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RIFORMA FISCALE vs EVASIONE STORICA

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A fronte delle ultime affermazioni del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: “Serve una grande e definitiva pace fiscale”, si è sollevato il solito ginepraio dei professionisti dello “scandalo”. Tentare di rimettere la chiesa al centro del villaggio, quando la sua posizione è esattamente già quella, è un esercizio utile solo a far scivolare penne scariche di argomenti reali

di Luca Lippi

Quanto pesa l’evasione fiscale oggi

Dai dati dei redditi ufficiali emerge che il 49,15% degli italiani dichiara di guadagnare meno del minimo imponibile. Fuori da questa percentuale c’è poi chi dichiara un reddito e l’80% di questi ultimi dichiara meo di 29 mila Euro; solo l’1, 21% dichiara un reddito superiore ai cento mila Euro. Per chi non avesse pratica con certi numeri, le informazioni sopra citate non sono in linea né con i consumi né con il Pil; quindi questi sono dati da paese povero. È evidente che molte di queste dichiarazioni sono – almeno in parte – false.

Nel 2022 (Ministero delle Finanze) il 27,9% delle tasse dovute sono state evase. Nel 2012 eravamo al 33,1% e nel 2002 l’evasione era del 35,3%, una situazione presente ma in netto miglioramento per le casse dello Stato. 

Tuttavia è utile ricordare che in Europa la situazione non è migliore della nostra! 

E all’estero?

Non è facile fare il confronto con stati diversi, i motivi sono legati alla diversa struttura legislativa della materia. In ogni caso, in Europa l’Italia è il paese con la maggiore percentuale di evasione: 165,5 miliardi di Euro (City University di Londra,2015).

È corretto rilevare che nello stesso anno, la stima del nostro Governo era di 106 miliardi di Euro; questo dipende dai sistemi di analisi diversi utilizzati dalle singole istituzioni. Tuttavia, utilizzando quello della City University di Londra per tutti i paesi europei, possiamo avere un termine di confronto omogeneo. La Germania nello stesso anno stimava un’evasione pari a 124 miliardi di Euro; la Francia con 118 miliardi di Euro; la Gran Bretagna 87,5 miliardi di Euro e la Spagna con 60 miliardi di Euro.

Italia, Germania e Francia sono i paesi con maggiore evasione perché sono le tre più grandi economie europee, quindi nulla di anomalo.

La differenza più importante la si nota confrontando l’evasione al Pil dei singoli Paesi: in Italia l’evasione è pari al 11,5% del Pil; in Germania 4,5% del suo Pil e Francia 5,4%. Questo sottolinea più dei numeri in assoluto che l’Italia è il paese dove si evade di più.

Perché gli italiani evadono così tanto le tasse

Eliminiamo subito la risposta più banale e retorica: gli italiano evadono perché le tasse sono troppo alte. Per quanto banale, la risposta non è del tutto errata. Infatti la tesi quantitativa indica che a fronte di un’evasione delle tasse, i governi le aumentano per compensare il minore introito.

Ma la risposta offerta dalla tesi quantitativa è incompleta. Nel 2022 si è toccato il record di pressione fiscale (43,8%). È vero che le tasse in Italia sono alte, ma non le più alte in Europa. Belgio, Francia, Austria e Danimarca ci superano; tuttavia la media europea è di pochissimo inferiore a quella italiana.

Se è vero che Austria e Svezia hanno una pressione fiscale pari o superiore a quella dell’Italia, la differenza vera sta nel tasso di evasione rispetto al Pil: 11% l’Italia; 3,7% l’Austria; 3,8% la Svezia. Quindi la spiegazione della tesi quantitativa è troppo debole, devono esserci altri motivi.

Il disincentivo e la complessità burocratica

Lo squilibrio evidente tra la prestazione (in termini di servizi) e il costo imposto per questi servizi aziona la leva del disincentivo a pagare le tasse. Questa è la tesi comportamentale: chi non paga le tasse, di fatto, si convince di essere attore di una forma di protesta.

A questo si aggiunge la complessità burocratica per onorare gli obblighi fiscali. Ostacolo individuato come tesi legistica, per giustificare la riottosità a pagare le tasse. A tale proposito, BankItalia ha calcolato che servono circa 238 ore l’anno (dieci giorni) per compiere tutti i passaggi necessari a pagare le tasse.

La media europea è di 174 ore (sette giorni circa). Questo spreco di tempo ed energie per fare fronte agli obblighi fiscali è spesso individuato dagli italiani come un disservizio della macchina preposta alla riscossione (uffici e annessi dipendenti) che oltre complicare l’attività del contribuente in buona fede, dimostra anche una sostanziale incapacità a gestire i controlli preventivi e una sgradevole modalità nella pratica di recupero, e tutto questo è spiegato dalla tesi amministrativa che in questo modo giustificherebbe ulteriormente l’evasione.

Quando saremmo diventati evasori

Per chi ha nozioni storiche di base, sa benissimo che l’evasione in Italia è divenuta critica già dall’Unità. La nuova nazione aveva spese enormi di guerra e anche importanti investimenti da fare per la costruzione di infrastrutture. Rispetto a quello che i vari stati pagavano prima, in confronto con quello che hanno dovuto pagare dopo l’Unità, il divario era enorme: Piemonte +42%, Lombardia +130%, Roma +63% e Napoli + 125% (fonte studio Stefano Manestra per Bankitalia del 2010). L’evasione ebbe la sua genesi dall’esagerata pressione e da un sistema di controllo assai blando.

Prima dell’Unità, nel regno di Sardegna le tasse si pagavano sulla base del valore dell’abitazione di residenza, dopo l’unificazione, si volle modernizzare il sistema fiscale basandolo sul reddito. Nel 1864 venne creata l’imposta di ricchezza mobile sui redditi non fondiari (lavoro) e l’imposta fondiaria per i redditi derivanti dalle proprietà fondiarie (rendite). Ovvio che tutto questo si basava sulla dichiarazione spontanea del contribuente e i controlli erano veramente molto complicati. Ecco, quindi che si formò un sistema di tasse alte e con un’evasione che cresceva proporzionalmente all’aumento della pressione fiscale.

Sopraggiunse la tassa sul macinato in vigore dal 1868 al 1884, inutile sottolineare che fu una tassa particolarmente pesante per le famiglie più povere, infine nel 1870 si alzarono le tasse sul reddito. In quel periodo l’evasione era piuttosto importante, la letteratura economica del periodo ne fa menzione senza giri di parole.

Già si era capito che continuando ad alzare le tasse non si sarebbe risolto il problema dell’evasione, piuttosto si alimentava ma, non trovando altre soluzioni, si continuavano ad alzare le tasse. Qualcuno potrebbe obiettare che già allora sarebbe stato sufficiente aumentare i controlli. Aumentare i controlli in uno stato giovane e soprattutto in guerra avrebbe esacerbato gli animi e danneggiato anche il consenso, esattamente come accade oggi e come accadrà sempre.

Ha inizio il circolo vizioso, la gente non paga le tasse perché sono troppo alte, il governo le alza per compensare il mancato introito, e quindi aumentano le persone che evadono e si ricomincia perniciosamente il giro. La dinamica è rimasta simile fino ai giorni nostri, e infatti ecco la soluzione.

Il condono fiscale

Per cercare di recuperare i versamenti persi evitando di alzare ulteriormente le tasse si comincia a fare ricorso ai condoni fiscali, strumento per recuperare capitali esentando i contribuenti infedeli dal pagamento delle sanzioni, in alcuni casi urgenti anche tagliando la quota di tasse non versate. Il primo condono sarà proprio nel 1861 con lo scopo di incoraggiare gli evasori a mettersi in regola. Tra il 1861 e il 1899 ci saranno 22 condoni (servono per drenare denaro e anche per cercare un po’ di consenso). Poi dal 1900 al 1973 ci saranno altri 33 condoni. Dopo il 1973 fino a tutto il 2022 ce ne saranno altri 30. In totale, dall’Unità fino ad oggi ci sono stati 80 condoni fiscali (uno ogni due anni in media)

In conclusione, uscendo dal gioco delle parti, giacché nella Storia chiunque ha commesso sempre i medesimi errori e promosso condoni senza scomporsi troppo, perché una “definitiva pace fiscale” dovrebbe essere uno scandalo? Infatti non lo è! Le tasse troppo alte, l’evasione e anche i condoni viziano il sistema al punto tale che non si riesce a trovare una quadra per individuare la soluzione. Le spese le pagano tutti, anche gli stessi evasori -ne abbiamo avuto contezza durante la pandemia dove i ristori per alcune attività non sono stati calcolati correttamente per salvarle e quindi hanno chiuso definitivamente -.

Pianificare una nuova legge fiscale, con i giusti controlli e altrettanto adeguate pressioni, sarebbe una soluzione a patto che si resetti tutto il sistema. I garantiti le tasse le pagano con i soldi che gli diamo noi, stessa cosa per quanto riguarda gli assistiti, tanto vale convincere i produttivi a comportamenti meno “reazionari” che alla fine danneggiano loro stessi, a patto che lo Stato garantisca servizi “adeguati al prezzo pagato” altrimenti va bene anche lasciare le cose come stanno perché alternative non ce ne sono.