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LE INFEZIONI PRODOTTE DAI CATETERI

Antonio d'Onofrio

L’importanza della prevenzione in un’intervista al Prof. Antonio d’Onofrio, medico chirurgo specialista in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e specialista in Geriatria e Gerontologia. È Responsabile UOSD di Elettrofisiologia, Studio e Terapie delle Aritmie AORN dei Colli- Ospedale V. Monaldi di Napoli

di Danilo Quinto

Le sepsi catetere-correlate (CRBSI) sono associate a morbilità e mortalità elevate, causando notevoli costi di trattamento. Nella gestione dei dispositivi di accesso vascolare centrale (CVAD) è indispensabile evitare o tenere sotto controllo l’infezione.

L’incidenza delle CRBSI in Europa è pari a 2 – 4,6 per 1000 giorni- catetere nonostante l’adozione di misure preventive estremamente diversificate e la mortalità delle CRBSI è ancora compresa tra 5 e 25 %. Il rischio di CRBSI aumenta costantemente proporzionalmente alla durata della tenuta del catetere.

Proteggere l’interno del catetere dalle contaminazioni batteriche

L’aspetto della gestione che offre soluzioni di miglioramento è la protezione dell’interno del lume del catetere, ottenibile con l’uso appropriato delle soluzioni di chiusura. Le soluzioni di chiusura contengono principi attivi o sostanze che hanno lo scopo di ridurre il biofilm (la sottile pellicola organica che si forma all’interno del lume del catetere), eliminare o distruggere eventuali batteri e funghi che possono avere contaminato il lume, e mantenere la pervietà del catetere prevenendo la formazione di coaguli che limitano la funzionalità dell’accesso.

L’utilizzo della Taurolidina nel trattamento di prevenzione

I farmaci maggiormente utilizzati come antibatterici sono la taurolidina e il citrato. Il secondo si usa negli accessi vascolari per dialisi, mentre la taurolidina concentrata al 2%, migliora sia la prevenzione, sia il trattamento del catatere infetto, senza doverlo rimuovere. La prevenzione è ottimale perché la Taurolidina ad alta concentrazione è efficace contro batteri e funghi, riducendo la formazione di biofilm senza sviluppo di farmaco resistenza, con una buona azione anticoagulante.

Inoltre, l’utilizzo della Taurolidina concentrata è particolarmente sicuro, in quanto non presenta effetti collaterali. Il trattamento dei cateteri infetti invece si rende necessario quando la tipologia di accesso o le complicanze del paziente rendono difficile o impossibile la sostituzione del catetere. L’utilizzo della Taurolidina concentrata al 2% ha dimostrato di poter “ripulire” il catetere dall’infezione consentendo il recupero dell’accesso senza la rimozione.

Al Congresso di CLS si è dibattuto anche questo tema. Ne parliamo con Antonio D’Onofrio, medico chirurgo specialista in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e specialista in Geriatria e Gerontologia. È Responsabile UOSD di Elettrofisiologia, Studio e Terapie delle Aritmie AORN dei Colli- Ospedale V. Monaldi di Napoli.

credits: MSD Manuals

Può descrivere il problema dei catateri infetti?

È un problema di sanità pubblica molto importante. Impatta sulla qualità della vita del paziente ed anche economicamente, perché il paziente subisce un lungo percorso di ricovero. Comporta una pericolosità dell’estrazione, che può produrre in alcuni casi anche la morte del paziente. Con un rischio di morte che si può presentare anche post-estrazione. Possono verificarsi problemi connessi al reimpianto: al paziente che ha necessità di farsi inserire uno stimolatore o un defibrillatore, anche dopo l’estrazione del catetere viene eseguito un reimpianto. Come vede, si tratta di una tematica molto ampia e di grande interesse, per tutta una serie di aspetti legati anche alla qualità del paziente, che in genere è un soggetto che viene spesso ricoverato. Spesso si tratta di pazienti che hanno più patologie, oltre la presenza del defibrillatore.

Immagino sia molto importante la prevenzione.

Certo. Bisogna cercare di prevenire le infezioni, con sale operatore adeguate, con un’igiene efficace, proprio per tentare di ridurre i rischi dell’infezione, che si presenta prevalentemente nei primi mesi post-operatori, ma ci sono anche casi in cui il germe può essere inglobato nel bio-film del catetere e rimanere in modo latente nel cuore del paziente e manifestarsi in alcune condizioni.

Qual è la percentuale di queste infezioni?

Quelle in fase acuta, nei primi mesi post- operatori, si manifestano in una percentuale dell’1,7% dei casi. A lungo termine – il periodo di incubazione può durare anche oltre 12 mesi – dal 2,4 al 4,2%.

L’evolversi della tecnologia quali benefici ha introdotto?

Esistono degli involucri che si possono applicare intorno al device, nei quali sono contenuti antibiotici: si è dimostrato che applicando questo sistema si riduce il rischio dell’infezione. Ci sono anche altri tipi di presidi farmacologici che vengono usati, ma il presidio più importante è quello di usare grande vigilanza in sala operatoria: pulizia rigorosa delle mani, igiene dei luoghi e meno affollamento possibile. Oltre a questo, è necessario verificare se il paziente abbia avuto febbre nei giorni precedenti l’intervento e i suoi indici infiammatori.

Insomma, anche la preparazione del paziente dev’essere adeguata per evitare l’insorgere di problemi. Questo vale sia per le estrazioni manuali dei cateteri sia per quelle che si possono efftuare grazie al laser.