI
Fino a un anno fa le obbligazioni hanno ottemperato alla loro funzione di tutela del risparmio, è vero che rendevano pochissimo, ma è altrettanto vero che la loro volatilità era inesistente, quindi in un portafoglio bilanciato, l’obbligazione ha avuto fino al 2021 la funzione di ammortizzatore di rischio sul vero acceleratore di performance che era il mercato azionario.
Oggi non è più così! Le obbligazioni hanno cominciato già dal 2022 a mostrare una volatilità anomala, l’ovvio aumento dei rendimenti ha catturato l’attenzione degli investitori che non hanno esitato a speculare sul mercato di riferimento. Considerando l’insorgenza di una recessione, inevitabilmente ci sarà una riduzione dei dividendi da parte delle aziende, quindi nel medio termine il mercato azionario non potrà garantire le performance oggi individuabili in quello obbligazionario.
UNA SCELTA INTELLIGENTE
Le obbligazioni ormai hanno un rendimento medio del 4%, ancora sotto i tassi reali, ma comunque assai più interessanti, in una prospettiva di regressione dell’inflazione, il rendimento delle obbligazioni diventerà sempre più interessante.
Per quanto riguarda l’azionario: considerare sempre che le aziende saranno colpite da una recessione imminente, quindi non possono evitare la diffidenza degli investitori, ma hanno una leva assai importante su cui operare per tornare ad avere rendimenti adeguati, ed è quella di ridurre i costi. Quindi pianificare un portafoglio di sicurezza obbligazionario oggi è obbligatorio, ma essere pronti a cogliere le opportunità recessive per riposizionarsi – senza esagerare – sull’azionario non è una scelta da scartare.
Confrontarsi con un consulente indipendente (in grado di lavorare con più strumenti senza essere vincolato a un brand bancario) resta la via più semplice e redditizia. Quanto sopra è una riflessione a titolo informativo e non ha alcuna pretesa di costituire sollecitazione a sottoscrivere su specifici Mercati.