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PICCOLI VIAGGIATORI

di Walter Rodinò

Impariamo ad ascoltarli senza pregiudizi e avviciniamoci al loro mondo in punta di piedi

L’adolescenza è l’età del cambiamento, un viaggio che parte dall’infanzia e che ha come destinazione l’età adulta, in un turbinio incessante di emozioni, sensazioni, conflitti che possono trasformare quel viaggio in naufragio. Vedo gli adolescenti come dei piccoli passeggeri.

Sono un passeggero sopravvissuto a quel naufragio.

Manifestazioni di spavaldo coraggio e ingiustificata paura, improvvisa aggressività e gesti di dolcissima tenerezza, propensione ad omologarsi ai propri coetanei e smisurata passione per chi si professa o si manifesta diverso. Atteggiamenti instabili, contraddittori, insofferenti che negli ultimi decenni hanno avuto un esordio anticipato rispetto alle precedenti generazioni, raggiungendo il culmine della criticità in questi ultimi due anni a causa delle ben note misure prese per contenere la pandemia.

Il tema dell’adolescenza ha da sempre ispirato la letteratura, da quella più classica, che con le lettere del giovane Werther o l’introspettivo personaggio di Siddartha ha acceso un senso di profonda empatia con il mondo dei “giovani passeggeri”, a quella contemporanea. “Io non ho paura” di Ammaniti, con una imponente forza narrativa e un realismo assoluto, mette in luce le insidie che spesso inconsapevolmente i nostri ragazzi devono affrontare. Un tema molto complesso che ha stimolato e stimola le eccellenze della psicologia e di molti rami della medicina.

Con la pandemia una percentuale allarmante di adolescenti ha manifestato e sta ancora manifestando profondi disagi psichici e psichiatrici che si sono aggiunti alle già note problematiche derivanti dall’utilizzo dei Social Network e del Web in generale. Tutto ciò si è tradotto in problemi comportamentali ed emotivi a volte drammatici. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la terza causa di morte tra i ragazzi con meno di vent’anni è il suicidio. Sono frequenti i casi di violenza, l’uso di droghe e alcol, disturbi dell’alimentazione. 

Oltre ad essere un superstite del naufragio, sono padre di due adolescenti. Se non bastasse, sono rappresentante di classe di entrambi i miei due gioielli. Gioielli loro due e gioielli i loro compagni di classe nell’interesse dei quali mi spendo molto ma sempre volentieri nelle numerose chat con gli altri genitori e nei tetri consigli di classe ai quali sono convocato. Col tempo sono riuscito ad instaurare con i miei ragazzi e i loro amici un rapporto privilegiato che, si badi bene, non definisco amicizia. Con loro ho un continuo dialogo e confronto, con me condividono problematiche di qualsiasi genere, ma sono sempre riuscito a tenere ben distinti i ruoli: io sono un genitore, loro sono splendidi adolescenti, desiderosi di indipendenza e bisognosi di consigli e spesso di aiuto. Vedo nei miei figli e nei nostri adolescenti una purezza d’animo, un altruismo ed una maturità che non riscontravo da adolescente nei miei coetanei. Merito di noi genitori, la maggior parte dei quali sono più open mind delle precedenti generazioni, ma soprattutto merito della globalizzazione e del Web che ha consentito un veloce e immediato scambio culturale. “La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo” scriveva Milan Kundera.

Il rovescio della medaglia è che molti giovani si sono isolati davanti ai propri computer o fissando i propri cellulari, trasformandosi nei cd hikikomori, secondo un fenomeno già noto nell’estremo oriente negli anni ‘80. E il lockdown ha in molti casi moltiplicato il numero dei ragazzi svegli la notte e zombie di giorno. Gli esperti confermano che isolamento e poca socializzazione sono tra le cause principali della crisi adolescenziale, e tracciando una linea di confine profonda e visibile tra infanzia e adolescenza (da piccini scopriamo il mondo circostante, mentre durante il viaggio dell’adolescenza dobbiamo costruirci una nostra identità per poi trovare una collocazione da adulti) hanno rilevato che il lockdown ha frenato e spesso annullato quel bisogno di socialità che è conditio sine qua non per la formazione di una nostra identità.

Ma il lockdown, seppur con le legittime considerazioni, era inevitabile, noi grandi e la politica ce ne assumiamo tutta la responsabilità. Ora, con altrettanta responsabilità, dobbiamo fare i conti con i danni che il lockdown ha prodotto. E con responsabilità dovremmo anche riconoscere gli errori che la società di ieri e soprattutto di oggi ha commesso. L’attenzione va posta su temi sempre più attuali: la perdita dei valori e la filosofia del “tutto subito”. Anche nell’amore si è arrivati al punto di considerare il corteggiamento come un qualcosa di anacronistico, una pura perdita di tempo. E chiunque provi ad allontanarsi da questi standard di vita si sente kafkianamente diverso, in preda all’angoscia e guardato con distacco dagli altri. 

Di chi è la responsabilità se non di noi adulti che dovremmo dare il buon esempio? Io con gli adolescenti ci parlo tutti i giorni, sono ben consci dei valori quali l’onestà, l’altruismo, il rispetto, ben più consci e consapevoli di quanto ne fossimo noi da ragazzi, ma la società impone loro esempi che vanno nella direzione opposta. Il buon esempio dovrebbe arrivare dalla famiglia, dalla scuola, dagli stessi mezzi d’informazione. 

Con gli adolescenti tengo a mantenere sempre un atteggiamento autorevole ma mai autoritario, tanta disponibilità ad ascoltarli, una grande fiducia in loro e soprattutto grande rispetto. Sto assistendo ad una politica che per conquistare i giovani entra nemmeno troppo timidamente nei loro templi sacri, i social network. Ecco, torno a ripeterlo, ritengo utile e vantaggioso mantenere distinti i ruoli, personalmente non ho conquistato la fiducia dei miei figli e dei loro amici fumando di nascosto con loro o bevendoci alcolici insieme. Ho conquistato la loro fiducia rivendicando la solennità del mio ruolo di genitore ed educatore e al contempo la mia disponibilità ad ascoltarli senza pregiudizi ma soprattutto avvicinandomi al loro mondo in punta di piedi. Gesualdo Bufalino scriveva: “C’è chi viaggia per perdersi, c’è chi viaggia per trovarsi”.

Il ruolo di noi adulti dovrebbe essere proprio questo, aiutare i nostri adolescenti a trovare la loro identità.