I nostri senior sono più performanti rispetto al passato ma non bisogna abbassare la guardia, c’è un nemico sempre in agguato: la solitudine
di Walter Rodinò
Chi l’ha detto che il tempo che rimane da vivere sia l’unico criterio valido per stabilire il valore di una persona? A volte dimentichiamo che gli anziani sono un patrimonio prezioso da stimare e valorizzare e, come scrisse Giovanni Paolo II in una sua lettera, “escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente”. Nella società contemporanea, in cui tutto oramai è velocità, prevale una concezione materiale della vita che pone al primo posto la produttività e l’utilità immediata, e che tende a isolare tutto ciò che è lento e per ciò stesso considerato vecchio.
Oggi la senilità richiede un approccio diverso
La senilità è si caratterizzata da un rallentamento delle attività vitali, ma è pur vero che la lapidaria sentenza di Terenzio “Senectus ipsa morbus”, oggi, a distanza di 2000 anni può essere candidamente smentita dai fatti. Grazie al sistema sanitario che in particolare in Italia è tra i più evoluti a livello globale, e a uno stile di vita e ad un modello alimentare sano basato sulla dieta Mediterranea, come ha sottolineato Flavia Bustreo dell’OMS, oggi la senilità richiede un approccio diverso.
Un recente studio dell’Università di Göteborg certifica come i nostri anziani siano più performanti dei loro coetanei di trent’anni fa. Il sessantacinquenne nostro dirimpettaio è paragonabile al quarantenne al piano di sotto di trent’anni fa sia dal punto di vista fisico che cognitivo. Una ricerca del laboratorio di Brain Connectivity dell’IRSS San Raffaele, pubblicato sulla rivista scientifica Geroscience, ha provato che il cervello dei giovani, rispetto a quello degli anziani, mostra una maggiore entropia (tendenza al disordine e dunque caos celebrale) nei ritmi veloci.
Il dramma nascosto: l’isolamento sociale
Non si tratta, però, di procedere ad uno scontro generazionale dal quale gli anziani possano uscirne rivalutati rispetto al passato. Al contrario, facendo cassa degli avvenuti cambiamenti in meglio, è opportuno intervenire ulteriormente a livello sociale e sanitario, oltre che culturale, al fine di preservare i nostri senior che, oltre alle patologie più frequenti, tra cui diabete, ischemie, cataratta, sordità, purtroppo sono spesso vittime di un dramma più nascosto, ma devastante a livello psicologico con importanti risvolti sulla sfera fisica, l’isolamento sociale.
E sì, l’isolamento, la mancanza di contatti sociali e interazioni, un drammatico fenomeno che, secondo l’Associazione Anziani Rete Associativa (AIRA) interessa due italiani su dieci. In Italia sono 2,5 milioni gli over 74 che vivono soli e che rappresentano complessivamente il 4% della popolazione complessiva. Alle patologie proprie della senilità, dunque, si aggiunge la solitudine i cui effetti possono a volte sfociare nella demenza.
Investire sui centri di aggregazione per contrastare la demenza senile e l’Alzheimer
Da qui la richiesta da parte dell’AIRA di maggiori investimenti sui centri di aggregazione. Anche mandare mail e messaggi dal cellulare può essere un buon metodo per contrastare l’isolamento sociale e dunque il rischio di demenza senile. Due studi, condotti da ricercatori della John Hopkins Medicine e della Bloomberg School of Public Health di Baltimora, pubblicati sul Journal of the American Geriatric Society, hanno dimostrato che l’accesso a queste tecnologie di comunicazione può ridurre del 31% il rischio di andare incontro a isolamento sociale.
Allo stesso modo un altro studio americano, questa volta pubblicato sul “Journal of Aging and Physical Activity”, ha dimostrato come i balli di gruppo siano un valido strumento per migliorare le funzioni cognitive e contrastare la demenza senile e il rischio di sviluppare l’Alzheimer. I nostri anziani devono quindi essere considerati parte integrante e soprattutto attiva della società civile, anche perché di fatto rappresentano una risorsa preziosa per tutta la comunità.
La storia, maestra di vita, la si studia sui libri di scuola, ma quanto è più efficace affiancare quelle letture alla viva voce di chi quella storia l’ha vissuta sulla propria pelle? Di chi è stato testimone in carne ed ossa di quegli avvenimenti, anche terribili, che purtroppo a volte la storia ci ripresenta ciclicamente?
Gli anziani sono anche welfare sociale
Ma i nostri senior non sono solo saggezza e insegnamento per le future generazioni, sono oggi anche welfare familiare in veste di amorevoli nonni, preziosissimi per famiglie con bambini, senza con ciò nulla togliere a babysitter e asili nido. E sono ammortizzatori sociali per figli disoccupati o che hanno ridotto o addirittura perso il lavoro. Secondo le ultime rilevazioni Istat, nelle famiglie in cui è presente almeno un pensionato, la pensione rappresenta in media il 64% del reddito disponibile per quel nucleo, riducendo in tal modo anche il rischio di povertà, tema quest’ultimo tornato purtroppo di drammatica attualità.
Oggi l’Italia è il Paese con più anziani, dopo il Giappone, e le rilevazioni Istat ci dicono che siamo sulla buona strada per mantenere salda o addirittura migliorare la nostra posizione in classifica. I residenti con 65 anni e più a inizio 2022 nel Bel Paese erano 14 milioni, circa 3 milioni in più rispetto a vent’anni fa e nel 2042 saranno quasi 19 milioni.
Le giovani generazioni rappresentano il nostro futuro e i senior possono dare un prezioso contributo affinchè le prime possano fare ancora meglio. Non si tratta di contrapporre giovani e anziani in un confronto-scontro generazionale, ma di ragionare in termini di complementarietà tra le due generazioni. Da considerare come due ali che per volare verso un futuro migliore devono necessariamente battere insieme e con forza.