Nella Cittadella della Pace si lavora per regalare un futuro migliore ai nostri giovani: il Metodo Rondine come nuovo modello relazionale che trova nel dialogo e nella condivisione la strada per abbattere muri e barriere
di Flavia Scicchitano
La formazione di giovani leader di pace per ridurre i conflitti armati nel mondo, ma anche un supporto per lo sviluppo delle risorse interiori per superare i conflitti relazionali tipici dell’adolescenza. Rondine Cittadella della Pace, organizzazione internazionale con sede in Italia, fondata vent’anni fa da Franco Vaccari, psicologo e docente, presidente dell’associazione, lavora su fronti diversi ma con un solo obiettivo: aiutare i ragazzi a costruire una capacità di dialogo e introspezione per trasformare la diffidenza in conoscenza e l’odio per il nemico in integrazione. E il nemico in questo caso non è solo lo straniero, siamo anche noi stessi, i nostri padri, le nostre madri e chi entra in contatto con noi, nel periodo più difficile della vita, l’adolescenza. Nonostante la vocazione internazionale, Rondine ha sede in un luogo unico al mondo: un borgo medievale nel cuore della Toscana, a 12 chilometri da Arezzo, immerso nella natura. Un luogo di rigenerazione dell’uomo, dove è stato elaborato l’innovativo Metodo Rondine, oggi a disposizione dell’umanità e della pace globale.
Presidente Vaccari, quando nasce e con quale missione l’Associazione Rondine Cittadella della Pace?
Rondine Cittadella della Pace è nata oltre venti anni fa con lo scopo di collaborare alla riduzione dei conflitti armati nel mondo attraverso la formazione di giovani leader e la diffusione del dialogo e la cultura della pace. Nel 1997, al termine del primo conflitto armato in Cecenia, il rettore dell’Università di Groznyj, Mukadi Izrailov, mi chiese di ospitare a Rondine alcuni giovani ceceni, per completare gli studi interrotti a causa della guerra. Risposi: “Sì, accogliamo i ceceni, a condizione che vogliano convivere con giovani russi”. Così nel 1998 è nato è lo Studentato Internazionale – World House, dove convivono e studiano insieme giovani provenienti da luoghi di conflitto, “nemici” tra loro. Insieme intraprendono in percorso di due anni in cui imparano a superare l’odio che separa i loro popoli e a costruire relazioni di pace. Al termine del percorso, tornano nei propri Paesi come agenti del cambiamento, per contribuire a risolvere i conflitti dei propri popoli. Oggi la World House accoglie 30 giovani di 25 nazionalità diverse provenienti da Medio Oriente, Balcani, Africa, Caucaso e America Latina, e ha già formato oltre 200 giovani in tutto il mondo, che stanno lavorando per la pace nelle proprie comunità. Dal 2015 lo Studentato Internazionale è affiancato al progetto “Quarto Anno Rondine”, che rappresenta l’applicazione del Metodo Rondine nel contesto scolastico italiano.
In cosa consiste il Metodo Rondine e come si esprime la sua applicazione in situazioni di conflitto diverse dalla guerra?
Bisogna capire che disinnescare il conflitto è possibile, anzi è possibile trasformarlo in occasione di crescita e sviluppo per tutta la società. Una risposta concreta non solo per i conflitti armati del mondo ma anche per i conflitti interpersonali, perché in tutte le società viviamo di relazioni e di conflitti e ovunque rischia di costruirsi l’idea di nemico. Oggi è più che mai importante uscire dalla logica del conflitto come sinonimo di guerra, perché la guerra è un male, invece il conflitto è il nostro pane quotidiano. Le differenze culturali, personali, religiose, sociali, economiche e generazionali continuamente si incontrano e si scontrano e devono essere elaborate. Per questo abbiamo deciso di applicare “il metodo Rondine” anche a un contesto che non è propriamente di guerra. Il Metodo Rondine, che si fonda sulla definizione di un nuovo modello relazionale dei soggetti coinvolti che trovano nel dialogo e nella condivisione delle ferite la strada per abbattere muri e barriere e per esplorare insieme nuove possibilità per costruire il futuro. Dolore e rabbia non evaporano, non spariscono, ma si intraprende un percorso di formazione per praticare un approccio positivo al conflitto: se riusciamo a individuare questi veleni che si annidano nella relazione e trasformarli in opportunità di cambiamento, possiamo contribuire al rinnovamento profondo dell’approccio verso l’altro. Su questa infrastruttura umana – antropologica, psicologica, spirituale – che permette alla relazione, attraverso il conflitto, di trasformare il dolore in forza di crescita, possiamo costruire una infrastruttura educativa per produrre una cultura che sappia unire i diversi livelli del “noi”: il noi relazionale, il noi comunitario, il noi sociale e il noi globale, evitando l’instaurarsi del nemico; una educazione adatta al nostro tempo, segnato da accelerazione, complessità e conflittualità.
L’età dell’adolescenza ha un legame molto stretto con la conflittualità.
L’adolescenza è l’età del conflitto per antonomasia, le relazioni costruite nell’infanzia vengono contestate per trovare un’identità adulta e si vive un tempo sospeso tutt’altro che pacifico, caratterizzato da una sorta di solitudine e isolamento che rende questa fase rischiosa e fragile. L’adolescenza è un periodo che dura anni, oggi si è dilatato moltissimo, copre almeno tutto il periodo della scuola media e superiore. Un periodo in cui si urtano le differenze, quelle interne a ciascuno di noi e quelle che nascono dalle relazioni esterne. Bisogna essere educati a stare nei conflitti, ad accoglierli, non a negarli e a banalizzarli. Il Metodo Rondine lavora in modo nuovo proprio sulle relazioni, sul conflitto e sull’insorgenza di elementi distruttivi. L’insegnamento è ad ascoltare le differenze, ad accettare il cambiamento generato dall’incontro con la differenza e a non averne paura.
Da qui il progetto “Quarto Anno Liceale d’Eccellenza a Rondine”. Perché ha sentito il bisogno di coinvolgere i liceali italiani?
Dal 2015 Rondine ha messo a disposizione il suo Metodo anche in ambito scolastico nel “Quarto Anno liceale d’Eccellenza”, rivolto a tutti gli adolescenti italiani che vogliano frequentare la loro classe quarta alla Cittadella della Pace, a fianco di giovani di tutto il mondo. Si tratta di un’opportunità educativa, formativa e di studio, riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e rivolta a 30 diciassettenni selezionati da tutte le regioni italiane, per una vera esperienza di intercultura e un percorso formativo che fornisce loro gli strumenti necessari per sviluppare un progetto di ricaduta sociale una volta tornati nel loro territorio. L’obiettivo è sostenere gli studenti nello sviluppo delle proprie risorse interiori, emotive, relazionali, sociali, culturali, per affrontare il più importante conflitto della vita: la ricerca della propria identità nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, imparando così ad abitare tempi come quello attuale senza subirli e a progredire nel proprio progetto di vita.
Qual è la giornata tipo di un diciassettenne alla Cittadella della Pace?
I ragazzi non dormono alla Cittadella, ma in un Convitto nazionale perché a 17 anni è bene non stare isolati nel borgo ma potersi prendere un gelato insieme a tutti gli altri giovani. Alle 8.20 del mattino i 27 ragazzi arrivano alla Cittadella con la navetta e iniziano la loro giornata scolastica. Studiano le discipline scolastiche ordinarie e non perdono neanche un’ora di chimica, greco, latino, storia e geografia. Vengono dal classico, dallo scientifico, dal liceo delle scienze umane, dall’economico sociale e dal linguistico. Questi licei hanno uno zoccolo di materie uguali, poi per seguire le materie di indirizzo la classe si scompone in gruppi diversi. Inoltre c’è un tutor che affronta con loro un percorso sui grandi temi della contemporaneità. Uno su tutti la vita interiore: noi educhiamo i ragazzi a guardarsi dentro e a non avere paura dei propri conflitti e delle proprie fragilità. Evitare di guardarsi dentro crea una debolezza cronica ed essere forti non significa negare la debolezza, ma guardare le proprie debolezze e non averne paura. Poi affrontiamo le grandi questioni del mondo digitale e della globalizzazione e l’orientamento professionale. Questo percorso è sostenuto da diverse attività, come viaggi studio nei luoghi delle mafie, nei luoghi della Grande Guerra e del Parlamento europeo. I ragazzi sono molto impegnati, studiano e lavorano fino alle 17.30 con una didattica innovativa e partecipata.
Quali conseguenze ha causato la pandemia sugli adolescenti, e come potranno risollevarsi dall’esperienza vissuta?
Dal 2020 il mondo è stato messo a dura prova. Il coronavirus è stato identificato come un nemico comune ma l’unità che si crea in seguito all’identificazione di un nemico è costruita sulla paura, sul dolore, su tanti, troppi, lutti. È un’unità ingannevole, foriera di fantasmi. Il tema del nemico è stato incredibilmente enfatizzato in questo tempo di pandemia in cui tutte le relazioni sono state affaticate e lacerate e in cui la distanza sociale ha creato un disorientamento. Io lo chiamo il lato oscuro del coronavirus: il lato che guardiamo tutti i giorni è quello biologico ma il lato psicologico e spirituale non è stato messo in luce a sufficienza. La pandemia ha moltiplicato le incertezze degli studenti e le loro incognite sul futuro, soprattutto sul proprio percorso di crescita umana e professionale. La relazione quotidiana si è interrotta bruscamente, la vita di classe si è trasformata in didattica a distanza. E le difficoltà per i giovani studenti non sono finite. Per questo, proprio oggi, diventa fondamentale un nuovo approccio relazionale al conflitto che permetta una rigenerazione dell’umano integrale.
Che risposte può dare il Metodo Rondine alle sfide educative del Terzo Millennio?
La scuola a causa della pandemia è stata profondamente destabilizzata e sarà chiamata a essere, per il prossimo tempo, una protagonista centrale della rigenerazione della relazione educativa. Ma solo se la scuola e i giovani sapranno creare habitat relazionale comuni, dai conflitti generati si potranno trovare soluzioni generative, prendendosi nuova cura dei confini di una comunità locale o nazionale, ma fortemente interconnessa a sfide globali, a cui tutti i giovani del mondo saranno a breve chiamati. Proprio per questo è nata la Sezione Rondine, nell’ambito del protocollo d’intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione per la promozione del dialogo e della pace attraverso attività didattiche innovative. Un progetto che intende mettere il Metodo Rondine a disposizione delle scuole italiane che potranno attivare un triennio scolastico innovativo in collaborazione con Rondine, per rimettere al centro la relazione docente-studente, sostenere i ragazzi e le ragazze nello sviluppo delle proprie risorse interiori, affrontare le sfide del terzo Millennio diventate sempre più centrali e urgenti dopo la pandemia. La Sezione Rondine è stata attivata in 13 scuole italiane dal 2022 e già in pre-sperimentazione in due Istituti di Arezzo dall’anno precedente.