Un nuovo studio rivela i meccanismi che portano all’insorgenza di malattie neuro-degenerative. Scoperto il ruolo fondamentale degli RNA non codificati
di Giorgia Pusceddu
Frutto di una collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, l’Istituto italiano di tecnologia e il Cnr, un nuovo studio – finanziato da ERC- 2019-SyG e pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “The EMBO Journal” – rivela la sinergia tra RNA codificanti e non codificanti nel regolare la formazione dei motoneuroni e apre la strada a nuovi approcci terapeutici per la cura delle malattie neurodegenerative.
Coordinatrice dello studio è la Dottoressa Irene Bozzoni.
Consegue la laurea in Scienze Biologiche presso l’Università La Sapienza di Roma, discutendo una tesi di Biologia Molecolare svolta nel gruppo del prof. Francesco Amaldi. Si specializza in Patologia Generale. Svolge il post-doc presso l’Istituto di Biologia Molecolare dell’Università di Zurigo. L’attività di ricerca si sviluppa a Roma, presso il CNR e successivamente all’Università La Sapienza, prima come professore associato di Biologia Molecolare e successivamente come ordinario. Ha trascorso diversi periodi di ricerca presso istituzioni estere, tra le quali: EMBL (Heidelberg), NIH (Bethesda), University of Brandeis (Boston), University of Boulder (Colorado). All’Università La Sapienza ricopre diversi incarichi, tra cui: Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Genetica e Biologia Molecolare nella Ricerca di Base e Biomedica, vice-direttore della Scuola Superiore di Studi Avanzati, membro della Commissione di Ateneo per i Dottorati di Ricerca e membro del “Comitato per l’Innovazione della ricerca e delle tecnologie”. Ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui: il premio “Giovanna Jucci” dell’Accademia dei Lincei nel 2003, il premio “Tartufari” dell’Accademia dei Lincei nel 2006 e l’Award di Sapienza Ricerca nel 2010. È autrice di più di 120 pubblicazioni e di 8 brevetti, di cui 3 ceduti all’industria.
Quale obiettivo si proponeva lo studio?
Scoprire i meccanismi che portano all’insorgenza di malattie neuro-degenerative, in particolare della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una malattia che non ha cura e di cui si sa ancora molto poco, soprattutto per quanto riguarda i geni che scatenano questa patologia. Perché ci sono casi familiari, di cui è ben nota la base genetica, ma ci sono anche molti casi – definiti sporadici – rispetto ai quali non si conoscono le basi molecolari e genetiche della patologia. Tra i geni coinvolti nella SLA, ci sono delle proteine che legano l’RNA e determinano la sua stabilità, se va nel giusto sotto-compartimento cellulare, se viene tradotto nella giusta maniera. Il nostro interesse andava un po’ oltre la SLA, perché quando si fa la ricerca di geni legati ad una patologia, si prende tutta la “famiglia” e si sequenziano i geni messaggeri. Si sequenziano gli esomi, i geni condificanti proteine e si effettua lo screening su larga scala, al fine di valutare se esistono differenze tra i malati e i sani. Questa ricerca è prevalentemente fatta sui geni che codificano le proteine, ma noi sappiamo ormai da lungo tempo che una parte del nostro genoma produce degli RNA che non saranno mai proteine: si chiamano RNA non codificanti.
Che cosa sono gli RNA non codificanti?
Numericamente sono molti. Se il numero dei nostri geni che codifica proteine è di 22-23mila, gli RNA non codificanti sono molti di più: 30-40mila almeno. Ci interessano perché sono molto importanti e possono contribuire all’insorgenza di patologie. Ci siamo concentrati, quindi, nell’identificare se nella SLA, che è una malattia degenerativa del moto-neurone – i neuroni che portano il messaggio dal sistema nervoso centrale alla periferia, ai muscoli, vanno incontro a degenerazione – avessero un ruolo gli RNA non codificanti. Da molti anni abbiamo usato vari sistemi-modello che consentono di riprodurre la malattia: i topi, che portano mutazioni dei geni noti che producono SLA; i sistemi cellulari, nei quali abbiamo introdotto le mutazioni. Quindi, abbiamo iniziato con l’identificare gli RNA non codificanti espressi specificatamente nei moto-neuroni di controllo e con il verificare se i moto-neuroni che si ottenevano quando si partiva da cellule che avevano mutazioni associate alla SLA, fossero alterati nella loro espressione. Abbiamo selezionato 5-6 RNA non codificanti – espressi sia nei moto-neuroni del topo e in quelli umani, conservati nell’evoluzione, sia quelli per i quali, in presenza di mutazioni SLA, veniva modificata la loro espressione – e abbiamo cominciato a studiarli.
Qual è stata la scoperta?
Ci siamo concentrati su un gene che al suo interno può codificare vari tipi di RNA, sia RNA microscopici, sia un un vero e proprio RNA non codificante. Abbiamo constatato che i micro RNA non davano tanti problemi sulla produzione di moto-neuroni e studiando l’RNA non codificante, siamo arrivati alla conclusione che è questo che regola l’efficienza con la quale si ottengono moto-neuroni in vitro: regola dei geni che servono ad operare il processo del differenziamento. Lo fa “sequestrando”, portandosi via, quei micro RNA che normalmente bloccano la traduzione dei messaggeri che servono a produrre proteine per il differenziamento. Lo studio ha quindi permesso d’identificare per la prima volta un RNA non codificante – detto “spugna molecolare” – che svolge un ruolo molto importante per la produzione dei moto-neuroni.
Quali conseguenze può avere questo studio?
Intanto, serve a scopo diagnostico, per comprendere nei casi SLA orfani di un gene responsabile della patologia, se questa è collegata non a RNA che codificano proteine, bensì a RNA non codificanti. Questo è molto importante, perché apre un nuovo campo d’indagine. Dal punto di vista terapeutico, con l’approfondimento degli studi, nel caso s’identifichino pazienti nei quali gli RNA sono o troppo o poco espressi o mutati, si può pensare d’intervenire per modificarli e riportarli ad una condizione più simile possibile alla fisiologia: diventare dei target terapeutici per la cura di malattie del moto-neurone.