Del dissesto di Eurovita non se ne parla quasi più, eppure è un evento su cui riflettere. Non esistono investimenti senza rischi, non esistono le “Too Big to Fail” e, soprattutto, non esiste l’arricchimento senza speculare sulla sfortuna di qualcun altro
di Luca Lippi
Eurovita è una compagnia assicurativa che è andata in bancarotta, ma non se ne parla a sufficienza. Soprattutto non se ne parla per far comprendere la dinamica: condizione necessaria e sufficiente a stimolare consapevolezza nei risparmiatori; oltre che a rimuovere quel fastidiosissimo afrore di qualunquismo che induce a puntare il dito senza neanche sapere cosa si indica.
Investire – per il risparmiatore – significa cercare di proteggere il potere d’acquisto del proprio patrimonio. Cosa diversa è l’impiego dei
propri capitali per fare impresa, quindi produrre beni o servizi allo scopo di generare ricavi.
Le tariffe di capitalizzazione
«Investire in assicurazioni sulla vita protegge i tuoi soldi»: non è vero! Le assicurazioni sulla vita si distinguono in “ramo uno” e “ramo tre”. Il “ramo terzo” sono le popolarissime unit linked, sostanzialmente dei contratti finanziari travestiti da assicurazioni. Tuttavia, quelle maggiormente utilizzate, anche le più pericolose, sono le assicurazioni del “ramo uno” o assicurazioni sulla vita vere e proprie. Le assicurazioni sulla vita sono contratti che erogano una rendita o un capitale al verificarsi di eventi attinenti alla vita umana. Nascono come strumenti di protezione ma, nel tempo, sono diventati strumenti finanziari. Questa metamorfosi si è compiuta a partire dagli anni novanta quando nacquero le cosiddette tariffe di capitalizzazione, cioè contratti assicurativi all’interno dei quali di assicurativo non c’è nulla.
La banca assicurazione
La metamorfosi di cui sopra nasce parallelamente al concetto di banca assicurazione. Le banche hanno stretto accordi commerciali con le compagnie di assicurazione, hanno predisposto pacchetti finanziari da “confezionare” come contratti assicurativi. Li hanno promossi decantandone la solidità assicurativa e l’aspetto fiscale che consentiva di detrarre dai redditi, il 19% fino a un massimo di 475.000 Lire. Il meccanismo di rendimento della “polizza” era legato esclusivamente alla gestione finanziaria del sottostante. Tanto è vero che se il contraente moriva prima della scadenza della polizza, gli eredi percepivano il valore attuale della stessa; se il contraente arrivava a scadenza del contratto percepiva il valore attuale della polizza, quindi non esisteva nessun evento legato alla vita umana.
Le gestioni separate
Queste tariffe di capitalizzazione sono state collegate alle cosiddette “gestioni separate”: gestioni obbligazionarie assicurative che valorizzate a “costo solido”. Tradotto, significa che i fondi obbligazionari tradizionali valorizzano gli attivi al prezzo di mercato, le assicurazioni valorizzano gli attivi al prezzo di acquisto. Questo meccanismo ha fatto si che negli ultimi anni, in previsione di un rialzo dei tassi, le assicurazioni sono diventate molto appetibili.
Perché eurovita è entrata in dissesto?
Perché si è verificato un problema piuttosto serio che si chiama “allineamento finanziario”. Spieghiamo: la polizza vita si regge in piedi fin tanto che -come lo è per le banche – si evitano le corse al riscatto prima della scadenza.
Se il contraente chiede indietro il suo capitale prima della scadenza del contratto, l’assicurazione deve mettere in liquidazione il sottostante – la cosiddetta gestione separata – ed è costretta a farlo al prezzo di mercato. Di fatto, la compagnia per quel contratto ha sottoscritto un’obbligazione con scadenza coincidente all’impegno originario del contraente (o gruppo di contraenti con medesime esigenze).
Il blocco delle attività e la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro, generato dalla gestione pandemica, aggiunto all’inflazione che ha fatto aumentare i mutui a tasso variabile, ha indotto molti sottoscrittori di polizze vita a richiedere il riscatto anticipato, mettendo in grossa difficoltà le compagnie assicurative, e in questo contesto, Eurovita ne ha pagato il prezzo più di altre (al momento).
Banche e Assicurazioni non possono fallire
Se è vero, come è vero, che banche e assicurazioni non sono mai fallite, è altrettanto vero che negli ultimi tempi tale paradigma si sia dissolto. La prima causa è quella che gli Stati hanno sempre maggiori difficoltà ad immettere danaro fresco direttamente nelle società, quindi non hanno la possibilità di stabilizzare per tempo determinate criticità, a questo si aggiungono eventi straordinari per i quali, troppo spesso, non si ha l’abilità (non per incapacità, ma per limiti oggettivi) e la preveggenza di fare fronte (il cosiddetto cigno nero). C’è anche da sottolineare che le compagnie di assicurazione hanno già rischiato molto – e continuano ad essere sotto tensione – negli anni precedenti.
Considerando che ci sono molti contratti in essere con un tasso minimo garantito, nel mezzo di una politica di tassi a zero, come hanno fatto le assicurazioni a reggere il contraccolpo di contratti al 2 o 3% garantito per tutto questo tempo? La risposta a questa domanda non tarderà ad arrivare ma, essendo le compagnie assicurative ormai satelliti di gruppi bancari è naturale riconoscere un mutuo soccorso. Sulle scadenze naturali le assicurazioni se la sono cavata, ma sui disinvestimenti anticipati non possono aver evitato remissioni certe.
La situazione attuale
Intesa Vita, Generali, Poste, Unipol e Allianz sono pronte a soccorre Eurovita, presumibilmente “spacchetteranno” gli assets della malcapitata, assorbendone totalmente l’attività e contestualmente subentreranno agli impegni verso i sottoscrittori.
Per quanto riguarda le scelte future dei risparmiatori che hanno un occhio su questo tipo di investimenti, è bene sottolineare che: se investire in assicurazioni/tariffe di capitalizzazione è stato conveniente nell’ottica di tassi in discesa (ma col pericolo di disseto delle compagnie emittenti), oggi, con i tassi in rialzo è molto più conveniente acquistare direttamente un BTP sul mercato. Proteggersi da un ribasso che c’è già stato, oggi non ha senso. La stessa cosa vale per rincorrere un rialzo futuro sottoscrivendo una polizza; calcolando i costi di uscita e la retrocessione della gestione separata (la compagnia si trattiene un terzo del rendimento), visto che la curva dei rialzi è ormai esaurita, non ha senso affidarsi a una gestione separata.